Capitolo 11: Il padre della fiamma

47 8 1
                                    

Alcuni giorni prima:

La sala del trono degli Specchi era la stanza più pregiata e costosa dell'intero Continente di Fuoco. Le pareti si innalzavano come fiamme indomite per numerosi metri. Il soffitto terminava con una cupola dorata abbelliti da affreschi di illustre fattura. Il pavimento in pietra liscia ricordava l'oscurità della notte per il suo colore cupo. Ciò che rendeva particolare la sala erano le pareti laterali. Alte e riflettenti. Fino al cielo sembravano essere rivestite dalle acque del lago Lys, le quali il fuoco non sarebbe mai riuscito a spegnere completamente.

Dal soffitto pendeva un lampadario di cristallo decorato da sculture auree di angeli e demoni. Al termine del locale, di fronte al grande rosone decorato, c'era il trono.

Scarlatto come i rubini della corona, troppo scomodo per il re, Connor, da ormai qualche tempo. L'uomo, con indosso il manto reale sul quale era ricamato il simbolo della famiglia reale; la corona d'alloro verde con il rubino cremisi, sedeva poggiando parte del suo peso sullo scettro diamantino.

Un ambiente troppo grande per una sola persona. Il re, con occhi stanchi, si guardava intorno scorgendo il proprio riflesso sulle pareti specchianti. Odiava quello che vededa. Non era più l'uomo di un tempo. Il suo unico erede nacque quando egli aveva già superato la mezza età, nonostante ciò, a quel tempo, era forte e florido come un ragazzo da poco adulto.

Membra forti e muscolose, mente acuta e curiosa, capelli fulvi come quelli di suo padre e di suo nonno ancor prima. Caratteristica ideale per il regnante di Fuoco.

Ma ora quella fiamma si era spenta, i suoi occhi vecchi si erano seccati, la chioma solenne spruzzata di bianco. Non provava il calore di un corpo da anni. Era il re di un regno florido ma era completamente isolato. Non si riprese mai dalla morte della adorata moglie. Una donna splendida, bella, gentile e generosa. La regina perfetta.

Eppure il suo fragile cuore di donna era ricco di insicurezze: paure di essere lasciata, abbandonata dall'uomo che aveva sposato. Questi amava la caccia, il combattimento, l'azione; non era adatto a dimenticare i piaceri effimeri della carne per dedicare anima e corpo ad una sola persona. Connor non riuscì mai a far riconoscere il proprio affetto sincero all'unica del quale gli importava davvero.

Quando quell'altra donnaccia, quella disgraziata, giunse a corte con un fagotto fra le braccia, il re non voleva crederci. Fu quella la rovina della sua anima. Erano passati più di vent'anni ma ricordava ogni cosa con un vividicità impressionante.

"Questo è tuo figlio Connor." aveva detto come se fosse la cosa più normale e giusta al mondo facendo fluttuare i capelli lunghi e argentei con movimenti del capo.

Come si aspettava potesse reagire lei? Che forse il regnante accettasse un bastardo a palazzo e facesse di sua madre la regina? Nulla sarebbe stato più scandaloso.

"Esci da qui prima che chiami le guardie e non tornare mai più qui."

La donna accennò un no con il capo così forte da far iniziare a piangere il bimbo appena nato. Gli occhi rossi come il rubino li aveva presi dalla madre, quel mostro.

"Connor vuoi davvero gettare quello che c'è stato fra di noi? I miei sentimenti erano veri. Ho maledetto tutto per te, la mia famiglia, i miei amici, il mio potere!"

"Lacrys Artemis, fai parte della più nobile famiglia di Archè, ma io ho una moglie che ho promesso di onorare fino al resto dei miei giorni."

Il tono di voce del re era calmo, piatto.

Silenzio. Le porte della sala si aprirono facendo entrare la bella regina decorata come una statua sacra da sete pregiate.

"Ed è così che una moglie dovrebbe venire onorata?"

Il canto della Regina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora