I suoi occhi vagavano sulla cartina, senza nemmeno un perché.
A che serviva osservare e riosservare quella mappa, se tanto non avrebbe mai fatto nessun viaggio, si chiedeva Federique rassegnato. Sarebbe riandato come tutti gli anni sulla costa, avrebbe alloggiato un paio di giorni in una locanda poco costosa e avrebbe percorso l'intera spiaggia collezionando gusci di conchiglie. Si chiedeva perché continuasse ad andare alla costa. Lo aveva stufato. Troppo sole, il rumore delle onde dopo un po' lo annoiava e la solitudine lo attanagliava durante le passeggiate sulla sabbia. Nessuno con cui parlare, nessuno a cui tenere la mano. Nessuno, semplicemente. Federique era tremendamente solo da quasi tutta la vita. Nemmeno nella biblioteca in cui lavorava era riuscito a prendere confidenza con i suoi pochi silenziosi colleghi. A lui piaceva confondersi tra i clienti per immergersi in enormi letture di storia. Era impacciato, e quando qualcuno gli si rivolgeva per una domanda o un consiglio, lui diventava tutto rosso e balbettando dava indicazioni vaghe e insoddisfacenti, anche se nella sua mente sapeva perfettamente cosa dire. Spesso si era finto muto e aveva dato spiegazioni a gesti o scrivendo su pezzi di carta. Lui voleva, lo voleva veramente, perdersi in una foresta frusciante, o viaggiare attraverso colli e monti. Ma la sola idea di essere solo, in un posto sconosciuto e potenzialmente pericoloso gli raggelava il sangue. E se si fosse ferito o avesse avuto bisogno di aiuto? Chi sarebbe venuto a recuperare il suo corpo privo di vita?
Nessuno.
Ricacciò le lacrime che minacciavano di scaturire dagli occhi lucidi. Non era il luogo per piangere, la locanda. Sospirò, riflettendo sulla sua misera e monotona esistenza, fatta di sogni che mai si sarebbero avverati, almeno finché non sarebbe riuscito a frantumare le pesanti catene di terrore che tenevano a freno il suo animo curioso, ormai segregato nel profondo del suo cuore e della sua mente. Si sentiva soffocato dalla paura ma anche protetto da questa. Non aveva mai fatto nessun viaggio pericoloso, non ricordava di essersi mai trovato in brutte situazioni, era ancora vivo e vegeto, infatti.
Non si sentiva sempre vivo, però. Percepiva vuotezza, mancanza di emozioni ed esperienze, e questo pensiero era come una morsa al cuore per lui. Così giovane, eppure tutto ciò che sapeva del mondo che lo circondava lo sapeva grazie ai tanti libri letti e alle storie che aveva sentito raccontare sui viaggi di Margit Rivers. Lei era conosciuta per aver esplorato tutta Coritokus e per le sue azioni gentili in giro per l'isola. Nessuno conosceva Coritokus meglio di lei. A quanto pareva, era stata anche nella Regione Sperduta, la zona sud e desolata dell'isola, in cui si diceva resiedessero creature orribili e pericolosissime. Sirene, Remis selvaggi, e poi c'era quella famosa leggenda dell'AgognaManta...
Un tonfo risvegliò Federique dai suoi pensieri. Un tipo dall'aria barbarica seduto vicino al bancone aveva sbattuto in segno di stupore un grosso pugno sul suo tavolo, facendolo quasi ribaltare. "Davvero è da queste parti?!" Esclamò con voce rauca un grosso elfo con la barba brizzolata.
"Sì, sì proprio lei ti dico. Pare voglia rifarsi un giretto all'est."
Rispose l'omone dalla testa pelata dietro al bancone mentre puliva un broccale con uno strofinaccio.
"Per la miseria! Mi piacerebbe incontrarla, si dice che sia bellissima oltre che coraggiosa. Chi sa se ha un compagno..."
Pensò l'elfo grattandosi speranzoso la barba ispida come le sue sopracciglia canute.
"Rassegnati Grant sei troppo vecchio per Margit Rivers"
A sentire quel nome, Federique tese bene le orecchie. Il suo idolo, nella sua città? Sussultò sorpreso e un barlume di gioia gli fece battere il cuore più veloce del normale. Anche lui desiderava incontrarla. La cosa che più desiderava era poterle chiedere come fare a lasciarsi andare allo spirito d'avventura, come facesse lei a non avere mai paura. Ripiegò la mappa, finendo di bere il suo ormai tiepido tè ai lamponi.
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La Viaggiatrice delle Terre Ghiacciate
Fantasi"Ho una tremenda paura di morire, perché non ho mai vissuto davvero. È orrendo lasciare questo mondo con la consapevolezza di non aver mai provato nulla della vita. Io non ho mai desiderato altro perché non ne ho mai avuto il coraggio. Così mi limit...