Capitolo 8: Sangue e magia

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In quell'orribile scantinato che odorava di sangue e di morte la giovane Ape era rimasta a combattere una battaglia in solitario contro un mostro di cui non conosceva le abilità. Completamente sola. Questo non faceva altro che riportarle alla memoria ricordi di tre o quattro anni prima, di quando aveva circa diciassette anni e di quando la sua vita fu rivoltata totalmente a causa dei bisogni sanguinari del re Connor IV, quando la sua famiglia, non solo, l'intero suo villaggio fu raso al suolo.

Nel periodo subito successivo era solita vagabondare per la capitale ed i suoi dintorni. Non possedeva un casa, un lavoro, in effetti, come avrebbe potuto lavorare una bambina? Per di più una bambina maledetta come veniva considerata. Rubava qui e là solitamente, sperando di non venire catturata dai mercanti. Non aveva amici, si allontanava da chiunque come se fosse un cane randagio. Non poteva, anzi non voleva fidarsi di nessuno. Era una singola ragazzina che si era fatta carico di un'esistenza così amara e priva di consolazioni.

Ma un giorno, e Ape lo ricordava bene, anzi era convinta che quello fosse il suo ricordo più prezioso e che non l'avrebbe mai perso, un giovane di qualche anno in più di lei, occhi verdi come l'alloro della corona, i capelli scuri, un sorriso dolce, le tese la mano. L'aiutò a rialzarsi, l'aiutò a sbocciare, a diventare quel meraviglioso fiore che era oggi.

Se era ancora viva, lo doveva solo a lui, combatteva in suo nome, sognava in suo nome, viveva in suo nome. E di sicuro, lei, unica portatrice di una così importante memoria, non avrebbe certo incontrato la fine in una fogna del genere.

Gettò la pistola da qualche parte nella stanza, che andò ad urtare un mobiletto in mogano. Sapeva che quel genere di armi non avrebbero sortito alcun effetto contro il demone. Sfilò dai suoi pantaloni un pugnale con una lama del tutto unica. L'impugnatura era oro e argento. La lama scura come il sangue del mostro, nera. La ragazza se la passò sulla mano sporcandola del suo stesso sangue che gocciolò scarlatto fino a terra. L'arma iniziò ad illuminarsi di una luce violetta che terminò per ricoprire il pugnale come un'aura spettrale.

-Un incantesimo di sangue.- sussurrò beffardo il demone. -Allora devi essere tu, l'Archesis scomparsa! Non hai idea di quanto il re ti stia cercando.-

-Bene, riferiscigli pure che anche io lo sto cercando, sempre se riuscirai ad uscire vivo da qua!-

Ape si mise in guardia, socchiundendo gli occhi iniziò a recitare un incantesimo in una lingua antica.
Prima che potesse terminarlo quello che un tempo era il nobile Robert ora fece un balzo in avanti buttando a terra la ragazza è sovrastandola con la sua considerevole mole.

-Sei veramente carina lo sai?- sussurrò la creatura facendo uscire dalla bocca una lingua biforcuta del tutto simile a quella di un serpente e passandogliela sul viso.
-Potrei fare un'eccezione e non ucciderti, come ho detto poco fa!-

Ape come ravvivata da una nuova forza riuscì a rotolare di lato prendendo di sorpresa il suo nemico che la lasciò, si rimise con fatica in piedi e strinse la mano destra sul pugnale. Il prossimo attacco doveva essere anche l'ultimo. Quella caduta le aveva scalfito il braccio che ora sanguinava lievemente ma soprattutto le aveva riaperto una vecchia ferita sotto il seno che non era mai guarita completamente. Le rimanevano poche forze, se avesse mancato anche questo colpo quasi certamente sarebbe morta.

Si mise in posizione d'attacco, cercando di ignorare il dolore lancinante al costato e strinse entrambe le mani sull'arma. Tutto o niente.

Il demone rise beffardo sfoderando degli artigli.
La ragazza partì per prima, fece dei passi in avanti, si spostò di lato e con un balzo felino perforò il fianco del mostro che emise un urlo straziante. Come in un ultimo attacco quest'ultimo allungò il bracco e graffiò il collo di Ape. Questa si irrigidì e cadde come se fosse stata una scultura.

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