3 - Urli Soffocati.

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Sophia’s Pov

No. Non era possibile, non poteva essere vero. Stavo decisamente sognando, era letteralmente impossibile che lui fosse proprio lì, davanti ai miei occhi. Lui, la vera vita di questa città, il vero colore del cielo, il vero battito del mio cuore, a pochi passi da me, e mi sentivo come se il mondo si fosse improvvisamente fermato. Come se il suo turbine veloce mi avesse catapultato da lui, perchè era esattamente lì che sarei dovuta stare.

Avevo sognato questo momento da anni, e adesso che avevo il mio sogno di fronte, stentavo a crederci. E solo adesso capì che non era stato lui a venire verso i miei passi, ma ero stata io, involontariamente, ad andare da lui. A percorrere i suoi. Tutto tornava, era destino, che io e lui ci incontrassimo. Era destino che questa città non era solo una fra tante, che il nostro incontro non era solo una casualità, che il mio viaggio qui, non era solo per semplice studio. Il fato era dalla nostra parte, e se avessi potuto, lo avrei ringraziato in tutti i modi possibili che esistevano, ma non sarebbero bastati a compensare la mia riconoscenza.  

Avevo un sorriso enorme dipinto sul volto, una forte adrenalina che mi pulsava nelle vene e mi sentivo le gambe incredibilmente pesanti.

Mi sentivo come se tutti i casini avessero trovato un proprio ordine, un proprio senso. In lui.

Come se improvvisamente tutte le domande avessero trovato le proprie risposte, e la paura si fosse trasformata in emozione. Solo in quel momento mi resi conto che stavo tremando, ma non era per il freddo.                                                                                                                                                  

Harry era perso tra i suoi pensieri. Guardava fuori dalla finestra in maniera smarrita, come se le foglie degli alberi spogli che libravano ribelli nell’aria spinte dal soffio del vento, rappresentassero un qualcosa a cui potesse aggrapparsi ed immedesimarsi. Come se quello strano ‘ballo’ di foglie secche, tracciasse un percorso invisibile che gli rivelasse qualcosa.

Era molto concentrato, lo notavo dalle sopracciglia corrucciate che potevo intravedere anche se era di profilo. Conoscevo quel viso a memoria, anche se non avevo mai potuto guardarlo tutte le volte che volevo. Conoscevo perfettamente quelle fossette che nascevano alle sporgenze del suo sorriso, anche se le sue risate non erano mai state dedicate a me, e quel color verde cristallino che diventava un po’ più luminoso quando era felice, anche se non avevo mai potuto vederlo in quel modo con me.

Sicuramente stava riflettendo su qualcosa di importante. E ammetto che mi sarebbe piaciuto essere protagonista dei sui pensieri o di poter infiltrarmici anche solo per un secondo. Chissà se sorriderebbe. 

Chissà se riuscirebbe a vedere il sole in questa stanza come me. E chissà se capirebbe che il mio sole è proprio lui.

Ero su di giri, era la mia occasione e non me la sarei lasciata scappare per nulla al mondo. 

Anche se con passo ancora incerto – dovuto ai brividi - decisi di incamminarmi verso il primo tavolo libero che mi capitasse a tiro, e fui fortunata perché ne trovai uno vicino alla finestra, non molto lontano dal suo. Con tutto il coraggio che avevo, presi un respiro profondo, cercando di contenere l’euforia, ed iniziai ad avanzare davanti a lui per raggiungere la postazione prescelta. Mentre domandavo titubante a me stessa cosa avrei fatto se lui mi avesse guardata, ecco che senza aver avuto nemmeno il tempo di metabolizzare, lui spostò lentamente il suo volto verso il mio, trafiggendomi con quei fari color verde speranza. Ed io, come non mai, capì che eravamo qualcosa di maledettamente reale, anche se ancora da realizzare. E l’occasione non sarebbe tardata, era una promessa.

Come l'ultima volta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora