PROLOGO.
-Il nostro amore è là
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Tenero come il ricordo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino.-
(Jacques Prévert)Theo aveva dovuto affrontare svariate situazioni difficili nella sua vita sin da quando, all’età di nove anni, un trio di scienziati pazzi gli aveva trapiantato il cuore di sua sorella e aveva dovuto imparare a cavarsela da solo per sopravvivere. Aveva rischiato di essere ucciso dalla Bestia, di essere cancellato dai Cavalieri della Caccia Selvaggia, aveva rischiato di essere folgorato vivo dai cacciatori sotto la guida di Gerard Argent. Insomma, la vita non era stata clemente con lui. Una delle tante difficoltà a cui trovava arduo reagire era il matrimonio. Ammirando la sua immagine riflessa nello specchio, si accorse che il cuore gli batteva senza controllo e che le mani erano sudate. Era il dieci giugno, il giorno in cui avrebbe sposato Aranel. Solo sei mesi prima le aveva fatto la proposta e ora cominciava a pensare che avessero organizzato tutto con troppa fretta. In fondo avevano soltanto ventotto anni e una vita intera davanti. Chiuse gli occhi, prese un bel respiro, e ritrovò la calma. Aranel, la persona migliore che avesse mai conosciuto, l’amore della sua vita, sarebbe diventata sua moglie e non c’erano paure che surclassassero quella gioia. Si specchiò un’ultima volta per assicurarsi di avere un aspetto decente: indossava un semplice completo nero, una camicia bianca e Amanda, sua suocera, gli aveva consigliato di smorzare l’abbigliamento austero con una cravatta color ocra. Infatti, il tema del matrimonio si basava sulle tinte del bianco e del beige, sobrio ed elegante come aveva richiesto la sposa. Guardò l’orologio, mancava solo un’ora prima della funzione, e gli sembrava assurdo che in seguito avrebbe portato un anello al dito per il resto della sua vita. Ad interrompere quella valanga di pensieri furono ripetuti colpi alla porta.
“Stai ancora respirando o sei collassato?”
La voce divertita di Roxy fece ridacchiare anche Theo e all’improvvisò si sentì più leggero. Quando uscì dal bagno, emise un fischio complimentandosi con la ragazza per il bellissimo vestito nero che aveva addosso. Roxanne ‘Roxy’ Smith, un metro e settanta di capelli turchesi e occhi neri, era la migliore amica di Theo. Ex detenuta per truffa informatica, era stata assunta come inserviente nella palestra dove lui lavorava. Da subito avevano fatto amicizia, soprattutto dopo aver scoperto di essere entrambi licantropi. Si ritrovava molto bene con Roxy, era orfana, sola e piena di oscuri segreti proprio come lui. Aranel non apprezzava la ragazza per via del suo carattere invadente, brusco e poco civilizzato, ma per amor suo l’aveva comunque accettata.
“Sto ancora respirando, grazie di esserti preoccupata.”
“Meglio così, altrimenti dire alla principessa che il suo futuro è morto sarebbe un compito penoso.”
Theo si versò due dita di whiskey, giusto per allentare la tensione, e si sedette sul divano insieme alla sua amica, che nel frattempo si era già scolata due birre.
“Smettila di chiamarla ‘principessa’, lo sai che detesta essere etichettata come una privilegiata.”
“Una che si veste sempre in modo impeccabile, che ha sempre i capelli in ordine e vive in un attico con piscina come la chiami?! Aranel potrebbe prendere il posto di Kate Middleton e nessuno se ne accorgerebbe, neanche la regina!”
Roxy non riusciva a capacitarsi di come Theo potesse sopportare Aranel, che non si divertiva mai e pensava solo alla carriera.
“Oh, per favore, Aranel sarebbe proprio la regina!” ribatté il ragazzo con un sorriso ilare, anche perché non aveva dubbi che la sua futura moglie avrebbe potuto governare un paese intero con i suoi modi di fare.
"Quando sarete in viaggio di nozze potrò fare la doccia in casa vostra? Lo sai che quella di casa mia fa schifo.”
“Sì, a patto che oggi non importuni tutte le donne invitate al matrimonio.”
Roxy corrugò le sopracciglia perché immaginava che quell’ordine provenisse da Aranel, che non ammetteva il suo modo di approcciarsi agli altri.
“Non è colpa mia se mi piacciono le donne e tua moglie ha delle amiche strafighe! Io vado dove mi porta il cuore, amico mio!”
Theo ripensò ancora a quando, mesi prima, Roxy ci aveva provato con Aranel senza sapere che fosse la sua fidanzata e si era sbellicato dalle risate quando era saltata fuori la verità.
“Roxanne, dico sul serio. Ti chiedo di fare la brava almeno oggi per non innervosire Aranel più del dovuto.”
“Io ancora non capisco perché la principessa mi odi a tal punto. Quando provo a chiederglielo mi dice che lo so benissimo e che fingo di non ricordare, ma io davvero non capisco.”
“Non te lo ricordi? Era la sera del mio compleanno e ci eravamo riuniti in centro per festeggiare, io ti dissi di dosare le parole perché Aranel si imbarazza facilmente per alcune cose e tu le domandasti se io fossi bravo con la lingua.”
La ragazza dai capelli turchesi ci pensò su e l’attimo dopo scoppiò a ridere a crepa pelle. Ricordava l’espressione sconvolta di Aranel e le sue guance arrossate e rise ancora di più.
“Per questo mi odia? Per una stupida battutina sul sesso?”
“Tu non te ne rendi conto ma fai stupide battutine sul sesso tutto il tempo e lei non lo sopporta.”
“Io lo dico che è proprio una principessa!”
Theo alzò gli occhi al cielo, posò il bicchiere vuoto nel lavandino e afferrò le chiavi della macchina.
“Andiamo in chiesa oppure la principessa mi farà giustiziare.”
Roxy rise di nuovo, dopodiché lo seguì giù per le scale.
Lydia fissò l’ultima perlina intorno alle dieci e mezzo. Era lei ad occuparsi dell’acconciatura di Aranel, che prevedeva un elaborato chignon costellato da piccole perle luminose.
“Sei pronta. Guardati!”
Aranel si ammirò allo specchio per la prima volta da quando si era svegliata e si stupì dell’ottimo risultato che rifletteva appieno i suoi sogni. Il meraviglioso abito bianco era stato cucito appositamente per lei dall’atelier più famoso della città: dallo scollo a barca si diramava il corpetto in finissimo pizzo e terminava in una gonna a sirena di soffice velo, mentre ai piedi calzava un semplice paio di sandali bianchi col tacco. Anche il trucco era leggero, l’ombretto color oro le illuminava lo sguardo e il rossetto rosso dava un tocco di colore. Era come lo aveva sempre immaginato. Intravide Lydia e Malia sorriderle attraverso lo specchio.
“Grazie per avermi aiutato, ragazze. Siete state incredibili.”
“Scott e Stiles si metteranno a frignare come due ragazzine appena ti vedranno!” scherzò Malia, raggiante nel suo tubino magenta. Al suo fianco, Lydia indossava un lungo abito di velo blu. Appollaiato sulla poltrona della camera da letto, Elliott giocava con le macchinine. Il piccolo, due anni appena compiuti, era il figlio di Stiles e Lydia, la mascotte del gruppo.
Stiles e Scott erano i testimoni di Aranel, mentre all’altare l’avrebbe accompagnata sua madre. Non aveva invitato suo padre, non riteneva giusto farsi accompagnare da lui dopo che l’aveva truffata senza esitare. Theo, invece, sarebbe stato affiancato dai suoi migliori amici Zakhar e Roxy. Zakhar Ivanov, trentacinquenne dai capelli neri e dagli occhi color ghiaccio, ex soldato della marina russa, era entrato a far parte della loro vita dopo che Theo aveva evitato che lo pestassero a sangue a causa di un rissa da bar. Vedovo ed ex alcolista, adesso lavorava come portinaio nel palazzo dove risiedevano loro e abitava nella cantina che era stata adibita ad appartamento. Dal corridoio sbucò sua madre Amanda con un dono speciale. La donna portava indosso un esuberante abito giallo canarino e sul capo un cappello simile ad una margherita gigante.
“Scusate l’interruzione, ma ho qualcosa per mia figlia. Ecco, apri.”
Aranel scoperchiò il piccolo cofanetto e si portò di colpa la mano alla bocca in segno di stupore: spettacolari nella loro maestosità, gli orecchini della sua bisnonna erano adagiati su un cuscinetto di velluto. Era tradizione che fossero indossati nel giorno del matrimonio da almeno cento anni.
“Mamma, sei sicura? Non so, non me la sento di …”
“Non essere sciocca! Noi rispettiamo le tradizioni di famiglia e tua nonna si è tanto prodigata per farteli avere.”
Chantal Thompson, la nonna materna di Aranel, si era sposata sette volte e per sette volte aveva indossato quegli orecchini che da generazioni appartenevano alla loro famiglia. Aveva ottanta anni, era una donna bellissima nonostante l’età, ed era stata la direttrice di Vogue più famosa e amata da tutti. Era grazie a lei che Aranel aveva scoperto la passione per la scrittura, per il giornalismo e per i bei vestiti. Anche lei era stata invitata al matrimonio, però aveva subito rifiutato perché a Parigi si sarebbe tenuta la nuova sfilata di Valentino a cui non poteva mancare. Nessuno era rimasto colpito o offeso dal suo declino poiché era sempre stata poco interessata alla famiglia e agli eventi ad essa relativi, e ciò spiegava i sette divorzi che aveva affrontato senza versare una lacrima. Aranel abbottonò le pregiate perle ai lobi e si guardò allo specchio per l’ultima volta. Quando bussarono alla porta, capì che era giunto il momento.
Theo dovette ammettere che avevano fatto davvero un’ottima scelta riguardo alla location per la celebrazione. Le nozze, infatti, si sarebbero tenute presso il Castello di Boldt risalente al 1900, prevedeva 120 camere su sei piani, gallerie, un ponte levatoio e un giardino all’italiana. Realizzato da George Boldt per la sua amata Louise, il Castello fu abbandonato dopo la morte di questa ultima. Sia lui che Aranel erano rimasti incantati dalla bellezza della struttura nella sua interezza, così aveva stabilito che la cerimonia avesse luogo nel meraviglioso giardino e il pranzo nella sala da ballo. Da lontano intravide gli invitati, emozionati e colorati, vide Melissa e il signor Argent, e scorse zia Melanie e lo sceriffo Stilinski chiacchierare allegramente. Poi arrivarono Liam, Mason e Corey.
“L’odore della paura è forte.”
Il marcato accento russo fece intuire l’arrivo di Zakhar. Theo si voltò verso di lui e rimase stupito nel costatare che il suo amico vestisse un completo elegante, benché palesemente usurato dal tempo.
“Avresti paura anche tu a sposare Aranel.”
Zakhar si accese un sigaro e si sedette sulla panchina con sguardo perso, come se del mondo intorno gli importasse poco e niente.
“Hai ragione, il matrimonio è sacrificio. Io lo so bene.”
Non parlava mai di sua moglie, si era solo lasciato sfuggire che si chiamasse Sasha e che si fosse dato all’alcol dopo la sua morte. Era un uomo duro, chiuso, e poco incline al rapporto con gli altri, ma sembrava riuscire ad aprirsi con Aranel.
“Ho paura di deluderla, di farla soffrire, e lei non merita tutto questo.”
Zakhar gli diede una pacca amichevole sulla spalla, prese un tiro di sigaro, e tornò a guardarsi intorno.
“Allora non deluderla, altrimenti ti vengo a cercare e ti riduco in brandelli.”
“Scusa, ma tu da che parte stai?”
“Dalla parte della principessa ovviamente.”
Theo non ebbe modo di ribattere perché da lontano Kabir, il patrigno di Aranel, gli stava facendo cenno di avvicinarsi.
Malia non si meravigliò affatto quando Stiles si commosse alla vista di Aranel in abito bianco. Mentre lui quasi scoppiava a piangere, Scott l’aveva abbracciata e si era complimentato.
“Direi che dobbiamo andare.” Si intromise Lydia, che aveva programmato tutto nei dettagli.Quando i testimoni ebbero occupato la postazione, Aranel prese a braccetto a sua madre e diede l’ordine al violinista di intonare la marcia nuziale. I cespugli erano decorati da fiori e ghirlande, le panche bianche erano caratterizzate dalla presenza di nastri beige alle spalliere, e il gazebo bianco in fondo ospitava un piccolo altare in marmo altresì bianco. A Theo salì il cuore in gola: Aranel era una visione celestiale in quell’abito candido che le fasciava il corpo alla perfezione e quello sguardo contento. Arrivate sulla pedana, Amanda lasciò la mano di Aranel a Theo e andò a sedersi in prima fila, accanto a Lydia e a Malia.
“Wow.” Si limitò a dire Theo e Aranel sorrise nel totale imbarazzo. Kabir, che avrebbe presieduto alla funzione, tossì per richiamare la loro attenzione e dare inizio all’omelia. Dopo un’ora di risatine, occhiate fugaci e parole sentimentali, Liam portò loro le fedi, al che Kabir poté formulare la parte finale.
“Tu, Theodor Karl Raeken, vuoi prendere in moglie Aranel Marie Jones?”
“Lo voglio.”
“E tu, Aranel Marie Jones vuoi prendere in marito Theodor Karl Raeken?”
“Lo voglio.”
“Pertanto vi dichiaro marito e moglie.”
Era da poco scoccata la mezzanotte quando l’attuale proprietario del Castello accompagnò Aranel e Theo nell’ala est dell’edificio, dove erano ubicate le stanze da letto. Mason e Corey avevano regalato loro la suite ‘imperiale’, ossia la camera privata più lussuosa. Il signor Murray aprì la porta e si fece di lato per lasciarli andare. Si ritrovarono catapultati nella sontuosità sfrenata: tendaggi di seta verde smeraldo, specchi dalle cornici placcate d’oro, la testata del letto erano un insolito intrico in ferro battuto, e le pareti erano coperte da quadretti idilliaci nei quali figuravano divinità e ancelle presso le rive di fiumi azzurrissimi.
“Mi auguro che la permanenza sia di vostro gradimento, miei cari. Buonanotte.” Esordì l’uomo panciuto e dai baffi attorcigliati, fece un mezzo inchino goffo e si avviò verso l’uscita.
“Grazie, signor Murray. Sono certa che sarà un’ottima permanenza.”
Quando furono soli, Theo si allentò subito la cravatta e si sbottonò la camicia, quasi avesse l’orticaria.
“Mi chiedevo quanto ancora avresti resistito.” Ridacchiò Aranel, mentre si toglieva le scarpe e sbuffava per i talloni sanguinanti. Theo, ormai spaparanzato sul letto, sorrise. Sua moglie era bellissima, non solo fisicamente, aveva un’aura magica che inondava di luce qualsiasi suolo percorresse. Si fissò la fede dorata per qualche istante, luccicava ed aveva un immenso significato.
“Avrei voluto strapparmi quella dannata cravatta un secondo dopo averla indossata.”
“Ci avrei scommesso. Adesso vieni a darmi una mano, Raeken. Questo vestito non si toglie da solo.”
Theo la raggiunse davanti allo specchio e le scostò dolcemente i ciuffi sfuggiti dallo chignon, le baciò la spalla scoperta e il collo in bella mostra. Fece scorrere la zip verso il basso fino a quando il vestito non cadde a terra e ghignò nel costatare che Aranel indossava una delle sue famose sottovesti.
“Chi indossa più la sottoveste oggigiorno?”
Aranel gli fece la linguaccia attraverso la superficie specchiata e si voltò verso di lui, gli allacciò le braccia al collo e gli accarezzò i capelli sulla nuca.
“Quando la smetterai di mettermi in imbarazzo?”
“Quando la morte o il divorzio ci separerà, signora Raeken.”
Entrambi scoppiarono a ridere, anche se nel riso vi è sempre un fondo di verità. Theo si chinò per baciarle delicatamente le labbra, uno sfiorarsi leggero e carico di sentimento.
“Ti dispiace che non abbia preso il tuo cognome?”
“No. Ritengo sia una stupida usanza. Inoltre, sarebbe più utile che io prendessi il tuo cognome data la tua importanza nella elite mondana!”
“Idiota!” lei lo colpì giocosamente al petto, nonostante sapesse che aveva ragione.
“Senti, adesso possiamo aprire la lettera di Richard? Sono curioso!”
Richard non era stato presente a causa del lavoro ma si era premurato di spedire loro una lettera molto speciale. Aranel scavò nella borsa alla ricerca della lettera e, dopo averla trovata, si sedette sul letto, mentre lui si versava qualche goccio di champagne freddo.
“Carissimi Aranel e Theo, mi dispiace non poter partecipare ad uno dei giorni più belli della vostra vita. Nonostante la mia assenza, mi sono impegnato per regalarvi qualcosa di valore e credo di aver fatto una scelta accurata. Ecco il mio regalo: una luna di miele della durata di due settimane nel borgo ligure di Vernazza in Italia. E’ tutto a mie spese, quindi potete godervi ogni istante senza preoccuparvi. Vi auguro tanta felicità. Un immenso abbraccio da Richard Bettencourt.”
“Richard ci regala un viaggio all’anno, direi che salvargli la vita è stato utile.” Disse Theo facendo spallucce.
“Visto? Fare qualche azione buona ha il suo tornaconto positivo!”
Theo si distese accanto a lei e insieme guardarono il soffitto riccamente decorato da putti con cetre e trombe. Aranel gli lanciò uno sguardo e gli strinse la mano.
“Un penny per i tuoi pensieri.”
“Penso che dovremmo onorare la tradizione secondo cui gli sposi si uniscono carnalmente nella prima notte di nozze.”
Aranel si sistemò a cavalcioni e iniziò a sbottonargli la camicia lentamente, come solo lei sapeva fare.
“Ah, sì? E da quando sei il tipo che rispetta le tradizioni?”
“Da quando sei entrata in un bar disperso di Beacon Hills due anni e mezzo fa.”
Theo le accarezzò la schiena per poi tracciarle disegni immaginari sulle cosce. Con quel viso pulito, i capelli ancora intrecciati alla perfezione e con addosso la camicia da notte bianco puro, somigliava tanto ad una scia di luce che si insinuava tra le sue crepe tenebrose. Aranel si incastrava proprio nei punti in cui doveva incastrarsi, tra i demoni e i tormenti della sua anima. Lei sorrise timidamente allo sguardo persistente di Theo.
“Direi che ne abbiamo fatta di strada da quella notte.”
“Io mi immaginavo sotto un ponte a bere vino scadente e a chiedere l’elemosina, quindi direi proprio che le mie prospettive di vita sono decisamente migliorate!”
Entrambi risero nella consapevolezza che, in fondo, si erano aiutati a vicenda.
“Io avrei sposato Gregg, avrei continuato a lavorare per il New York Times e sarei stata costretta a partecipare alle feste delle’elite della città.”
“Che tragedia sarebbe stata la tua vita da riccona!”
Theo si beccò un pugno e di rimando le bloccò i polsi con entrambe le mani.
“Che tragedia sarebbe stata la tua vita senza di me, Raeken!”
“Allora meno male che ci sei.”
La replica di Theo fu così seria e profonda da lasciarla senza parole, quindi si limitò a chinarsi e a baciargli le labbra. Rabbrividì quando l’oro freddo della fede di lui venne a contatto con la sua pelle. Un bacio tirò l’altro, e la luna illuminò d’argento i loro corpi che si univano.
Una settima dopo:
Il mare era una distesa azzurra e brillante sotto i caldi raggi del sole. Aranel, poggiata al parapetto dell’angusto balcone, ammirava il panorama con un accenno di sorriso. Vernazza era un posto magico, la sua atmosfera ammaliante ti intrappolava nel suo manto e non ti lasciava andare. Quella prima settimana era stata intensa: avevano visitato il Castello e il Parco Nazionale delle Cinque Terre, avevano fatto una escursione lungo il Sentiero Monterosso, avevano assistito alla messa in latino che si teneva nel Santuario di Nostra Signora di Reggio (dove Theo aveva più che altro sonnecchiato), ed avevano cenato ogni sera in un ristorante diverso del centro. Aranel, che era iperattiva come al solito anche in vacanza, aveva già organizzato nei dettagli quella seconda e ultima settimana di luna di miele, malgrado sapesse che suo marito aveva solo voglia di dormire e mangiare.
“Il tuo cervello sta fumando.”
La voce assonnata e roca di Theo la fece sorridere e si voltò per raggiungerlo a letto.
“Il mio cervello ha già programmato le attività di questa settimana, quindi vedi di darti una mossa. Non abbiamo tempo da perdere!”
Theo nascose la testa sotto il cuscino borbottando contro Richard e quella luna di miele. Aranel, già vestita e pettinata, gettò in borsa gli occhiali da sola e indosso il cappellino di paglia bianco che le conferiva una certa teatralità.
“Ti aspetto al ristorante tra venti minuti. Facciamo colazione in fretta e ci dirigiamo da Cosimo, il pescatore che ci ha promesso un giro in barca. Alzati, Raeken!”
Trenta minuti dopo Theo, ancora mezzo addormentato e affamato, raggiungeva il ristorante dell’hotel a passo pesante. Si sedette su uno sgabello e ordinò un martini, benché fossero solo le nove e dovesse fare colazione con Aranel. Sua moglie, infatti, stava discutendo allegramente con una coppia di anziani inglesi circa la spiaggia e un giro in barca.
“Accidenti, quella donna ha l’adrenalina che scorre come sangue nelle vene!” esclamò una voce divertita al suo fianco. Quando si girò, rimase stupito dal bel viso femminile che vi trovò. Si trattava di una donna sulla quarantina, di origine asiatica, che gli sorrideva spudoratamente. Theo sorseggiò con calma il suo martini e annuì.
“Sì, è iperattiva a livelli snervanti.”
La donna ridacchiò spostandosi i lunghi capelli neri sulla spalla e mettendo il collo in bella mostra. Di certo non poteva vedere la fede al dito poiché era seduta alla sua destra, ma Theo era convinto che poco le sarebbe importato comunque.
“E’da una settimana che sento la sua voce e i suoi passi dappertutto, è diventata insopportabile. Da quanto ho capito è qui con il marito, ma non l’ho mai visto personalmente, eppure provo pena per lui. Stare con una donna così non deve essere facile.”
“A dire il vero stare con lei è semplicemente fantastico. Aranel è la donna migliore che potessi conoscere e che potessi decidere di sposare.”
Il sorriso della donna si soffocò di colpo e fu sostituito da una terribile espressione di vergogna, al che Theo sorrise sornione e mandò giù l’ultimo goccio di martini.
“Theodor!”
Aranel si avvicinò a loro sgambettando sui sandali color cuoio e in quel vestito bianco che la rendeva uno spettacolo per gli occhi. Non appena fu di fronte a lui, Theo la strinse a sé e le stampò un bacio sulla bocca.
“Scusa il ritardo, stellina, ma il mio cervello sta ancora dormendo al contrario del tuo. E poi mi sono fermato a scambiare quattro chiacchiere con la signora qui di fianco a me.”
La sconosciuta arrossì quando fu interpellata ed ebbe l’idea di allungare la mano verso la ragazza davanti a sé.
“Piacere, io sono Savannah Wagner.”
“Oh, piacere mio, Aranel Jones!”
“Aranel Jones? Lei è la scrittrice?” Savannah adesso sembrava aver cambiato idea su Aranel e Theo decise di supportare quel cambiamento.
“Sì, mia moglie è la scrittrice che nell’ultimo anno è in testa alle classifiche con ben tre libri!”
“Non esagerare adesso.” Aranel sorrise imbarazzata e strinse la mano si Theo in segno di riconoscenza per le belle parole. Savannah si mise in piedi e disse al barman di segnare il tutto sul conto della stanza.
“Mio marito è un suo grandissimo fan, ha tutti i suoi libri e si è abbonato al The Post solo per leggere i suoi articoli, nonostante abitiamo a Londra.”
“Addirittura? Beh, a questo punto direi sia arrivato il momento di conoscere questo mio fan. Stasera potreste cenare al nostro tavolo, che ne dice?”
Theo si infastidì per quell’invito perché voleva trascorrere quelle due settimane soltanto con Aranel dal momento che, una volta tornati a New York, si sarebbero visti solo a cena, però al tempo stesso era felice che lei potesse essere apprezzata da un suo lettore. Savannah prese la pochette e, prima di allontanarsi, salutò la coppia con una stretta di mano.“A stasera.”
Theo non aveva nessuna voglia di partecipare a quella cena ed era evidente poiché se ne stava rannicchiato sulla poltrona col muso lungo, mentre Aranel si preparava.
“Hai intenzione di mantenere il broncio per tutta la serata, Raeken?”
“Perché non me lo togli tu il broncio a suon di baci?”
Aranel lo linciò con lo sguardo e tornò a stendersi l’ombretto, sebbene l’idea di suo marito non fosse poi tanto pessima.
“Perché non posso deludere un mio lettore. Dai, Theo, fammi contenta!”
“Saprei farti contenta in altri modi.”
Theo tornò a sbirciare il mare dalla finestra e si accorse che ormai era calata la sera, il tramonto lasciava il passo ad un velo nero puntellato di stelle luminose. Da un mese circa aleggiava in lui una brutta sensazione, come se qualcosa di male stesse per accadere da un momento all’altro e lui si sentiva impotente dinanzi a quell’emozione negativa. Tra l’altro c’era un dettaglio di cui a sua moglie non aveva fatto parola: da un paio di settimane, a giorni alterni, sognava sua sorella Tara la notte in cui era morta. Non lo raccontava per timore che quella sensazione di disagio si tramutasse in una terribile verità. Sbatté più volte le palpebre per tornare alla realtà, e fece un mezzo sorriso quando vide Aranel sistemarsi la sottoveste prima di infilarsi la gonna, alcune cose per fortuna non cambiavano mai.
“Fallo per me, ti prego.”
“E va bene, andiamo a questa stupida cena!”
Aranel si illuminò, afferrò la borsa e lo trascinò in ascensore. Per l’occasione aveva indossato una gonna bianca ed una canottiera azzurra di velo, semplice ma comunque elegante. Theo la guardò di traverso e ridacchiò, beccandosi ovviamente un pugno giocoso.
“Fa il bravo, Theodor.”
Lui, malizioso come sempre, si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle:
“Dopo cena ti voglio tutta per me, stellina.”
Il ristorante era gremito di clienti e camerieri, dalla cucina provenivano svariati profumi, e il pianista incantava tutti con Mozart. Theo riconobbe Savannah da lontano, li stava salutando con un molle gesto della mano e lui strinse il braccio attorno alle spalle di Aranel.
“Andiamo, sono seduti in terrazza.”
Quando furono al tavolo, Savannah li accolse con due baci sulle guance e li invitò ad accomodarsi nell’attesa che arrivasse suo marito.
“Perdonate mio marito, è molto impegnato con il suo lavoro. Sono sicura che Theo mi capisce.”
Aranel fece balzare lo sguardo smarrito da Savannah a Theo come se avesse intuito tra di loro un certo imbarazzo.
“Aranel non lavora quando siamo insieme, per lei contiamo solo noi.”
Savannah incassò il colpo con un sorriso tirato, però poi si alzò in piedi quando vide suo marito avvicinarsi, al che anche la coppia si tirò su.
“Theo e Aranel, sono lieta di presentarvi mio marito …”
“Octavius Wagner!” esclamò Aranel, interrompendo la donna senza esitare. L’uomo davanti ai suoi occhi era il guru nel campo del giornalismo. Theo provò un non so che di irritante per gli occhi ammaliati di sua moglie.
“La mia scrittrice preferita conosce il mio nome, è sorprendente!” disse Octavius dopo averle baciato il dorso della mano. Era senza dubbio un bell’uomo, oltre i quaranta anni, capelli ancora biondi, zigomi affilati e un sorriso incantatore. Theo aveva voglia di prenderlo a pugni.
“Lei sta scherzando, vero? La prego, signor Wagner, lei ha rivoluzionato il mondo del giornalismo e dell’editoria, per non parlare del suo meraviglioso libro! Lei è una leggenda!”
"Diciamo del ‘tu’, per favore. E’ una serata tra amici. Direi anche di accomodarci.”
Le coppie si sedettero ai lati lunghi del tavolo, l’una di fronte all’altra, Theo di fronte a Savannah e Aranel a Octavius.
“Allora, come mai siete qui?” domandò Aranel, che sin da subito si era ringalluzzita.
“Io e Octavius festeggiamo il quindicesimo anno di matrimonio e abbiamo optato per una meta diversa dalle solite. E voi?”
Sebbene fosse stata la ragazza a porre la domanda, Savannah rivolse lo sguardo a Theo perché rispondesse.
“Io e Aranel siamo qui in viaggio di nozze, ci siamo sposati una settimana fa.”
“Vi suggerisco di viaggiare insieme ogni volta che potete, esperienze in altri paesi uniscono le anime.” Si intromise Octavius, poi bevve un sorso di vino rosso e disse al cameriere di portare loro dello champagne. Savannah ridacchiò e gli baciò la guancia accuratamente rasata.
“Champagne, caro? Hai proprio voglia di festeggiare!”
“Festeggiamo la lettura, l’amore e la vita!”
Dopo che i calici furono riempiti di liquido ambra, il gruppo brindò e bevve alla salute. Sbirciarono il menu, richiesero i piatti migliori dello chef e la serata proseguì tra risate e racconti, e svariati tentativi di Theo di reprimere un urlo di rabbia. Giunti al dolce, fu servito loro un gustoso sorbetto al limone. Fu Octavius ad interrompere il silenzio causato dal dessert.
“Ho notato che guardi spesso la fede, Theo. Ti attira il suo colore luminoso?”
“Mi attira il fatto che io sia sposato con una donna straordinaria quale è la mia Aranel.”
Aranel arrossì e allungò la mano sul tavolo per stringere quella di suo marito. Savannah, invece, proruppe in una risata divertita.
“Scommetto che il vostro è un rapporto esclusivo.”
“Esclusivo? In che senso?” fece Aranel, ormai del tutto confusa dall’atteggiamento frivolo di quella donna. Octavius si intromise nel discorso con fare pacato e serio.
“Io e Savannah abbiamo una relazione aperta.”
“Aperta?!” l’espressione sconvolta di Theo aumentò le risate di Savannah, che bevve dell’acqua per calmarsi.
“Aperta nel senso che io e Octavius, benché sposati, usciamo e andiamo a letto con altre persone.”
Aranel si sentì stritolare il ginocchio dalle dita di Theo e sbarrò gli occhi sia per il dolore sia per la dichiarazione.
“Oh, ehm, sì, noi abbiamo un rapporto esclusivo.”
“Permettetemi di dire che è una decisione terribile.” Disse Octavius con un sorrisetto che spinse Theo a reagire.
“Terribile è accettare che il tuo partner faccia sesso con altra gente. Non sopporterei l’idea di Aranel con un altro, lei è mia moglie!”
“Ecco, è proprio questo che io e Savannah evitiamo. Noi detestiamo il concetto di possesso e gelosia, preferiamo la condivisione e la libertà. Dicendo che lei è tua moglie e impedendole di frequentare altre persone, le vieti di essere libera e di esprimere se stessa al meglio. Tu credi che lei sia tua, credi di possederla, ma in realtà possiedi le tue stesse paure.”
Aranel dovette ammettere che quel discorso non faceva una piega, però al tempo stesso la libertà e la condivisione di cui Octavius blaterava avevano una nota distorta. A Theo pareva tanto una accusa nei suoi confronti e non gli piacque il modo in cui quei due lo stavano giudicando dall’alto della loro perversa moralità.
“Aranel non è un oggetto di mio possesso e non ho affermato questo poco fa. Intendo dire che amare una persona implica un legame esclusivo che impedisce altre relazioni amorose e carnali. Si può concedere la libertà anche all’interno di una coppia, basta saperlo fare.”
“Ognuno vive l’amore come meglio desidera.” Disse Savannah per stemperare l’atmosfera tesa creatasi tra i due uomini. Aranel, non contenta della piega che aveva preso la cena, decise di dire la sua.“Soprattutto è importante avere rispetto per l’altra persone e assicurarsi che a lei questo rapporto aperto vada bene.”
Theo notò Octavius indurire l’espressione del viso e captò una strana aria tra lui e Savannah, come se fossero crollate le certezze su cui si basavano le loro teorie. Nel frattempo il ristorante si era svuotato e i camerieri cominciavano a pulire, così Octavius e Aranel si accinsero a pagare.
“A quanto pare è Aranel che porta i pantaloni nella coppia.”
Theo lanciò un’occhiataccia a Savannah e scrollò la testa.“Aranel è indipendente e non rispetta i canoni del rapporto uomo-donna. Lei fa quello che sente, lei paga le cene, mi accompagna al lavoro, mi lascia fare i servizi in casa, insomma lei ribalta le convenzioni.”
“E’ davvero una donna straordinaria.” Adesso la donna sembrava triste e anche i suoi occhi si erano incupiti.
“Sì, lo è.”
Qualche minuto dopo si salutarono e ognuno tornò nelle proprie camere.
Theo si buttò sul letto non appena furono in camera. Quella cena lo aveva sfinito, adesso era nervoso e di cattivo umore. Aranel uscì dal bagno una decina di minuti dopo struccata e in camicia da notte, attenta a non inciampare nel buio della stanza.
“Che hai, Theo?”
“Niente.”
Il tono brusco del ragazzo preoccupò Aranel perché, quando lui faceva così, era un cattivo segno. Theo andava preso a piccole dosi perché aveva la tendenza ad inglobare la rabbia e a lasciarsi alimentare da essa, e si sa che il veleno a lungo covato è assai pericoloso.
“Va bene. Ne riparleremo domani, se vorrai. Buonanotte.”
Gli diede le spalle e sistemò il cuscino, consapevole che il sonno sarebbe sopraggiunto in ritardo. Poco dopo avvertì la mano calda di Theo accarezzarle il fianco per suggerirle di voltarsi.
“Scusami, è solo che le insinuazioni di quel tizio mi hanno innervosito.”
“Lascia perdere quei due e le loro bizzarre teorie sulle relazioni. Siamo in luna di miele e non è necessario rovinare questa ultima settimana a causa di chiacchiere inutili.”
“Hai ragione.”
“Cosa? Theo Raeken mi ha appena dato ragione? La fine del mondo deve essere vicina!”
Theo sollevò le sopracciglia e fece una smorfia maligna, poi cominciò a farle il solletico. Aranel tentò di divincolarsi mentre rideva a crepapelle, ma non riuscì a liberarsi, così dovette arrendersi.
“Ti prego, basta! Mi arrendo! Basta!”
“La smetto solo se mi dai un bacio, anzi cento baci.”
Frattanto, mentre i raggi della luna penetravano attraverso le imposte, Theo la sovrastava e la guardava dritto negli occhi. Sapeva che lei avrebbe insistito per capire l’origine del suo costante nervosismo, però confessarle di sognare la sorella morta per la sua stessa mano non gli sembrava qualcosa facile da dire.
“Sei luminosa, Aranel Jones. Sei la mia stella.”
Le dita affusolate di Aranel dolcemente gli segnarono i tratti del viso e lui chiuse gli occhi, respirò a fondo come se tutta quella calma potesse invadergli i polmoni e placargli la mente.
“Che cosa ti tormenta? Lo vedo che qualcosa ti agita e vorrei che tu me ne parlassi.”
Theo, anziché rispondere, la baciò con una intensità asfissiante, aveva il bisogno vitale di sentirla vicina, di sentire la loro pelle fondersi nel calore e nei sentimenti. Per quanto lei volesse conoscere la natura delle sue preoccupazioni, riconobbe che gliene avrebbe parlato quando si fosse sentito pronto e forzarlo sarebbe stato controproducente, pertanto si abbandonò alla libidine sfrenata che esigeva di essere sprigionata. Si lasciò spogliare, sfilò la camicia a Theo e lo aiutò a togliersi i pantaloni, continuarono a liberarsi degli indumenti fino a quando non rimase alcuno strano a dividerli. Ansimavano freneticamente l’uno sulle labbra dell’altro, le mani si ricorrevano in modo vorace e inarrestabili, e il tutto si mescolava al suono dei loro profondi sospiri. Intrappolati in un abbraccio stretto e lussurioso, trascorsero la notte ad amarsi tra parole sussurrate e risate sommesse.Una settimana dopo:
Quegli ultimi sette giorni di vacanza erano stati paradisiaci per Theo. Dopo la disastrosa cena con i coniugi Wagner, i quali erano ripartiti per Londra il giorno dopo, si era lasciato alle spalle le inquietudini per godersi il resto della settimana in compagnia di sua moglie. Avevano visitato il resto di Vernazza e dintorni, avevano passato una notte intera ad ammirare le stelle dal centro della città, avevano fatto l’amore in spiaggia a mezzanotte, e si erano anche ritagliati il tempo per assemblare l’album fotografico del viaggio. Affacciato alla finestra dell’hotel, sorrise quando Aranel gli circondò le spalle da dietro e gli baciò la guancia.
“Buongiorno, stellina.”
“Buongiorno a te. Come mai sei già in piedi?”
“Avevo voglia di osservare per l’ultima volta questo panorama mozzafiato. Tornare a New York sarà difficile dopo aver sperimentato tutta questa bellezza, e non mi riferisco solo alla città.”
Aranel, con indosso solo la camicia da notte, aveva ancora le labbra arrossate per i baci ardenti ed era la cosa più bella che lui avesse mai visto.
“Anche io vorrei poter restare qui, credo sia un posto magico.”
“Ma devi pubblicare l’inchiesta, dico bene?”
Da un anno stava lavorando ad una inchiesta sulla condizione delle donne che le aveva garantito la candidatura per il Premio Pulitzer, la massima onorificenza internazionale per il giornalismo, e l’articolo sarebbe stato pubblicato dopo essere tornati a New York.
“Lo sai che questo articolo è importante per me, al di là del premio. Nessuno si occupa delle donne vittime di violenza domestica a dovere e delle loro condizioni precarie, perciò è fondamentale sollevare la questione nella speranza che le autorità competenti si mobilitino. Mi dispiace se negli ultimi tempi sono stata distratta dal lavoro, ma ti prometto che adesso sarà tutto diverso.”
L’espressione afflitta di Aranel intenerì Theo perché, nonostante fosse stato difficile vederla e parlarle a stento per quasi un anno, era orgoglioso del suo impegno e della sua volontà di aiutare gli altri. Le afferrò i fianchi e la fece sedere sulle sue gambe.
“Non ti devi dispiacere, stellina. Hai scritto un articolo eccellente e sei stata candidata per il Pulitzer perché sei una giornalista sensazionale. Ti ho appoggiato nei mesi passati e continuerò a farlo perché te lo meriti. Sono davvero orgoglioso di te.”
“Io ti amo.” Disse Aranel prima di baciarlo con irruenza.
“Ti amo anche io.”
Salve a tutti! :)
Purtroppo per voi sono tornata con questa storia perché continua ad ispirarmi.
Beh, direi che per il momento Aranel e Theo sembrano stare bene, ma ovviamente tutte le cose belle sono destinate, ahimè, a finire.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
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A touch of light 2 || Theo Raeken
FanfictionNathaniel Hawthorne ha sostenuto che "il passato giace sul presente come il corpo morto di un gigante", e Theo è ben consapevole del peso. Aranel era convinta che potessero ricominciare daccapo insieme ma i demoni del passato non si assopiscono mai...