Sono un animale

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La polizia era arrivata con la psicologa. Per la prima volta ero uscita da quel letto e mi avevano trovato in piedi che passeggiavo per la stanza. Una volta entrati mi sono seduta e ho cercato di non sembrare troppo aggressiva

Cosa volete sapere

Volevano sapere tutto. Ogni minimo dettaglio. Cosa sapevo del mostro. Aveva una famiglia, un lavoro, era sposato, portava la fede?

Non lo so, non so nulla di lui

In che rapporti eravamo? Com'era la gabbia? Lui mi faceva del male? Di cosa mi parlava e io cosa facevo? Sapevo esattamente quanto tempo era passato?

Mi pulsava la testa. La psicologa cercava di mediare ma la mole di domande a cui io e solo io potevo dare una risposta richiedeva un impegno e un tempo che io Nn so se sarei stata in grado di gestire.
Avevo chiesto loro se stavano facendo delle ricerche. Mi avevano risposto di sì. Nell'area in cui ero stata ritrovata, ma era solo campagna, non c'erano case nei dintorni e comunque molto probabilmente il mio carceriere aveva abbandonato quell'abitazione. Ma dovevo star tranquilla, l'avrebbero preso. Avevo delle informazioni che potevano aiutarli in un qualsiasi modo.

Non sono mai uscita dalla gabbia

Ti metteva in una gabbia?

No. Io chiamavo la stanza in cui ero la gabbia.

Ricordi qualcosa quando ti ha lasciato libera

Era buio, avevo paura, freddo. Ero su un prato. No so.

Va bene. Per ora finiamo qui

L'avevo interrotto immediatamente

Il mostro non mi lascerà vivere. Non so perché mi abbia liberato. Non ha senso, ma non mi lascerà ancora per molto viva
Non so cosa abbia in mente... Probabilmente è qui, molto più vicino a noi di quanto pensate

La psicologa era intervenuta

Non devi aver paura, adesso sei al sicuro

Non ho paura, voglio solo tutto finisca.
Potete chiamare i miei genitori, voglio andarmene.

Mio padre è mia madre erano arrivati subito. Per ore avevamo ascoltato dentro la mia camera tutto l'iter obbligatorio per il mio reinserimento nella società. Dovevo ancora collaborare molto con la polizia e dovevo seguire degli incontri riabilitativi con la psicologa, sia singolarmente sia con la mia famiglia. C'erano delle medicine da prendere, regolarmente e per un periodo ancora da definire. La polizia ci avrebbe dato una macchina di scorta che ci avrebbe seguito nei nostri spostamenti almeno fino a quando la situazione non sarebbe stata più chiara.
Avevo ascoltato tutto senza batter ciglio, volevo solo andare via, ma anche dopo aver firmato tutti i fogli e sbrigato tutta la burocrazia c'era ancora una certa esitazione intorno a me finché l'infermiera porgendomi un paio di occhiali neri dolcemente mi aveva detto

Prendi questi. Fuori ci sono dei giornalisti. Vai dritta alla macchina e andrà tutto bene

Grazie

Arrivare alla macchina non era stato facile. Appena uscita dall'ospedale giornalisti con telecamere e microfoni ci avevano chiusi in una morsa urlante e assillante

Isabella Isabella
Com'è riuscita a liberarsi?
Cosa vorrebbe dire al suo carceriere?
Isabella
Una sola parola
Era cattivo con lei?
Isabella Isabella
La molestava?

I poliziotti cercavano di farci avanzare in quel circo di persone, ma a quella domanda il mio cervello era già andato in blocco e come una furia mi ero avventata sulla giornalista che mi aveva chiesto se mi molestava e la graffiavo in volto con tutta la forza che avevo in corpo. Un poliziotto prontamente mi aveva afferrato e portata in macchina di peso. Nel risuonare infernale di click delle foto le avevo urlato

Scrivi che sono un animale

In macchina mio padre silenziosamente aveva guidato fino a casa nostra controllando di tanto in tanto nello specchietto retrovisore se la macchina della polizia era sempre dietro di noi.

Arrivati

Casa. Casa mia. Non provavo nulla.

Voglio andare dove mi hanno trovato, voglio vedere quel posto

Mio padre non si era scomposto. Aveva capito che Nn avrei ceduto. Aveva guardato dallo specchietto mia madre.

Vado a dire alla macchina di scorta della polizia che andiamo li.

QUESTA STANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora