Routine

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(La Canzone di Anna - Fabi Silvestri Gazzè)



Lunedì 24 marzo 1986

6.15

Suonò la sveglia e, svogliatamente, mi alzai dal letto.

Era già lunedì ed iniziavo il lavoro alle 7.30.

Lavoravo cinque giorni su sette in una libreria piuttosto fornita alle direttive di un signorotto di mezza età, tale Benjamin Walker, insieme ad un paio di ragazzi, Jane e Daniel. Lo stipendio non era male per quello che dovevamo fare: gestire la cassa, effettuare i nuovi ordini, raccogliere prenotazioni, sistemare i volumi per materia, genere, autore, cercando di renderli accattivanti, pulire le vetrine e gli scaffali, appendere volantini e conoscere quello con cui trattavamo, il che era probabilmente la cosa più difficile.

I libri sono tanti, di cui i classici più o meno conosciuti, ma che dire dei nuovi romanzi?

Che dire a quel cliente che sta cercando l'avventura più adatta a sé? Che cosa al bambino che sta imparando o allo studente già stanco della scuola?

Avevo finito il liceo solo due anni prima, due anni in cui erano cambiate tante cose e che sembravano un'eternità.

Mi spogliai prima di entrare nella doccia e mi guardai allo specchio: ero consapevole di non essere la bambola che gli altri volevano vedere in me.

Voltai le spalle ed iniziai a lavarmi.

Avevo bisogno dei soldi che guadagnavo.

Avevo concesso a mio padre di aiutarmi con il trasferimento: mi aveva pagato i primi sei mesi dell'affitto e le spese base, poi, avendo accumulato qualcosa, avevo rifiutato i suoi soldi e preteso autonomia.

Mi piaceva: ero riuscita a costruire delle abitudini mie e a diventare vera padrona di quello che avevo attorno, consapevole delle entrate, delle uscite, dalle bollette al cibo e ai vestiti, fino ai piccoli vizi come la busta di tabacco, le cartine e i filtri per le mie sigarette o il Martini che almeno ogni sabato sera prendevo in qualche locale, da sola o in compagnia.

Uscii e mi circondai dall'asciugamano prima di prendere il pettine.

O meglio ancora il vino rosso di quel locale italiano in cui mi sarebbe piaciuto così tanto cantare.

Era carino, scuro, con un pianoforte a parete ed un piano rialzato per le esibizioni.

Nulla di esagerato, nulla come i Guns and Roses, ma smooth jazz, blues, che ti prendeva e ti coccolava sensualmente sulla scia di quell'accenno malizioso...

I Guns e la voce di Rose invece ti portavano direttamente all'orgasmo.

Vestiti, trucco e poi al lavoro.




11.28

-Elizabeth!-

Sobbalzai sulla sedia mentre Adriana appoggiava violentemente le mani al bancone davanti a me. Alzai gli occhi verso i suoi per fulminarla, ma lei non cedette.

-Dove diavolo sei sparita ieri sera?!-

-A casa-

-A casa...- prese un respiro profondo cercando di calmarsi -A casa?! Ellie avevi promesso c-

-Che avrei assistito al concerto, anzi, che ti avrei fatto compagnia mentre suonavano, quindi non hai nulla da rinfacciarmi- sorrisi sfacciata.

-Stronza-

ElizabethDove le storie prendono vita. Scoprilo ora