Kimchi Fried Rice

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Il Kimchi Fried Rice è una varietà di kimchi -bokkeum-bap (riso fritto) fatto principalmente con riso e kimchi e altri ingredienti come verdure e carne.

Paese di provenienza: Corea del Sud

Seoul, Corea del Sud
Lunedì 21 Dicembre 2018

Un sospiro di condensa uscì dalle labbra di MiSo, mentre camminava nella passerella laterale del ponte che attraversava il fiume Han. Le macchine sfrecciavano accanto a lei, a tutta velocità, investendola con i fanali. Il freddo pungente dilagava fin dentro le sue ossa e il crepuscolo aveva rivestito di tenebre il cielo di una Seoul illuminata dagli abbaglianti cartelloni pubblicitari appesi sugli alti palazzi, che si protendevano verso un cielo cupo e senza stelle. Il fruscio dell'acqua del fiume risuonava nelle sue orecchie, sormontato dal suono di clacson e motori, mentre le scritte motivazionali sul parapetto luminoso del ponte scorrevano sui suoi occhi. Osservava ogni dettaglio, come se fosse la prima volta che lo notava, prendendosela con una calma che non le apparteneva. Non che fosse una persona irruente o frettolosa, ma quel giorno aveva deciso di rallentare il passo e magari fare anche un po' di ritardo al lavoro. Perché MiSo aveva paura del suo lavoro. Lavorava come sous-chef in uno dei ristoranti più rinomati, non solo a Seoul, ma in tutta la Corea del Sud, ma odiava quel posto. Ed era un odio lacerante, non tanto verso i clienti o verso i colleghi in generale, quanto verso lo chef, nonché proprietario del locale: Kim Seokjin. Lui, ammetteva MiSo, era uno degli chef più bravi in Corea ed era anche bello, ma tutto veniva rovinato dal suo pessimo carattere. Era viziato, puntiglioso, urlava al massimo delle sue corde vocali per un insignificante errore e si credeva il centro del mondo. Tutti erano terrorizzati da lui e, quando non era in vista, serpeggiavano pettegolezzi detti bisbigliando sulla sua reputazione e vita privata. Una sera, aveva sentito Min Yoongi, l'addetto alla griglia, borbottare che Seokjin si comportava come un pazzo a causa del divorzio con la sua ex moglie. La stessa sera, il lavapiatti, Choi Beomgyu, aveva sparato nell'aria pesante di spezie della cucina un pettegolezzo che qualcuno aveva contestato, ma che era un punto a favore per l'ingiustificata ira verso gli individui del suo stesso sesso. «Secondo me è sterile. Altrimenti perché ce l'avrebbe così tanto con noi?» aveva borbottato innocentemente. L'addetto alle pulizie, Choi Yeonjun, che nel frattempo puliva il piano di cottura, aveva schiacciato una piccola risata e, con un cenno del capo, aveva sussurrato un «zitto, che se ti sente, ti pianta in asso seduta stante.» e poi aveva riso di nuovo. Ma non c'era tanto da ridere perché, se lo avesse sentito, la fine del lavapiatti sarebbe stata dolorosa ed inesorabile.
Inesorabile come l'arrivo di MiSo al Worldwide Kim, con quell'insegna talmente tanto appariscente, da notarsi perfino da almeno tre isolati di distanza. Eppure manteneva un'eleganza tale da comunicare all'esterno che quel posto profumava di soldi. Così, con un sospiro di rassegnazione, MiSo tirò fuori una mano dalla tasca del proprio cappotto e la allungò ad afferrare la maniglia dorata della porta d'ingresso. L'aria torrida del locale la investì e, per la prima volta in quella serata, fu in grado di sentire nuovamente le guance e il naso, ormai ibernati dal gelo. Mosse i primi passi sul pregiato parquet di quercia, mentre dava un'occhiata all'orario segnato sul proprio orologio da polso. Si era impegnata così tanto a fare almeno cinque minuti di ritardo, ma era comunque riuscita ad arrivare perfettamente puntuale. Rassegnata alla sua solita precisione degli orari, lasciò un sbuffo e camminò verso lo spogliatoio, incontrando per strada uno dei cassieri, Kim Namjoon. Lo salutò brevemente, per poi inoltrarsi nel profondo del locale, dove alcuni camerieri e assistenti si cambiavano.
«Finalmente sei arrivata!» La sua attenzione fu risucchiata da uno dei camerieri, Kang Younghyun, che si stava abbottonando la camicia bianca un po' sgualcita. «Seokjin oggi è assolutamente impazzito. Appena arrivati, era talmente tanto arrabbiato, che quasi non gli usciva il fumo dalle orecchie. Non l'ho mai sentito rappare così veloce.» Ridacchiò, contagiando gli altri membri dello staff che si trovavano lì e che si stavano anche loro cambiando.
MiSo scosse il capo. Brutto segno. Quando Seokjin era arrabbiato, la strage in cucina era assicurata. Un piccolo errore diventava un reato punibile con la pena di morte e si rischiava perfino il posto di lavoro. In anni di lavoro, MiSo l'aveva visto sì e no quattro volte sorridere o soddisfatto di un dipendente.
«È una domanda stupida, ma perché?» Chiese la ragazza, posando la propria borsa su una panca, in modo da poterla aprire e tirare fuori la propria divisa maniacalmente stirata e piegata.
«C'è mai stata una ragione precisa?» Borbottò in risposta Younghyun, con tono ovvio. Effettivamente — solo in quel momento MiSo sembrò ricordarsene — Seokjin si arrabbiava a caso per tutto, come una donna in menopausa.
«Woah, è possibile che ci mettiate sempre così tanto a prepararvi? Muovetevi o il capo indiscusso del mondo vi metterà con il culo sulla griglia.» Spuntò dalla porta la testa ramata di Yoongi, che guardava uno per uno camerieri e spazzini intenti a vestirsi nella maniera più lenta possibile, così da passare meno tempo tra le grinfie di Seokjin.
«È facile quando sei il cocco del capo.» Bofonchiò in tutta risposta il collega cameriere Park Sungjin, mentre si allacciava disordinatamente una scarpa, dopo aver sparso letteralmente ovunque tutti i vestiti con i quali era venuto.
«Yah, non essere geloso. Sono sicuro che Seokjin odia anche lui.» Sentenziò Younghyun. Poco ma sicuro pensò nella propria testa MiSo.
«Oh certo! Da quando sono in questo posto non gli ho mai sentito dire "bel lavoro",» Scimmiottò Sungjin. «se non a Min Yoongi. Sembra che lo tratti come se fosse Dio, mentre noialtri siamo un ammasso di disgustosi plebei che vengono a lavorare qui solo per elemosinare soldi.»
«Beh... non è quello che facciamo?» Ridacchiò sarcasticamente Younghyun.
«In effetti.» Mormorò d'accordo il più piccolo del locale, Hueningkai.
«Okay ragazzi, è ora di andare incontro alla nostra morte.» Si mise in mezzo, alla fine, MiSo, dopo aver messo in ordine le proprie cose ed essersi alzata. Poi alzò un pugno in aria e gridò un «fighting!» che gli altri si affrettarono a ricambiare.
Quindi tutti si mossero pigramente verso i propri incarichi, facendosi il segno della croce lontano da occhi indiscreti. Perché c'era bisogno di una preghiera, quella sera, per salvarsi dagli artigli di quel pazzo dello chef e per non affogare nelle spezie e nel peperoncino, o per non ritrovarsi qualche forchetta conficcata nella mano e un coltello che la trapassava, o per non vomitare bolle di sapone e farsi il bagno nella polvere.
«Apriamo tra cinque minuti. Non voglio vedere nessuno e dico nessuno commettere errori stupidi, chiaro? Altrimenti siete licenziati, licenziati, licenziati! Chiaro?» Fu la prima cosa che raggiunse le orecchie di MiSo, appena entrata in cucina con i suoi colleghi Dowoon e Jaehyung.
«Chissà che razza di corde vocali deve avere per strillare così forte.» Borbottò sarcasticamente al suo orecchio Dowoon, con una lieve risata. Lei accennò un sorriso e, con l'ordine di Seokjin di iniziare a riscaldare fornelli e piastre, si mosse abilmente nella cucina, dando gas ai piani cottura.
Poi tutto si fece silenzioso, gli occhi puntati sull'orologio digitale, che segnava qualche secondo dall'apertura delle porte del ristorante. Con il fiato sospeso, MiSo sentì i propri nervi irrigidirsi al suono del brusio dall'altro capo degli infissi che separavano la cucina dalla sala, e subito si mise al lavoro, quando arrivarono le prime ordinazioni. E quando si fermò per un attimo a guardare i propri colleghi, non si meravigliò nel notare il caos più totale: Min Yoongi che si occupava di alte fiammate per cuocere la carne flambé ed era ricoperto di uno strato di sudore; Seokjin che cucinava e nel mentre impartiva ordini a squarciagola, cosa che le ricordò vagamente Hitler o Kim Jong-un; Jaehyung che era preso da una stupida salsina di olive e acciughe e che continuava a tirarsi su gli occhiali tondi che minacciavano di cadere nella ciotola su cui stava lavorando; Choi Soobin e Dowoon che litigavano con un'aragosta, che sembrava ancora viva anche dopo essere stata infilata in pentola per bollire; Beomgyu e Yeonjun che cercavano di tenere il passo nel lavare i piatti e pulire a terra; e Younghyun, Sungjin, Hoseok, Jimin e Wonpil correre da una parte all'altra con piatti, ordinazioni e bicchieri rotti. Sembrava proprio il perfetto scenario apocalittico di un film di guerra. Con la differenza che le colonne di fumo causate dalle bombe esplose in campo di battaglia lì erano pentoloni di acqua bollente e di zuppa, e i fucili erano semplici cipollotti.
«Hai intenzione di continuare a guardare avanti sperando che la Gloria di Cristo ti illumini, oppure vuoi tagliare quel maledetto maiale?» MiSo si risvegliò di colpo dal suo stato di trance quando sentì Seokjin urlarle nell'orecchio.
«Mi scusi Chef!» Gridò prontamente lei in risposta, afferrando il coltello per affettare l'arrosto di maiale che aveva messo sul tagliere davanti a se. Non si ricordava neanche di averlo fatto, né tantomeno si ricordava di essere rimasta lì impalata a fissare l'agitazione della cucina per così tanto tempo.
«Stasera, Lee MiSo, starai qui ad affettare le patate!» Esclamò lo chef, per poi tornare alle proprie mansioni. C'era da aspettarsi una punizione, dopo la sua esperienza extra-corporea. Ed era uno dei motivi per il quale odiava lavorare in quel posto: un solo respiro fuori posto e ci si giocava le dita.
«Sì Chef!» Rispose MiSo, le mani le si muovevano velocemente sul succoso e croccante arrosto.

Per un Granello di Sale {Kim Seokjin}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora