La Televisione

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La televisione era arrivata anni dopo. Non avrebbe permesso che ascoltassi telegiornali o speciali che parlassero della mia scomparsa. Erano dovuti passare anni prima che anche io finissi nel dimenticatoio. In quel buco nero dove altre ragazze come me sono affondate e non sono mai state più ritrovate.

Non potevo vederla se lui non c'era. Aveva inserito una specie di password. Forse era uno di quegli stronzi hacker cresciuti. Oppure un nerd che aveva passato la sua adolescenza in compagnia della tecnologia invece di andare a farsi una birra.
Comunque si vedevano solo alcuni canali, altri erano stati oscurati. Nulla che fosse di mio interesse. C'erano dei canali della BBC, sapeva che parlavo perfettamente anche la lingua inglese e che avrei potuto seguire determinati show. Non faceva differenza.
Ogni tanto portava dei film, li guardavo per disperazione, per non far morire definitivamente qualcosa dentro me che non sapevo nemmeno più cos'era. Facevo molto in nome di quella "cosa" non meglio identificata che avrebbe dovuto darmi la forza.

La televisione non era stata per me un grande cambiamento. La guardavo come guardavo il frigo, il tavolo, il letto. Stava lì. Un pezzo in più della mia gabbia. Non mi aveva dato il sollievo che mi avevano dato i libri. Non potevo disporne come meglio credevo e questo la rendeva un semplice oggetto. I libri diventavano miei se il mostro non me li toglieva per punirmi. Li sfogliavo, annusavo, rileggevo fino a provare un minimo di sollievo.

Un pomeriggio il vento fischiava da mettere paura. Cosa mi sarebbe successo se fosse venuto un terremoto o un'innondazione. E peggio ancora se il mostro fosse morto? Rinchiusa li dentro sola ad aspettare cosa? La paura mi divorava, il freddo era pungente e il vento continuava a soffiare come se non trovasse tregua. Mi ero accucciata sotto il piumone. Lontana da quel mondo che mi spaventava, lontana dalla vista della mia gabbia e infinitamente lontana dalla possibilità di una morte orribile. La giusta coronazione all'incubo in cui ero.

Il tempo peggiorava. Erano arrivati i tuoni. La gabbia sembrava tremare. Poco dopo un tuono, caduto forse li vicino, era saltato tutto. Ero al buio.
Sentivo il mio respiro rimbombarmi nelle orecchie. Ero già al buio sotto il piumone, ma quella era una cosa completamente diversa. C'era un silenzio opprimente nella stanza, solo il rumore del mal tempo che imperversava fuori.

Dopo forse mezz'ora, un'ora o dieci minuti non so, avevo sentito i suoi passi. Era arrivato. Ancora qualche secondo e l'elettricità era tornata. Sollevata ero uscita fuori dal letto e mi muovevo verso la porta della gabbia per aggredirlo immediatamente. Non poteva lasciarmi così ad una morte certa se solo lui Nn fosse più tornato. Con la coda dell'occhio mentre camminavo mi rendo conto che era in funzione anche la televisione. Probabilmente era ripartita anche lei come tutto il resto. E mentre non mi chiedo ne come abbia fatto ad accendersi, ne se c'entri qualcosa con il riavvio dell'interruttore generale eccomi lì sullo schermo.
Una mia foto. A 17 anni.

Sono paralizzata. Attivo immediatamente il mio udito per capire la donna che mi sembra bellissima che cosa stia dicendo. E così mi arrivano i passi del mostro di sopra, sta facendo qualcosa. Fra poco arriverà.
Mi lancio verso il televisore per capire quanto più posso. La giornalista dice che come me tantissime ragazze sono scomparse e non sono mai state più ritrovate. Dice dei numeri, delle percentuali. È uno speciale su questi fatti di cronaca.
Mi focalizzo sulla foto. Sorrido. Stupida e incosciente di quanto faccia schifo questo mondo. Una figlia di papà. Mi viene l'impulso di cercare qualcosa per vedermi ora. Ma i passi del mostro che si sta avvicinando mi fermano di nuovo. Non posso perdere tempo, tra poco lo sentirò scendere le scale.
Mi riconcentro sulla tv. La giornalista sta parlando dei miei genitori che hanno sempre mantenuto un profilo basso pur non perdendo mai la speranza. Avevano rifiutato comparsate ed interviste e parlato solo attraverso comunicati e la polizia. La giornalista dice che un unico appello era stato fatto da loro personalmente davanti alle telecamere e stava per riandare in onda.

Sento il mostro scendere le scale. Divoro l'immagine dei miei genitori appena apparsa in tv. Sono loro. Mio padre e mia madre.
Disperati, contratti, due larve.
Ho un conato di vomito.
Mia madre sta per dire qualcosa. Ma in quell'istante il mio cervello va completamente in blocco. Non ci sono più e mi lancio con tutta la forza che Dio mi ha donato contro la tv con la mia testa.

Ore dopo quando ho ripreso conoscenza la televisione non c'era più.

QUESTA STANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora