5. CONDANNA ALL’OBLIO.
-Le nostre memorie sono indipendenti dalle nostre volontà. Non è così facile dimenticare.-
(Richard Sheridan)
La pioggia imprigionava la città da diverse ore ormai. Theo osservava gli imponenti grattacieli stagliarsi contro un minaccioso cielo grigio dalla vetrata del soggiorno. Aranel stava parlando con Bennett, il suo capo, per richiedere due settimane di ferie. Zakhar e Roxy erano andati a comprare qualcosa da mangiare per colazione, e certamente avrebbero impiegato più del previsto a causa del traffico. Dopo gli incubi che li avevano tormentati durante la notte, nessuno era più riuscito a dormire. Si erano chiusi in un silenzio che lasciava spazio alle paure e ai cattivi presentimenti. Era vero che si trattava di uno schema: i pettirossi, i lampi e gli incubi erano eventi connessi tra di loro e preannunciavano una catastrofe. Theo si sforzò di capire quale fosse il legame tra di loro, però tutte le idee sembravano svanire nel nulla.
“Theo?”
La calda mano di Aranel sulla spalla lo destò dai pensieri, le riservò un mezzo sorriso e le fece spazio sul divano.
“Allora, ti hanno concesso le ferie?”
“Fortunatamente sì. Comunque, dovremmo dirlo anche agli altri quello che è successo stanotte?”
“Non lo so. Vorrei parlare prima con Deaton, forse lui potrebbe saperne più di noi. Ci ho pensato bene e credo che, ora come ora, sia la strategia migliore da adottare.”
Aranel sospirò, era assonnata e timorosa di dormire al tempo stesso.
“Sì, sono d’accordo. Lo chiameremo quando Roxy e Zakhar torneranno.”
“Va bene.”
Le venne in mente un sacchetto di velluto rosso che Deaton le aveva regalato pochi mesi prima come dono di nozze e pensò che potesse tornare utile in quella situazione. Senza dire nulla, scavò nel suo armadio alla ricerca del regalo e lo trovò nella valigia che usava quando partiva per Beacon Hills.
“Theo, vieni!”
Quando suo marito la raggiunse, aveva lo sguardo confuso nel vederla maneggiare una decina di pietre scure su cui erano incisi strani disegni.
“Che cosa stai facendo?”
“Deaton mi ha regalato queste rune nel caso qualche fenomeno soprannaturale si fosse manifestato. Leggendole, si può dedurre se il fenomeno in questione sia positivo o negativo.”
“Perciò vuoi leggere le rune per capire che siamo ovviamente nei guai?”
“I segni bianchi sulla superficie indicheranno di che tipo di guai si tratta.”
“Okay, proviamo.”
Aranel rimise le rune nel sacchetto, le agitò e le rovesciò sul letto. Soltanto cinque rune ricaddero sulle lenzuola con il verso al rovescio.
“Stando alle indicazioni di Deaton, cinque rune ci parlano del passato e cosa ha causato la situazione attuale.”
“Potresti essere un po’ più chiara?”
“Sono al rovescio e questo vuol dire che la situazione è negativa. La runa Thurisaz indica la protezione dai nemici. La runa Ansuz ci rivela l’arrivo di un visitatore. La runa Raido consiglia di essere prudente. La runa Hagalaz presagisce la morte. Infine, la runa Isa è per un amore che sta finendo.”
La serietà con cui gli occhi di Aranel passavano in rassegna le rune sconfisse lo scetticismo di Theo, che ci credeva di più ad ogni avviso.
“Come dicevo stanotte, siamo fottuti.”
“Gli eventi degli ultimi giorni hanno a che fare con il passato. Quale potrebbe essere la causa?”
“Dobbiamo capire prima di tutto al passato e al presente di chi o cosa si stia riferendo.”
Aranel conservò le rune con estrema accuratezza, ancora stravolta da quelle predizioni.
“E se si trattasse di Trevor? Oppure di Octavius e Savannah?”
“Ne riparliamo dopo. Roxy e Zakhar sono tornati.”
Un attimo dopo la porta si aprì e Roxy abbandonò la colazione sul tavolo per sdraiarsi sul divano.
“Puoi togliere i piedi dal tavolino, per favore? Grazie.” Aranel picchiò con la mano la caviglia della lupa, che mise i piedi a terra.
“Calmati, principessa.”
Theo andò a sedersi tra di loro per evitare che litigassero, mentre Zakhar consegnava caffè e brioches.
“Io e Aranel abbiamo scoperto qualcosa attraverso la lettura delle rune.”
Roxy scoppiò a ridere e quasi si strozzò col caffè per quelle assurdità appena pronunciate dal suo migliore amico.
“Adesso crediamo alle rune? Bah, stronzate!”
“Disse la ragazza che si trasforma in un licantropo e ad ogni luna piena perde il controllo.” Disse Aranel con estrema nonchalance, al che Roxy sembrò ringhiare in risposta. Theo le stritolò il polso per farla calmare.
“Non è il caso di bisticciare, ragazze. Ad ogni modo, sì, le rune hanno rivelato qualcosa di importante.”
“Mia nonna leggeva le rune e i fondi del caffè, per questo era famosa in tutta Mosca.” Esordì Zakhar, il forte accento russo e i glaciali occhi azzurri puntati su di loro. Roxy fece una smorfia.
“Ti prego, Zakhar, smettila con quella chiromante di tua nonna. A momenti sapeva leggere anche i fondi del cesso!”
“Tu, ragazza, avresti dovuto vivere ai tempi della guerra!”
Quando Zakhar diceva quelle cose, sembrava avere più di mille anni e aver vissuto le battaglie peggiori, ma in realtà ne aveva trentacinque e soli quattro anni in Iraq gli pesavano sul cuore come una vita intera.
“La guerra sarebbe una punizione troppo leggera per lei!” sbottò Aranel, infastidita dal comportamento senza freni di Roxy. Theo alzò una mano per impedire che qualcun altro proferisse ancora una parola.
“Anziché perdere tempo, ascoltate. Le rune hanno presagito: la protezione dai nemici, un visitatore, di essere prudente, la morte, un amore che sta finendo. Ovviamente si tratta di presagi negativi che potrebbero essere collegati ai pettirossi, ai lampi e agli incubi. Il problema è come trovare un reale e sensato filo conduttore tra le cose. Per questo motivo abbiamo pensato di chiedere aiuto a Deaton, forse ci indicherà la giusta strada da intraprendere per capire meglio.”
“Lo chiamiamo adesso?” domandò Zakhar, che si stava portando alla bocca il primo sigaro della giornata. Aranel annuì, compose il numero del veterinario e attivò il vivavoce.
“Aranel Jones, aspettavo con ansia la tua chiamata!” la voce di Deaton era stranamente allegra.
“In che senso aspettavi una mia chiamata?”
“Liam mi ha raccontato dell’attacco dei pettirossi e dei lampi rossi, perciò ero certo che mi avresti contattato per saperne di più.”
Theo alzò gli occhi al cielo, era plausibile che Dunbar spifferasse tutto ai quattro venti al primo segnale di pericolo.
“Deaton, sono Theo. Per caso Liam ha anche avvisato Scott e Stiles?”
“No, gli ho consigliato di indagare meglio prima di dirlo a loro.”
“Ti ringrazio. Liam non ti ha detto tutto. Oltre ai pettirossi e ai lampi, io, Aranel e due nostri amici abbiamo avuto lo stesso incubo questa notte. Abbiamo sognato i Dottori del Terrore che ci operavano, il sangue, i pettirossi e i lampi. Il problema è che Zakhar, uno dei due amici, non era presenta la sera in cui gli uccelli ci hanno attaccato, quindi non capiamo perché li abbia sognati anche lui.”
Il veterinario si prese qualche secondo per riflettere e il quartetto si scambiava occhiate preoccupate.“Aranel, dimmi, hai provato a leggere le rune?”
“Sì, e sono tutti presagi negativi.”
“Rivolgo una domanda a tutti e quattro: vi siete mai incontrati dieci anni fa?”
Aranel strabuzzò gli occhi e inclinò il capo verso Theo, che era smarrito proprio come lei.
“No, dieci anni fa io tornavo a Beacon Hills, Aranel era a New York, Roxy stava dai suoi in Florida e Zakhar era in Iraq per la guerra. perché?”
“Credo che la vostra mente attraverso gli incubi vi stia suggerendo qualcosa. I tre eventi di cui mi avete parlato sono un mezzo per annunciare l’arrivo di qualcosa di sinistro. Dovreste cercare di recuperare i ricordi relativi al periodo in cui i Dottori cominciavano ad operare a Beacon Hills dieci anni fa. La memoria spesso rimuove alcuni eventi che successivamente lottano per tornare a galla.”
“E come facciamo a ricordare?” domandò Zakhar.
“Come hanno fatto Scott, Allison e Stiles a trovare il Nemeton. “
Tutti rivolsero sguardi interrogatori ad Aranel per avere una risposta concreta.
“Dobbiamo immergerci nel ghiaccio in modo che, sfiorando l’ipotermia, i ricordi riaffiorino.”
“Esattamente. Dopo che avrete recuperato i ricordi, chiamatemi di nuovo e ne discuteremo meglio. Buona fortuna, ragazzi.”
“Grazie, Deaton. A presto.”
Quando lo schermò del cellulare si oscurò, rimasero in silenzio, come se anche una sola parola potesse essere mortale. Era davvero possibile che si fossero incontrati anni prima e che non lo sapessero? Che avessero camminato l’uno di fianco all’altro senza ricordarlo?
Theo si stava arrovellando il cervello alla ricerca anche di un misero frammento di ricordi, ma la sua mente gli restituiva immagini buie. Conoscere Aranel e dimenticarlo non era concepibile, lui se la sarebbe ricordata, soprattutto perché era la migliore amica dell’alfa che cercava di distruggere. Poi, d’improvviso, come un fulmine che colpisce il terreno e si intrufola nel sottosuolo, dedusse la probabile causa dell’amnesia.
“Deaton potrebbe avere ragione. Potremmo davvero esserci conosciuti e averlo rimosso. Abbiamo sognato i Dottori del Terrore e questo indicherebbe che tutti e quattro abbiamo avuto a che fare con loro, ecco perché avrebbero potuto manipolare le nostre menti. Sono stati loro a far dimenticare a Sebastien Valet di essere la Bestia del Gévaudan.”
“Damnatio memoriae.” Mormorò Aranel con voce cupa.
“Di che cavolo state parlando?” sbottò Roxy, più confusa di prima.
“La damnatio memoriae nel diritto romano era una pena che consisteva nel cancellare tutte tracce di una persona affinché nessuno la ricordasse mai più. Se Theo ha ragione e i Dottori ci hanno fatto dimenticare qualcosa, è necessario recuperare quei ricordi. Tutto quello che sta succedendo potrebbe essere connesso ai Dottori e all’amnesia.” Spiegò Aranel.
“E come ci immergiamo nel ghiaccio? Il freddo stimola i sensi da lupo e Aranel ,essendo umana, rischia di morire.” Intervenne Zakhar a smorzare quello slancio di teorie.
Theo si passò le mani sul viso stanco nella speranza che, riaprendo gli occhi, fosse tutto svanito. No, i problemi attendevano ancora di divorarlo. Il passato era tornato e non era intenzionato a lasciarlo andare. Il suo unico pensiero era quello di proteggere Aranel.
“Vuol dire che Aranel non si immergerà.”
“Cosa? No! Non puoi impedirmelo!”
“Non ti lascerò morire per recuperare dei ricordi che forse non sono utili!”
Adesso Aranel e Theo si sfidavano con lo sguardo, era una lotta agguerrita tra la luce e l’oscurità.
“Non puoi dirmi cosa devo e non devo fare. Lo sai.”
“Quello che so, stellina, è che devi restare viva. Tu farai esattamente quello che ti ordino io senza replicare.”
“Sei uno stronzo, Raeken.”
“Sono tutto quello che vuoi se questo serve a difenderti.”
Aranel lasciò la stanza con la rabbia che si dimenava in tutto il corpo, rispettare gli ordini non faceva per lei, tantomeno se ad impartirglieli era un uomo. Chiuse la porta della camera da letto a chiave e si sedette sul letto col il computer sulle gambe. Avrebbe trovato una soluzione.
Mezz’ora dopo quel litigio, Aranel ritornò in salotto per comunicare la sua idea. Mentre Roxy e Zakhar smanettavano al PC con lo scopo di entrare nel disco che lei aveva preso da casa di Octavius, Theo stava sfogliando le pagine di un diario di Chantal. Quando la vide, le andò incontro ma Aranel indietreggiò.
“Resta dove sei. Ho bisogno di dire una cosa a tutti.”
“Ti ascoltiamo.”
“So dove possiamo recuperare i ricordi. Mia nonna possiede una casa sul lago che non usa mai, potremmo andarci e ragionare con calma su quello che sta capitando. Inoltre, verso le otto di sera la temperatura del lago inizia a scendere e quindi l’acqua si raffredda, questo ci permetterà di immergerci senza che io rischi di morire.”
“Nessuno ci garantisce che la temperatura del lago non diventi troppo fredda per te in pochi istanti. Non abbiamo nessuna certezza.” Intervenne Zakhar, risoluto come può esserlo solo un soldato. Theo si portò le mani sui fianchi e puntò gli occhi su Aranel.
“Zakhar ha ragione. Non agiremo in maniera impulsiva.”
“Ma dobbiamo trovare un modo per riavere i ricordi!” protestò Aranel, e dava tanto l’impressione che volesse battere i piedi per terra come una bambina imbronciata.
“Questo è vero, però non possiamo rischiare di ucciderti! Aranel, ti prego, ragiona.”
“Calmatevi adesso, piccioncini. Io direi comunque di spostarci nella casa di Chantal e poi capire come agire.” Propose in breve Roxy, beatamente stravaccata sul divano con il PC sulle gambe. Aranel si meravigliò di quella idea stranamente utile, si limitò ad annuire e se tornò in camera da letto.
“Sì, va bene. Partiamo tra mezz’ora. Preparatevi.” Disse Theo, dopodiché seguì sua moglie.
“Vattene!” gli intimò Aranel mentre lanciava dei vestiti in valigia. Theo chiuse la porta e provò ad avvicinarsi, ma lei lo scansava accuratamente.
“Aranel, mi dispiace. Non era mia intenzione negarti la libertà di scegliere cosa fare.”
“Ma lo hai fatto!”
“L’ho fatto per proteggerti! Potresti morire! Come fai a non capirlo?”
Theo le strappò di mano una maglietta per scaraventarla sul letto, le afferrò le braccia e la costrinse a guardarlo.
“Lasciami, Theo.”
“Tutto quello che faccio mira a proteggerti. Io ti amo e non lascerò che qualcosa ti ferisca.”
“Sei tu che mi ferisci!”
Il suo udito sviluppato poteva sentire la rabbia vibrarle nelle ossa e la maledì mentalmente per la sua testardaggine.
“Non hai paura?”
“No. Sei tu che hai paura, Theo. Non sono una bambola di porcellana da preservare e conservare in una teca di vetro, sono una persona e come tale ho la facoltà di scegliere come vivere. Non puoi darmi ordini e pretendere che io li esegua in silenzio. Non sono quel tipo di donna, lo sai bene.”
“Non voglio limitare le tue scelte, voglio solo evitare che tu soffra. Scusami se ti ho dato l’impressione che fosse un ordine, mi dispiace.”
Aranel si allontanò da lui per sedersi sul letto, fece scorrere le dita tra i capelli e sospirò.
“Da quando ci siamo sposati litighiamo di continuo. E’ diventato il nostro hobby preferito.”
Theo si inginocchiò di fronte a lei, prese delicatamente le sue mani e ne baciò il dorso.
“Io credo che sia tutto collegato agli strani avvenimenti degli ultimi tempi. Non dipende da noi, dipende da quello che ci accade intorno.”
“Allora sbrighiamoci a risolvere le cose perché ho bisogno che tutto torni come prima tra di noi.”
“Te lo prometto, stellina.”
Aranel si chinò e gli baciò castamente le lebbra, un soffice tocco per sancire quella promessa.
“Mi fido di te.”
Il Cayuga Lake si tingeva di striature ramate mentre il sole moriva perché la luna sorgesse. La superficie dell’acqua era piatta, il fondo era visibile e la riva era coperta di erba e ciottoli. La casa distava dal lago circa dieci chilometri e il suo mormorio raggiungeva il salotto e la cucina. L’abitazione era di modeste dimensioni, composta da un ampia sala giorno, due stanze da letto e un bagno, il tutto completato dal camino in pietra e una veranda spaziosa. Aranel si affrettò a sistemare le sue cose nell’armadio e a cambiare le lenzuola, era sicura che avrebbero trascorsero il fine settimana in quel luogo.
“Tua nonna non si accorgerà che siamo qui?” la voce di Zakhar la fece sussultare e si voltò verso di lui con una mano sul cuore.
“No, lei non viene mai qui. Questa casa le ricorda mio nonno e la fine del loro matrimonio. Ho fatto una copia delle chiavi anni fa perché venino a rintanarmi per scrivere la tesi di laurea.”
“Theo è più irritato del solito, hai notato?”
“Lui non ragiona lucidamente quando si tratta dei Dottori del Terrore. Teme di ricadere nelle vecchie tentazioni e di commettere ancora azioni malvagie.”
Zakhar si rigirò un sigaro tra le mani mentre teneva gli occhi azzurri fissi sul pavimento.
“Credi che possa farlo? Ritornare quello che di una volta, intendo.”
“No. Theo è cambiato e io ho piena fiducia in lui.”
“E come pensi che reagirà ai ricordi che recupereremo?”
Aranel tralasciò la sua intenzione di mettere in ordine la stanza e si concentrò sulla strana espressione che attraversa il volto dell’amico, era di pura sfiducia.
“Sai qualcosa che non so, Zakhar? Le tue domande sono particolarmente enigmatiche sul conto di Theo.”
“Non so nulla più di te. Mi auguro solo che lui rimanga sui suoi passi.”
Così dicendo, Zakhar ritornò al piano di sotto alla svelta. Aranel adesso si allarmò più di quanto non lo fosse già. Il russo aveva ragione, Theo avrebbe potuto reagire ai ricordi anche in modo diverso dal normale. Si chiese quanto fosse davvero indispensabile ritrovare memorie perdute e, nonostante le possibili conseguenze funeste, si rispose che era di vitale importanza.
Erano le dieci di sera quando si diressero verso il lago, muniti di coperte e termos di caffè caldo per ripararsi dal gelo dell’acqua. Il sentiero era impraticabile a causa di alcuni massi caduti dopo un alluvione, perciò procedevano lenti e cauti. Aranel inciampò un paio di volte ma Theo fu sempre pronto ad aiutarla, lei allora gli sorrideva in segno di riconoscenza e riprendevano a camminare. Impiegarono una buona mezz’ora a raggiungere l’acqua. Zakhar accese il fuoco, Roxy si occupò di posizionare le lanterne, Aranel e Theo ammucchiavano le coperte e i vestiti in una angolo.
“Che c’è, Theo? Non la smetti di fissarmi da quando siamo usciti di casa.”
“Va tutto bene.”
“Bugiardo.” Replicò lei con un sorriso, al che Theo si sciolse. L’attirò a sé e la bacio con estrema passione per confessarle le emozioni che non riusciva ad esprimere in quel momento. Aranel approfondì il bacio passandogli le mani sulla nuca.
“Resta viva, stellina.”
“Andrà tutto bene.”
Theo le stampò un bacio sulla fronte e l’abbraccio, l’angoscia di perderla che gli gravava sulle spalle come l’ascia di un boia.
“Jack e Rose, avete finito di sbaciucchiarvi? Abbiamo dei ricordi bastardi da riprendere!” gridò Roxy a qualche metro da loro. Si radunarono in riva e, mentre i tre lupi si spogliarono di scarpe e maglie, Aranel indossò due maglioni e una felpa per tenere il freddo il più distante possibile. Zakhar fu il primo ad entrare in acqua, poi fu la volta di Roxy, ed infine Theo trascinò Aranel. Si fermarono quando non toccarono più il fondo.
“Adesso che facciamo?” domandò la ragazza dai capelli turchesi rivolgendosi ad Aranel, che nel frattempo era terrorizzata dall’assenza di terra sotto i piedi.
“Adesso ci immergiamo per intero, chiudiamo gli occhi e aspettiamo di perdere i sensi.”
“Buona fortuna.” Disse Zakhar, e l’attimo dopo si era calato in acqua. Roxy fece lo stesso un attimo dopo. Theo strinse la mano di Aranel e le baciò il dorso.
“Ci vediamo tra poco, stellina.”
Si addentrarono insieme nell’acqua scura che li inghiottì senza esitazioni.
Zakhar.
Quel sabato mattina era soleggiato e sembrava che l’allegria si diffondesse attraverso la brezza autunnale. Era settembre e, mentre lui ritornava da una missione in Iraq, gli studenti e gli insegnanti si preparavo al rientro a scuola. Sua moglie Sasha insegnava chimica al liceo statale di New York da un paio di anni, era entusiasta del lavoro e lui ne era felice. Quella sera si sarebbe tenuto un falò in spiaggia per l’inizio dell’anno scolastico e lei aveva insistito perché vi partecipassero insieme dopo aver vissuto per otto mesi distanti, al che lui aveva accettato senza ripensamenti. Sasha era una donna formidabile, bellissima e con un carattere amorevole. Benché Zakhar provenisse da una famiglia disfunzionale poco protesa all’affetto, lei lo aveva accolto nella sua vita con immenso amore. Trascorsero la giornata in giro per la città, pranzarono in un ristorante carino, comprarono qualche capo di abbigliamento estivo e verso le otto di sera si prepararono per la festa. La spiaggia era già gremita di adolescenti che bevevano e professori che chiacchieravano tra di loro. Sasha scansò un gruppetto di ragazze che ridacchiava e barcollava a causa del troppo alcol assunto.
