Zibaldone

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Mangio una mela e mi viene spontaneo guardare dove prima era appeso un orologio. Ora non c'è più. L'ho pregato per averne uno, ma poi lo scandire del tempo mi ha mandato fuori di testa. Pensare costantemente cosa significava una determinata ora nella mia vita precedente mi toglieva lucidità, forza. Diventavo crudele con me stessa. Mi facevo del male. Non l'ho voluto più. Nonostante sia uno strato sottoterra attraverso il mio corpo riesco ad orientarmi tra il giorno e la notte. La colazione, il pranzo, la cena sono dettati dalla mia pancia, non esistono più ore prestabilite. Comanda l'istinto ora e mi va bene così. Che tutto possa essere il più diverso possibile dalla mia vita precedente.
Finisco la mela e bevo un bicchiere di latte, prendo un libro e mi risiedo a letto. Ora non mi preoccupo nemmeno più di coprirmi quando arriva. Prima nonostante il caldo come lo sentivo arrivare mi vestivo immediatamente, non gli concedevo nemmeno un centimetro della mia pelle. Ora non ha importanza e non perché abbiamo dei rapporti ma perché semplicemente non ne ha più. Forse così lo infastidisco anche di più.

Il letto è umido ma sono le uniche lenzuola che ho, penso di farmi una doccia ma preferisco sfogliare il libro. Mi allungo. Rigiro lo Zibaldone tra le mani. È stato il primo libro che mi ha dato. Pensava di sfidarmi, di innervosirmi. Invece è stato la mia fortuna. Solo una giovane favolosa e disperata poteva capire un giovane favoloso e disperato. E io e Giacomo lo eravamo entrambi:favolosi e disperati. Mi ci sono aggrappata con le unghie. Ho respirato ogni singola pagina del libro. Assaporato ogni parola. Era tutto estremamente prezioso per me e in qualche modo Dio solo sa come compatibile con l'incubo in cui ero. Giacomo ha salvato la mia vita. Si avevo promesso di smettere di provare ad uccidermi quando mi ha dato il libro ma non ne ero certa. In fondo cosa poteva farmi? Togliermi dalla faccia della terra? Io già non c'ero più. E invece Giacomo mi ha teso una mano. Eppure quando ti obbligano a studiarlo non se ne capisce mai il potenziale, la grandezza. Assurdo averlo scoperto così.

Quando avevo quindici anni mia madre mi aveva portato a Recanati per vedere la sua casa. Avevamo litigato tutto il viaggio. Non volevo andare a vedere la casa di Giacomo Leopardi. Era uno sfigato. Ora questo sfigato da morto mi ha soffiato una nuova vita dentro, perché ero morta anche io.

Mia madre è l'unica persona a cui non posso pensare. Va bene ricordare tutti. Rivivermi certi ricordi. Coccolarmi con alcune immagini. Ma mia madre no. Se inizio a pensare a lei non ne esco viva. Divento pazza. Inconsciamente cerco ancora il suo odore ma non ci penso mai volutamente, non posso chiedermi cosa fa, come abbia vissuto tutto questo. È immensamente troppo. È vero sono sopravvissuta a lui, a tutto quello che mi ha fatto. Sono ancora qui e la mia mente è ancora intatta. Ma da mia madre non ne uscirei. Perché qui, in questa stanza, in questa altra vita io ho capito cosa significa per me la mia mamma. Banale vero. Un fottutissimo pensiero retorico. Eppure è così. Allora devo fuggire il suo pensiero, sempre. Non posso concedermi nessuna debolezza perché è un vortice pericoloso che mi annienterebbe in un attimo.
All'inizio non era così. Ho chiesto di lei, di tutti loro, della mia famiglia. Piangevo, urlavo, se la notte la sognavo la mattina dopo sfasciavo tutto. Lo pregavo disperata di dirmi qualcosa. Lo picchiavo.
Si lasciava fare tutto, ma non mi ha mai detto nulla. Solo che dovevo dimenticare. Ora c'era solo lui.
Eravamo io e lui, in questa stanza.

Quando è veramente una brutta giornata mi concedo di pensare un po' a mio padre. Il primo uomo della mia vita. Il padre che mi ha insegnato la letteratura, la filosofia, l'arte,la musica... Tutto ciò che è espressione del proprio io. Lui che in macchina rideva mentre mi lamentavo di andare a Recanati, si burlava della mia adolescenza, del mio dire no a prescindere. Nn sapeva mai che ore erano,  Nn aveva un telefono, affascinava tutti uomini e donne indistintamente. Il mio papà.
Fa male comunque. Ma alla mia mamma proprio non riesco a pensare, non posso farci nulla.

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