Si misero in cammino: il panettiere aveva detto loro di andare verso Nord per trovare “Le Cascate della Dea”. Si avviarono stavolta a piedi: l’orca volante era ritornata a casa. Dopo poche ore, che camminavano si ritrovarono in un campo fiorito: c’erano fiori di tutti i colori. Scorsero un grande santuario di pietra in mezzo alla valle fiorita. Si avvicinarono ed entrarono; non era un santuario qualsiasi: era una specie di convento dedicato all’angelo sacro Eistibus: quello della città delle magie dimenticate. Al suo interno era grande, buio e molto danneggiato: panche di legno scaraventate contro i muri, mattoni e intonaco per terra, polvere ovunque; al suo interno l’unica cosa non distrutta era un grande affresco di uno strano angelo: aveva al posto della testa una grande sfera metallica grigie e lucente, sospesa dal corpo, un mantello che gli copriva quasi tutto il corpo, blu con le costellazioni raffigurate, un bastone di quello che sembrava legno blu, una sfera metallica bianca posta all’altezza del cuore ed uno strano cerchio intorno al collo. Ai piedi dell’affresco c’era inciso un nome: “Eistibus”. Si respirava una stana aria inquietante. Continuarono ad esplorare quella specie di convento. Salirono delle scale in pietra bianca e si ritrovarono davanti ad un lungo tavolo. Intorno al tavolo vi erano delle sedie e sulle sedie vi erano seduti degli scheletri; 6 scheletri, tutti di donne dai loro nomi:
-la prima: “Claudia” aveva dei vestiti viola ed una bandana in testa, davanti a lei sul tavolo vi era un mazzo di carte;
-la seconda: “Marta” aveva dei vestiti molto eleganti ed una parrucca sulla testa; la testa a sua volta era staccata dal corpo e posta sul tavolo davanti a lei.
-la terza: “Anna” aveva anch’essa dei vestiti eleganti e blu, con una parrucca molto alta sulla testa, stavolta attaccata al corpo;
-la quarta: “Agnese” aveva un vestito nero da uomo molto elegante, con un papillon al collo, sul tavolo, davanti al corpo vi erano pezzi ed ingranaggi di metallo.
-la quinta: “Erica” aveva un casco con delle corna da vichingo che copriva interamente il cranio, un’armatura in ferro e sul tavolo davanti a lei c’era un bastone di legno e con dei rinforzi in ferro con un teschio con degli spuntoni in uno dei due capi.
-la sesta: “Sara” aveva due corna e uno scheletro di un serpente intorno al braccio.
I loro nomi erano su dei segnaposti in ferro un po’ arrugginito. Lo spettacolo era macabro: stavano lì come se fossero state interrotte durante un pranzo o una riunione. Decisero che era meglio uscire da quel posto così inquietante e mentre uscirono videro che sulla parete d’ingresso, vi era un affresco che non avevano visto quando erano arrivati; era diverso dall’altro infatti in questo vi era raffigurato quel che sembrava un demone: un teschio dorato come testa, con sopra una corona con dei pezzi di tessuto attaccati per coprire gli occhi, un corpo davvero strano: sembrava uno scheletro, ma il costato sembrava di metallo e le 4 braccia sembravano ancora con muscoli e carne; dei bracciali incisi sui polsi, una spada di luce che lo trapassava e rimaneva incastrata nel suo costato con un piccolo essere rosso con un occhio solo simile ad un demone, dentro ad una specie di ampolla collegata con dei tubi metallici al resto del corpo, quest’ultimo che gli teneva la spada di luce: come se fosse un fodero per l’arma; ai piedi dell’affresco vi era inciso un nome: “Naqae”; non sembrava un angelo, ma neanche un demone: era troppo strano per essere qualsiasi cosa, traumatizzati da tutto ciò che videro lì dentro; decisero di proseguire per: “Le Cascate Della Dea”. Uscirono, e i fiori del campo erano improvvisamente tutti appassiti. Tutto ciò che avevano visto, non aveva un senso infatti: erano rimasti dentro quella struttura per poco tempo, eppure i fiori erano improvvisamente appassiti: era meglio proseguire il viaggio. Tornarono sulla strada sterrata e ogni tanto vedevano come dei piccoli altari ai bordi del sentiero. Dopo poche ore di viaggio, scorsero in lontananza: una specie di oasi in mezzo all’immensa valle coperta di fiori. Più si avvicinavano, più notavano la differenza tra quell’oasi e la valle fiorita. Finalmente erano a pochi metri da quel posto; dove vi era un cartello di ferro arrugginito, con scritto: “Le Cascate della Dea”. Vi stavano per entrare quando una specie di spirito: un fantasma di donna vichinga impugnando un bastono di legno rinforzato con placche di metallo e con uno teschio con degli spuntoni su uno dei due capi; Ionut, Shisha e William, non potevano crederci: il suo vestiario e la sua arma erano uguali a quelle di uno degli scheletri seduti intorno al tavolo del convento. Lo spirito andava da loro con occhi di fuoco, ed aria minacciosa, sembrava che li volesse colpire con la sua arma; era ad una spanna da loro quando Ionut si ricordò il nome inciso su quel pezzo di metallo arrugginito: “Erica” e Ionut urlò: “Ferma Erica!” Quello spirito si fermò: gli occhi blu intenso fissavano stupiti Ionut da dietro quell’elmo da vichinga e lei disse a gran voce: “Tu, ragazzino! Come sai il mio nome?” “Vedi, mentre stavamo venendo qua, abbiamo visto una specie di convento: ci siamo entrati ed in una stanza vi erano 6 scheletri ed ognuno di loro era vestito in maniera particolare o aveva degli oggetti strani sopra il tavolo. E sul cadavere di una ragazza vestita da vichinga e con il tuo stesso bastone, vi era un segnaposto con scritto: “Erica.”” “Ok, allora venite con me!”. I ragazzi seguirono quello spirito: sembrava quasi una ragazza in carne ed ossa se non fosse stato per l’aura misteriosa che la circondava. Fecero pochi passi, quando vi trovarono in un paradiso terreno: una cascata blu intensa che risplendeva sotto i raggi del Sole, prati verdi con alberi di ogni tipo: palme da cocco, meli, ciliegi ecc… sopra la cascata, vi era un altro spirito: era una donna non molto alta, con la propria testa sulla mano sinistra e con la mano destra che salutava come se fosse una regina, allora Ionut fermò Erica e le chiese: “Quella lassù è Marta, vero? Perché è senza testa e sta salutando in quella maniera?” “Si, lei è Marta, è morta decapitata perché credendo di essere una regina, era andata a corte per cercare di ucciderla, pensando che quella vera fosse solo una impostora, e quindi ancora adesso crede di essere la vera regina, per questo saluta in quella maniera tutto il tempo… Non è cattiva, qualche volta parla, ma non è molto comune, poi possiede un potere potentissimo: quello della “stella polave”” “Oh, poverina… ma cosa sarebbe questo potere?” “Non lo so bene con certezza, ma l’ultima volta che ci ha attaccato un demone, Marta è stata l’unica a riuscire a fermarlo: l’ha eliminato come se fosse un granello di polvere.” “Ma come mai vi ha attaccato un demone?” “te lo spiegherà Claudia: lei è quella che si ricorda meglio.” “Ma scusami, quanti siete qui? E cosa significa che Claudia ricorda meglio?” “Siamo in 6: io, Marta, Claudia, Agnese, Anna e Sara… Te lo spiegherà lei cosa significa.”. Si avvicinarono allo specchio d’acqua sotto alla cascata dove vi era una delle due donne vestite elegantemente e con una parrucca alta, Ionut si avvicinò e disse: “Anna” quella donna che si stava specchiando in acqua si pietrificò a quelle parole, si alzò in piedi e si girò verso Ionut; e con aria sorpresa ma felice disse: “Oh, abbiamo visitatori… Cosa ci fate qui? Come sapete il mio nome?” “Anna, non è il momento, sanno i nostri nomi. Comunque, non ve lo ho ancora chiesto: Perché siete venuti in questo posto sperduto?” “Beh, vede signorina Erica, io starei cercando “le magie dimenticate”: mi servono per liberare una nostra amica.” “Ah, quindi voi siete qui, per quel globo luminoso, giusto?” “In che senso globo luminoso?” “Una regina, tempo fa, ci consegnò una sfera luminosa, dicendoci che era una magia dimenticata e che ci sarebbe servita, e a quanto pare, non si sbagliava.” “Perché dici che non si sbagliava? Cosa è successo?” “Non ricordo con certezza, le uniche che si ricordano di più sono: Marta e Claudia, ma visto che la prima non parla, chiederemo a Claudia. Ora basta chiacchiere e andiamo!” “Oh, se andate a parlare con Marta, potreste dirle che la sto aspettando ancora per quel tè: l’ho invitato molto tempo fa, ma non è mai venuta da me; si deve essere dimenticata, però se andate a parlare con Marta, ditele di venire il prima possibile.” “Certamente, signorina Anna.” Disse Ionut con voce gentile. Andarono dentro una grotta dove vi trovarono una specie di piccola carrozza nera, Erica bussò alla piccola porta posteriore e ne uscì una ragazza bellissima: lunghi capelli ricci, una bandana viola portata in testa dei vestiti molto strani colorati con varie tonalità di viola e due grandi cerchi d’oro come orecchini, degli occhi piccoli, gentili e marroni, delle labbra fine e una naso aggraziato, aveva una corporatura magra e bellissima: non sembrava neanche un essere umano; somigliava più a una Dea. Quando si rese conto che c’erano altre persone, con aria felice, disse: “Erica, come mai non li hai ancora uccisi? Non ci riesci?” disse ridendo e abbracciando l’amica con aria affettuosa. “Comunque, il mio nome è…” “Claudia” disse Ionut scandendo le lettere e con voce chiara; la ragazza con una faccia sorpresa, chiese: “Come fai a saperlo giovane? Perché siete qui? Cosa volete?” “Lo abbiamo letto su delle targhette arrugginite in un convento dove vi era un tavolo con degli scheletri vestiti in maniera particolare, e per caso, siamo capitati qua; o meglio: siamo venuti per prendere “la magia dimenticata” di questo posto…” “Oh, quindi le carte non mentivano.” “Quali carte?” “Dovete sapere, che io sono una cartomante; la mia famiglia o era da generazioni, finché non vennero tutti catturati e uccisi: io venni salvata… e le carte ultimamente, mi hanno detto che sarebbe presto giunta la nostra salvezza.” “Salvezza, perché?” “Allora, iniziamo con la storia: qui, siamo in sei: Anna, Agnese, Sara, Erica, Marta e me; ma prima, non eravamo qui: eravamo nel convento che avete trovato. Era stato l’angelo Eistibus a salvarci tutti e ad accoglierci in quel convento; tutte noi eravamo sfuggite alla morte solamente grazie a lui: siamo state tutte quasi uccise a causa degli uomini e per motivi futili: io perché potevo prevedere il futuro e attraverso le mie carte potevo sferrare maledizioni ed attacchi potentissimi, ma non lo facevo contro nessuno, mi hanno ucciso solo perché per loro non ero “normale”. Anna: uccisa durante la Rivoluzione francese, solo perché era moglie di un ricco nobile; lei ha sempre adorato l’acqua: il marito aveva acquistato una reggia sul mare solo per farla nuotare, e lei piano piano, sviluppò poteri per controllare l’acqua, e quando la Rivoluzione francese scoppiò, lei e il marito vennero fucilati insieme, ma venne salvata da Eistibus. Agnese: la donna più intelligente mai esistita, riusciva a costruire qualsiasi oggetto attraverso scarti di materiali, risolvere operazioni matematiche difficilissime era addirittura riuscita ad inventare una formula che attraverso l’aggiunta di un componente chimico, qualsiasi materiale ritornava nuovo, riciclabile e si moltiplicava per centinaia di volte: però quando scoprirono tutto questo, la uccisero; sapeva troppo, era pur sempre una minaccia, la impiccarono e fecero finta che fosse stato un suicidio. Marta: era un po’ pazza: credeva di essere la regina di Inghilterra, ed un giorno entrando a corta, cercò di uccidere quella vera, perché pensava fosse un’impostora; lei ha un potere, che usò solo una volta… quella volta… quello della “stella polave”; è ancora un po’ pazza e crede di essere ancora la regina, per questo sta tutto il tempo sopra la cascata a salutare in quel modo. Erica: la migliore guerriere vichinga del suo esercito, poteva uccidere decine di guerrieri con una sola mazzata della sua arma: in realtà è aiutata dallo spirito della guerra; è lei che uccide i possibili visitatori “ostili”; comunque, venne uccisa dal proprio esercito poiché iniziava a diventare una minaccia perfino per loro, quindi con una potente preghiera, venne uccisa dagli spiriti ed Eistibus la salvò portandola al convento. Sara: una donna che abitava nel “mondo esoterico”; nel suo mondo, credevano che fosse un demone perché usava “strane magie”, quindi una volta giunta nel mondo esoterico, si ambientò bene, fino a che, un giorno non fece a parole con la Lilith e Sara la uccise, assorbendone i poteri; gli angeli sacri decisero di esiliarla anche da lì, Eistibus, l’unico contrario a ciò, la accolse nel “suo convento”. Quindi, se siamo morte, non è perché facemmo qualcosa di male: era solo il mondo che non ci capiva.” Una lacrima le scese il volto, nel frattempo fecero la conoscenza delle altre ragazze che erano giunte lì sentendo la voce di Claudia. La prima a presentarsi fu Sara: “Ehi! Finalmente ci sono dei visitatori: io sono Sara!” disse lei con voce entusiasta e con aria energica, era una ragazza bassa, asiatica, con un naso dolce, degli occhi scurissimi e dei lunghi capelli neri. Poi fu il turno di Agnese: “Buongiorno: io sono Agnese Roldan: Inventrice, scrittrice, saggista, chimica, scienziata, biologa e matematica. Comunque, se avete bisogno di qualcosa, non esitate a chiamarmi, anche da un altro mondo.” Disse la ragazza, porgendo una sfera di metallo bronzato con un lato di azzurro lucido a Ionut; era una ragazza magra, non molto alta, con dei capelli scuri, mossi e lunghi fino alle spalle, un viso insolito, ma nella sua non comunità, affascinante; vestiva degli abiti eleganti ma strani, con un papillon al collo. Anna e Marta, erano vicine, con Anna che parlava all’amica, senza ricevere risposta, pregandola di prendere un tè insieme. Marta li salutò con il suo solito saluto da regina con la mano destra, con la sua testa mozzata sulla mano sinistra: era bassa, con una parrucca plumbea e un fisico formoso, degli occhiali e un naso piacevole alla vista; il vestito era elegante ma allo stesso tempo esageratamente pomposo. Claudia mise sopra una fiamma blu una specie di bollitore d’osso, aggiunse dell’acqua e ci mise dentro delle erbe che aveva dentro al suo cocchio nero e le mise dentro al bollitore, poi tutti insieme andarono sulla cima della cascata. Giunti lì sopra, Claudia disse: “Ora io vi spiegherò cosa successe.” Disse con voce chiara, anche se si percepiva una nota malinconica. Prese un sacchetto che aveva attaccato sulla cintura e accese una piccola fiamma blu come quella dove vi era stato posto il bollitore poco prima. Prese un pugno di una polvere verde che era nel sacchetto e la gettò sul fuoco, iniziando allo stesso tempo a raccontare la storia, e mentre parlava le fiamme disegnavano gli eventi narrati. Claudia, iniziò a raccontare: “Quando ognuna di noi venne uccisa, Eistibus, ci portò in quel convento che avete visitato, ci fece curare da piccoli angeli con ali dorate, e ci insegnò a potenziare i nostri poteri: lui era uno degli angeli sacri, e ci stava aiutando, non potevamo crederci: noi quelle uccise dagli uomini, eravamo state salvate e aiutate da un angelo sacro; ci sembrava impossibile, ma era reale. Ogni notte, degli spiriti demoniaci, ci attaccavano, ma Eistibus, aveva pensato anche a quello: ci mise una cupola magica protettiva; potevano entrarci solo gli angeli servitori di Eistibus, vivevamo davvero bene con lui… Eravamo felici…” Claudia si interruppe e si asciugò gli occhi con la manica del suo vestito e dopo pochi secondi di pausa, continuò a raccontare: “Tutto era così bello e vero, finché… un giorno; un giorno come gli altri, mentre stavamo mangiando, Lo scudo si ruppe: non sappiamo perché, ma poi un angelo servitore, ci disse che Eistibus era stato ucciso: o meglio era scomparso nel nulla. Quindi ci preparammo mentre quei piccoli demoni, capitanati da un demone stranissimo; mai visto: un “Naqae”; un demone cacciatore di taglie che uccide chiunque gli venga commissionato; ma non era un demone cacciatore qualsiasi: era il demone cacciatore che Eistibus imprigionò millenni prima e che aveva finito di scontare la sua pena, e che credendo che Eistibus fosse lì con noi, decise di venire e uccidere lui, i suoi angeli e noi. Dopo qualche minuto, giunsero alla porta, scaraventò le panche all’entrata e distrusse pareti, danneggiò un pochino dell’affresco di Eistibus, i mobili: tutto. Noi combattemmo unite, contro i piccoli demoni e li uccidemmo tutti, finché non ci trovammo faccia a faccia con il “Naqae”: era mostruoso, spaventoso, orribile, combattemmo finché non fummo stremate e a quel punto, lui sparò un raggio al plasma potentissimo verso di noi: ferite e stanche. Pensavamo di essere spacciate, il raggio stava per colpirci, quando Marta si tirò su da terra velocemente e si mise davanti al raggio come per farci da scudo: non capivamo perché lo stesse facendo, ma all’improvviso gli occhi si illuminarono di argento e dalla testa mozzata, sparò una piccola sfera plumbea, circondata da un’aura di energia grigia e con un raggio che congiungeva la piccola sfera alla testa mozzata e respinse il raggio al plasma del “Naqae” lo rispedì quasi del tutto indietro, ma successe un imprevisto: la piccola sfera di energia esplose, e scoprimmo tutta la potenza del potere della “stella polave”: fece dividere il nostro spirito dalla carne e ci portò in questa oasi; ma i nostri corpi sono là e senza di essi, non possiamo abbandonare questo luogo… Cioè, quel giorno, si ripete all’infinito, ma non per la parte di spirito che è qui ora, ma per quelle rimaste là: loro rivivono quel giorno all’infinito in una dimensione divisa dalle altre; una dimensione nella quale solo Marta può far accedere le persone con il suo potere.” “Ma quindi, noi come facciamo ad aiutarvi?” “Beh, noi non siamo abbastanza potenti per battere quel demone, quindi, dato che la profezia vi aveva nominato, dovreste andare voi e uccidere il demone: solo quando l’incubo sarà finito, noi ritorneremo nei nostri corpi, e potremmo vivere libere; so che vi chiedo molto, però vi prego, anzi, vi preghiamo: andateci per noi e salvateci dall’incubo: al ritorno, se sarete ancora vivi come la profezia ha narrato, dovreste riuscire a prendere la sfera: dovete sapere, che quella sfera, è rimasta all’interno del convento, e venne mangiata dal demone. Quindi, se voi riuscite a salvarci, avrete il vostro globo o come lo chiamate voi “magia dimenticata.” “Certamente: voglio e devo salvarvi, non solo per voi, ma anche per Giorgia, finché non la salverò, non mi darò pace.” Incredibilmente, Ionut lo disse senza tentennare, forse era cresciuto, non temeva più i pericoli che poteva incontrare, o forse quelle sfere, lo avrebbero fatto crescere internamente; Shisha e William erano d’accordo con lui: nel viaggio di quel mondo, si erano incredibilmente uniti: i bei e brutti momenti che avevano vissuto insieme, li stavano unendo in una maniera che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a fare: erano diventati davvero dei buoni amici. Ionut, Shisha e Will entrarono nel laghetto d’acqua limpida sotto la cascata, e bevvero quella tisana che aveva preparato Claudia: serviva per farli restare sempre coscienti e per non rischiare di non farli più tornare. Marta dall’alto della cascata, sparò la sua sfera: la “stella polave”, mentre le altre con potenti preghiere cercavano di potenziarli per la battaglia. Tutti sapevano a cosa stessero andando incontro, ma non erano spaventati per niente. La sfera colpì l’acqua dove vi erano Will, Shisha e Ionut, e in pochissimi secondi: quando riaprirono gli occhi, vi trovarono dentro a quel convento; era diverso da come lo avevano trovato la prima volta: le panche erano al loro posto, le pareti non erano bucate, c’erano piccoli angioletti che svolazzavano qua e là pulendo, gli angeli, li guardavano con occhi grandi e curiosi. I ragazzi decisero di andare nella sala dove avevano trovato gli scheletri delle ragazze, salirono le scale di marmo bianco, aprirono il portone della sala da pranzo e vi entrarono. Tutte le ragazze stavano mangiando: effettivamente guardando il grande orologio a pendolo dentro la stanza, si poteva notare che fosse ora di cena. Erica si stava abbuffando di un tacchino gigante quando li vide, prese la sua mazza per andare a picchiarli quando Ionut disse: “Erica, stai ferma!” “Come conosci il mio nome?” “È una storia lunga, comunque siamo qui per aiutare.” Mentre il corpo di Marta stava tagliando una bistecca, e la stava imboccando, la sua testa da sopra il tavolo parlò dicendo: “Erica, ferma, sono amici… Voi non ricordate; solo io posso: io so tutto.” “Marta, ma veramente ricordi tutto?” “Certamente Ionut, ti ricordo che è con il mio potere che siete giunti qua, e vi ringrazio molto per essere venuti ad aiutarci. A quanto pare il mio potere è molto più grande di quanto pensassi…” “Marta, chi sono? Per quale motivo dovrebbero aiutarci: qua non c’è nessun pericolo; la barriera di Eistibus, è ancora funzionante.” “Sara, voi non sapete cosa succederà tra qualche ora: loro sono degli amici, alleati, compagni.” Si fermò per un attimo, sorseggiò dell’acqua e poi urlò con voce acuta: “Agneeeeeeee!” “Marta, non chiamarmi così! Comunque, come vi posso aiutare se non so cosa succederà o cosa è già successo?” “Agneeee! Per favore, potresti costruire un proiettore di ricordi?” “Certamente, però, non chiamarmi così, oppure la prossima volta ti costruisco una ghigliottina.” Disse Agnese ridendo e abbracciando Marta: si volevano davvero un gran bene. Agnese andò nella stanza adiacente, prese delle placche di metallo viti, ingranaggi, una manopola e delle lenti di vetro bianco, e le portò in sala da pranzo. Le se illuminarono gli occhi e in pochissimi secondi, costruì ciò che le aveva chiesto Marta. Marta strinse il casco di metallo intorno alla sua testa e, proiettò sulla parete i suoi ricordi: le amiche, videro tutto; il demone, la loro sconfitta, l’arrivo di Ionut, William e Shisha, il rituale per portarli in quella dimensione. Rimasero stupite, distrutte: erano morte e non lo sapevano, erano andate in un’oasi e non lo potevano sapere. Però Marta con calma, spiegò la situazione, come dovevano affrontare il demone, e cosa doveva fare Ionut per ottenere la magia dimenticata: potevano modificare qualche dettaglio, ma il demone, avrebbe dovuto mangiare il globo obbligatoriamente; altrimenti si sarebbe creato un paradosso dimensionale. Agnese costruì angeli di ferro con mitragliatrici e li posizionò all’entrata: dove vi erano le panche, cosparse il terreno esterno di mine e piccoli palloni aerostatici con delle piattaforme in legno dove Claudia e Sara posizionarono, grazie alla loro magia piccoli servitori magici, Claudia, con la sua magia, scavò un fossato tutt’intorno al convento e Anna lo riempì di acqua e creò mostri e animali feroci per quel fossato: erano veramente ben difesi. Marta sarebbe dovuta rimanere pronta per sferrare il suo attacco se le cose fossero andate male: non era detto che Ionut sarebbe riuscito a mangiare la “magia dimenticata” e ad uccidere il demone. Erano pronti, mancavano pochi minuti alla battaglia, quando William avvicinandosi a Ionut gli disse sottovoce: “Se stavolta non fossi in grado di controllare tutto qual potere, cerca di pensare a noi, a Giorgia e ricordati; non devi perdere il controllo. Impara a controllare la rabbia: usala verso i nemici.” “Si, Will hai ragione: però se perdessi il controllo, tu uccidimi: non voglio rischiare di farvi del male.” “Ionut: io mi fido e no, non ti ucciderò, perché so che riuscirai a controllarti: ho molta fiducia in te.” Disse William abbracciando Ionut: non poteva dimenticare che era stato lui a salvarlo dalla morte. Era giunto il momento: i demoni frantumarono la barriera e avanzavano come un’orda di ombre tenebrose verso il convento. Molti vennero annientati dalle mine o dagli aiutanti magici di Claudia e Sara: le mine ne facevano saltare in aria a centinaia: un vero e proprio macello di animali, arrivati al fossato, un’enorme idra e gigantesche viverne fatte d’acqua, affiorarono e volarono in cielo: l’Idra dal fossato, mangiavano quelli sulla terra, mentre le viverne con la loro velocità, uccidevano moltissimi demoni svolazzanti. Poi videro finalmente il “Naqae”: era quello raffigurato nell’affresco all’ingresso; però era diverso: era come potenziato; una corazza di un materiale nero resistentissima, gli copriva tutto il corpo, lasciando fuori la testa e la spada conficcata nel suo corpo. Avanzava lentamente, come se sapesse che li avrebbe uccisi sicuramente, le mine e le altre creature neanche lo scalfivano: anzi, sembrava cibarsi delle viverne. Si nascosero tutti dentro al convento e lo aspettavano, mentre annientava il loro piccolo esercito, perfino gli angeli artificiali di Agnese non gli facevano niente. Una volta che entrò, si trovò: Ionut e Anna sopra una viverna d’acqua che svolazzavano, poi lo condussero dentro gli stretti corridoi, fino a giungere nel grande cortile interno al convento: Ionut, William e Shisha, non vi erano mai entrati, ma era davvero bello, le statue di marmo, erano state sostituite da Agnese con i suoi angeli artificiali, I piccoli aiutanti di Claudia e Sara, aspettavano puntando le loro armi stellari verso l’entrata del cortile, Agnese era sul tetto di una piccola cappella nel cortile, con un fucile da cecchino completamente automatizzato, Erica, pronta con la sua forza letale a danneggiare quell’indistruttibile corazza e William e Shisha anche loro, erano pronti a combattere, indossavano gli abiti che gli aveva cucito Erik e tirarono fuori i loro strumenti: non era necessario usarli, ma Shisha era da troppo tempo che non combatteva impugnando la sua “Stella Nera.” Entrarono Ionut e Anna seguiti dal demone. Tutti attaccarono contemporaneamente e Ionut e Anna stavano pronti per intervenire: quel demone non si poteva uccidere dall’esterno, Ionut doveva per forza entrare e mangiare la sfera che il “Naqae” aveva preso senza problemi all’entrata. La battaglia infuriava, era da diverse ore che combattevano e oramai iniziavano a sentire la stanchezza. Quando, si presentò l’occasione perfetta: Il “Naqae”, aprì la bocca per preparare il raggio al plasma, allora, La viverna con Anna e Ionut si avvicinò velocemente per potervi entrare, e quando Ionut si gettò, venne protetto da Claudia, con la sua magia difensiva delle “bolle titaniche”. Ormai Ionut era dentro, non poteva tornare indietro, si trovava in quel posto buio e maleodorante: c’erano cadaveri in putrefazione, scheletri e oggetti di tutti i tipi. Gli altri stavano combattendo fuori: Erica, arrivò al punto di usare la magia dei “guerrieri caduti”: questa magia consisteva nel richiamare a sé gli spiriti dei più valorosi guerrieri e usarli per attaccare il demone. Finalmente però Ionut intravide una luce violastra, Si avvicinò: era come una stanza buia, dove vi era una specie di piedistallo per quella sfera. A Ionut pareva strano che non ci fosse nessuna difesa, nonostante sembrasse che qualcuno con molta cautela aveva piazzato quella sfera. Stava quasi per prenderla quando: un piccolo demone simile ad un alieno, gli saltò addosso, stava cercando di mordere la sua testa: Quello era il vero demone; quello fuori era solo una specie di fantoccio. Ionut, prese una spada da uno dei cadaveri nella stanza, quel piccolo demone, lo colpiva con zampe d’acciaio e lui lo contrastava con dei fendenti con quella spada arrugginita, trovata per puro caso. Dopo qualche minuto, che combattevano, ma che a Ionut parvero un’eternità, il giovane decise in un momento in cui il piccolo demone si era fermato, di prendere la cassa toracica di un cavallo che era lì dentro a quella stanza: la usò per imprigionare il piccolo demone, dimostrando che l’astuzia a volte è molto più conveniente della forza. Ci riuscì e mangiò velocemente quella sfera. Sentì delle fitte lancinanti allo stomaco e riuscì a resistere, assunse il nuovo potere: si trasformò in una specie di ombra cin degli occhi splendenti: era il potere della paura. Ognuno lo vedeva in base a ciò che più temeva. Il demone rivide Eistibus ed esplose, quindi anche il “fantoccio” si dissolse. Ionut però, non sapeva ritrasformarsi come era prima. Quando uscì di lì, tutti avevano paura di lui, vedevano un mostro spaventoso, o meglio ognuno di loro vedeva mostri differenti: demoni, zombie, suore assassine dotate di motosega (La paura di Erica), angeli della morte con sangue come lacrime. Ma William e Shisha vedevano una cosa: o meglio una persona; un ragazzo vestito elegantemente e con un lungo ciuffo di capelli che gli copriva gran parte del viso, William e Shisha sentirono anche cosa stesse dicendo: “Shisha… William… Non è stata colpa vostra se noi siamo morti: pensate che ce l’abbia con voi perché magari ora sono tutto bruciato, o squartato o i miei arti sono mozzati: ma ovvio che non è stata colpa vostra.” Disse quella voce con aria inquietante e ridendo in maniera spaventosa. Nessuno sapeva cosa fare, neanche Ionut o William o le altre, Quando Shisha disse: “William, dobbiamo affrontare le nostre paure: La morte di Edef, non è colpa nostra, lui non ci avrebbe mai incolpato: quello lì non è lui, deve essere solo il potere di Ionut: non è capace a gestirlo però. Dobbiamo fare qualcosa, e anche in fretta!” William ci pensò e dopo poco disse: “Hai ragione sorellina! Devo affrontare le me paure!” “No Will! DOBBIAMO affrontare le nostre paure, insieme!” Detto questo, si presero per mano e corsero verso Ionut a gran velocità: lo abbracciarono, a quell’ombra cadde una goccia di luce e ritornò come prima: era Ionut; il loro amico. Tutti e tre, erano in un bagno di lacrime, le altre ragazze, esauste, erano sedute sull’erba, e d’improvviso si fece giorno: ora erano tutti felici: era finito quell’incubo. Dopo saluti e ringraziamenti, Marta riusò il suo potere, erano nella cascata e intorno a loro c’erano le ragazze: non avevano però quell’aura intorno a loro come dei fantasmi, ora erano in carne ed ossa. “Ce l’avete fatta!” “Ce l’abbiamo fatta!” corresse Ionut: se avevano vinto era anche grazie a loro. Anche le ragazze ora ricordavano la battaglia. Ionut, William e Shisha, sarebbero voluti rimanere, ma non potevano: Giorgia li stava aspettando, e avevano ancora alcuni luoghi da visitare. Salutarono caldamente tutte le ragazze delle “Cascate della Dea” e partirono alla volta del: “villaggio dei sacrifici magici.”.
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Ionut e i mondi misteriosi
FantasyIonut un giovane di bell'aspetto vive con la sua famiglia e altre persone in un abisso desolato dove non c'è praticamente nulla, un giorno durante una passeggiata scopre una cosa che lo porterà a fare un viaggio nei mondi di quell'universo e raccogl...