“Non so se preferire un ordigno o questi ragazzi.” Esordì Zakhar, e sua moglie scoppiò in una risata cristallina.
“Avanti, musone, cerca di divertiti. La vita è breve.”
“Mi sei mancata tanto, amore mio.”
Sasha gli regalò un bacio candido sulle labbra e poi lo guidò verso la riva del mare.
Fu solo allo scoccare della mezzanotte che il falò venne acceso. La pira di legno bruciò in fretta mentre tutti incitavano il fuoco a divampare con grida e fischi. Una ragazza dai capelli turchesi sbadatamente gli andò addosso e Zakhar, intento a rimproverarla, si sentì un groppo in gola nel notare che stava singhiozzando. Prima che potesse dirle qualcosa, la ragazza si era già avvicinata ad una tanica di birra.
“Zakhar, andiamo? Sono esausta.”
“Andiamo.”
Una volta nel loro appartamento, filarono a letto senza perdere tempo, erano entrambi molto stanchi. Intorno alle due di notte Zakhar si svegliò quando, tastando l’altra parte del letto, non toccò il braccio di sua moglie. Il letto era vuoto e la casa era silenziosa. Ispezionò la cucina, il soggiorno e il bagno, ma di Sasha non vi era traccia. Avvertì un tonfo in giardino, come se qualcuno avesse lanciato di sotto qualcosa, e corse in mansarda. La finestra era aperta e la polvere del pavimento segnalava due impronte di piedi. Zakhar osò guardare giù. Il suo cuore smise di battere. Sasha era morta.
Roxy.
“Signore, ti ringraziamo per questa cena e per tutto il cibo che ci doni. Ti ringraziamo per la vita che ogni giorno ci doni, per la speranza, la misericordia e l’amore che riversi su di noi. Amen.”
Suo padre fece cenno loro di iniziare a mangiare e in pochi secondi i piatti si riempirono, eccetto quello di Roxy, la quale non aveva fame. Sua madre le accarezzò i capelli turchesi e le sorrise.
“Roxanne, non mangi?”
“Non ho fame stasera. Scusatemi.”
“Mangia qualcosa, su.” Le impose suo padre col suo solito torno scorbutico. Roxy ingoiò a fatica il cibo e bevve più acqua del normale per deglutire.
“Devo dirvi una cosa.”
“Hai intenzione di cambiare tinta?” scherzò suo fratello Jason, addentando l’ennesimo tozzo di pane. Roxy prese un respiro, il momento della verità era arrivato. Doveva liberarsi di quel peso.
“Io sono lesbica.”
Improvvisamente il rumore delle posate contro i piatti si interruppe. Sua madre iniziò a piangere in modo sommesso e guardò suo marito.
“Non sei divertente, Roxanne.” Tuonò la voce burbera di suo padre, quasi volesse schiaffeggiarla con le parole. Jason le rivolse uno sguardo di disprezzo.
“Non è uno scherzo. E’ la verità. E’ da un anno ne ho piena consapevolezza e non riesco più a nasconderlo. Mi piacciono le ragazze, ne sono più che sicura.”
Roxy scappò di casa una decina di minuti dopo con gli occhi che affogavano nelle lacrime. I suoi genitori l’avevano ripudiata e suo fratello l’aveva colpita al viso scagliandole contro un bicchiere di vetro. Sconvolta e impaurita, si recò in spiaggia per ubriacarsi fino a dimenticare. Riconobbe da lontano Robert, il suo compagno di chimica, e andò da lui perché distribuiva la birra. Sbatté contro la spalla di un uomo ma non gli diede peso, voleva soltanto che quella serata finisse nel dimenticatoio.
Quando il falò prese fuoco, Roxy era già sbronza. Canticchiava cose senza senso e a malapena si reggeva in piedi. Accanto a lei, seduta su un asciugamano, una ragazza stava leggendo.
“Ehi, principessa, sei qui per divertirti e non per leggere i tuoi stupidi libri!”
“Quella stupida sarai tu, non i miei libri!” replicò la ragazza con stizza, poi raccattò le sue cose e camminò verso il carretto della limonata. Roxy cadde sulla sabbia, non sentiva più i muscoli e la testa le girava, nel giro di pochi secondi si addormentò tramortita dall’alcol. Si risvegliò all’incirca alle due di notte, si asciugò la bava ai lati della bocca e si rimise in piedi lentamente. La festa proseguiva senza interruzioni, ma lei non aveva più voglia di festeggiare e iniziò a camminare verso la scuola in cerca di una panchina su cui dormire. Un tonfo attirò la sua attenzione e i suoi occhi si illuminarono di un giallo intenso, non era ancora capace di controllare i suoi poteri da licantropo. Il suo udito individuò l’origine del rumore involontariamente e Roxy, sebbene ancora ubriaca, vide il corpo di una donna spiaccicato al suolo. Un uomo dalla mansarda guardava verso il basso con le mani tra i capelli.
Theo.
Passò in rassegna i volti di tutte le ragazze che scorrazzavano di qua e di là per raggiungere la festa in spiaggia, ma per il momento l’oggetto della sua ricerca non si era ancora fatto vedere. I Dottori del Terrore gli avevano comunicato pochi giorni prima che sarebbero tornati a Beacon Hills per completare gli esperimenti, creare nuove chimere ed eliminare il branco di Scott McCall. Prima di spostarsi, gli avevano affidato un incarico: uccidere Aranel Jones, la migliore amica di Scott e Stiles. In questo modo il dolore per la perdita avrebbe indebolito il branco.
“Aranel, muoviti! Paul è appena arrivato e io vorrei parlargli!” borbottò una ragazza di colore alla sua amica. Theo sorrise: Aranel si stava dirigendo al falò.
“Paul è un maschilista e un sessista radicale, io ne resterei lontana.”
“Sarà anche quello che dici tu, ma è il ragazzo più carino della scuola.”
La ragazza piantò Aranel nel bel mezzo della spiaggia in uno stato di totale imbarazzo, andare alle feste non era tra le sue attività preferite. Theo, allora, colse l’occasione e si avvicinò a lei sfoderando il sorriso più magnetico che avesse a disposizione.
“Hai ragione, sai.”
Aranel lo squadrò dalla testa ai piedi e si accigliò. Un ragazzo così non avrebbe mai parlato con una come lei.
“Sì, certo.” Disse lei, incamminandosi verso la riva. Theo l’affiancò con le mani in tasca e un sorriso divertito.
“Ti serve qualcosa, sconosciuto?”
“Io sono Theo e tu sei Aranel, adesso non siamo più sconosciuti.”
“Come sai il mio nome?”
“La tua amica ti ha chiamata prima che ti mollasse per quell’idiota di Paul.”
Aranel sorrise timidamente.
“D’accordo, Theo. Io me ne torno a casa. Buona serata.”
“Aspetta! Lascia che io ti offra da bere!”
“E’ così che seduci le ragazze?!”
Theo rimase interdetto, nessuna ragazza lo aveva ignorato sino ad allora. Sapeva di essere bello e che il suo fascino traeva in inganno tutte, ma quella sera Aranel fece vacillare quella certezza.
“Sì, di solito funziona così. Con te no.”
“Con me questi giochetti non attaccano. Chi ti manda? Paul? La squadra di nuoto? Jessica?”
“Tu credi che questo sia uno scherzo dei tuoi compagni?”
Aranel incrociò le braccia come a volersi consolare da sola, abbassò gli occhi e scosse la testa.
“Non sarebbe la prima volta che qualcuno si prende gioco di me.”
La tristezza che traspariva da quelle parole fece tentennare i propositi di Theo. Quella ragazza soffriva molto e causarle altre ferite non era giusto.
“Scusa per averti dato l’impressione che fosse uno scherzo. E’ meglio che vada. Ciao, Aranel.”
Durante il tragitto verso il parcheggio si diede dello stupido perché aveva disobbedito ai Dottori e per questo lo attendeva una punizione crudele. Nonostante provasse odio per Scott, non aveva il coraggio di uccidere Aranel. Quella ragazza non meritava di accumulare dolore su dolore, meritava una vita tranquilla. La immaginò piangere a dirotto per gli insulti e per gli scherzi dei suoi compagni, e stranamente provò una rabbia incredibile. Doveva tornare da lei e assicurarsi che nessuno le facesse del male mai più.
Aranel.
Dopo che Theo se ne fu andato, si sedette su un asciugamano in riva al mare per terminare ‘’Il Grande Gatsby’’ in pace. Accanto a lei, traballante e rumorosa, una ragazza trangugiava una birra tutta ad un fiato.
"Ehi, principessa, sei qui per divertirti e non per leggere i tuoi stupidi libri!” biascicò la ragazza dai capelli turchesi.
“Quella stupida sarai tu, non i miei libri!” replicò Aranel con stizza, poi raccattò le sue cose e camminò verso il carretto della limonata. Leggere ad una festa non era stata una grande idea. Pagò la sua limonata, ne prese un sorso piccolo e si accomodò su una panca di legno. Quando fu sul punto di bere ancora, la bevanda le esplose in faccia e il bicchiere di carta si piegò. La squadra di nuoto l’avevo intenzionalmente colpita con il pallone.
“Ehi, sfigata, non sai neanche bere!” la canzonò Paul, facendo ridere i suoi amici.
"Guardate, la figata se l’è fatta addosso!”
Alzandosi dalla panca, Aranel costatò che la limonata le aveva imbrattato la maglia e in pantaloni nella zona della cerniera. Tutti la stavano indicando e la deridevano, era un agnello al centro di un branco di lupi. Non si trattenne e proruppe in lacrime.
“Adesso basta! Lo spettacolo è finito!”
Aranel sentì un braccio avvolgerle le spalle e rimase sorpresa quando Theo le sorrise.
“Andiamo, amico, ci stavamo solo divertendo.” Disse Paul. A Theo, però, non faceva ridere, così afferrò la borsa di Aranel e le strinse la mano. La ragazza stava tremando.
“Vieni, Aranel.”
“Dove credi di andare, sfigata? Da lunedì ti tormenteremo di nuovo!” urlò Paul e tutti gli altri risero ancora e ancora. Theo, mosso da una rabbia cieca, agguantò Paul per il colletto della maglia e gli tirò un pugno tanto forte da rompergli il naso. Tutti smisero di ridere.
“Se le dai ancora fastidio, giuro che torno qui e ti ammazzo con le mie mani.”
Paul che sbraitava fu l’ultima cosa che Aranel vide prima di lasciare la spiaggia e andare al parcheggio. Theo teneva ancora le dita intrecciate alle sue in una presa salda e con il pollice le accarezzava il dorso della mano.
“Grazie.” Sussurrò Aranel imbarazzata.
“Quello stronzo se le meritava una lezione. Sta tranquilla, non ti darà più problemi.”
La ragazza si fermò e lui si girò per controllare che fosse tutto a posto, non la voleva più vedere piangere. Inaspettatamente Aranel gli circondò la nuca con le mani e lo baciò, le sue labbra calde e tremanti su quelle morbide e decise di lui. Durò un istante, ma fu come se una miriade di fuochi d’artificio gli fosse esplosa nel cuore. Prima che uno dei due potesse parlare, un tonfo richiamò la loro attenzione.
“Che cos’è stato?”
“Andiamo a vedere.”
Ancora mano nella mano, seguirono un vialetto ornato da rose bianche e raggiunsero una casa. Appiattito al suolo, in una posizione innaturale, giaceva il corpo di una donna. Oltre a loro, una ragazza dai capelli turchesi e un uomo alla finestra guardavano il cadavere. Theo in cuor suo sorrise vittorioso, aveva appena trovato la soluzione per evitare di uccidere Aranel. Avrebbe portato ai Dottori il corpo della donna morta spacciandola per la migliore amica di Scott e Stiles.
Roxy fu la prima a tornare a riva, si gettò sui sassi e allungò le mani verso il fuoco per riscaldarsi. Il secondo a toccare la terra ferma fu Zakhar, che si coprì con una coperta e si sistemò accanto alla sua amica. Infine, Theo uscì dall’acqua con Aranel svenuta tra le braccia. La depose su un telo e poggiò l’orecchio sul suo petto: il battito c’era ancora. Le sue labbra erano blu, era pallida e fredda. La schiaffeggiò leggermente sul viso per farla rinsavire.
“Aranel, svegliati!”
“Che succede? Perché non si sveglia?” domandò Roxy in preda all’ansia, non sopportava l’espressione spaventata del suo migliore amico. Zakhar, invece, non si mosse, era ancora sconcertato dai ricordi riaffiorati.
“Stellina, per favore, apri gli occhi! Aranel!”
Aranel boccheggiò in cerca di aria e sputò l’acqua che aveva ingoiato, poi la aiutarono a mettersi seduta e Roxy la coprì con due coperte. Theo se la strinse al petto con la paura che gli attanagliava ancora lo stomaco.
Salve a tutti! ^_^
Ho voluto riproporre alcuni elementi apparsi nella serie tv perché, a mio dire, sono stati i più interessati.
Chissà a cosa servono questi ricordi, voi lo saprete solo leggendo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
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A touch of light 2 || Theo Raeken
FanfictionNathaniel Hawthorne ha sostenuto che "il passato giace sul presente come il corpo morto di un gigante", e Theo è ben consapevole del peso. Aranel era convinta che potessero ricominciare daccapo insieme ma i demoni del passato non si assopiscono mai...