Cocaina.

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-Mi sarei dovuto aspettare di rimanere fottuto da almeno una sostanza. Se giochi troppo con il fuoco, prima o poi ti bruci-.

Una gelida giornata d'inverno. Tremavo, un po' per il freddo, un po' per la paura. Ero steso su una panchina con le lacrime agli occhi e il naso sanguinante.
Le conseguenze di quello che era appena successo le avrei sicuramente pagate. Basta, era il momento di finirla.
Ma come diavolo ho fatto a ridurmi così?
Una specie di flashback cominciò a frullarmi in testa:
Tutto fu per colpa della cocaina.
Dopo aver provato alcune droghe, provai anche lei. Quando la vidi la prima volta era più bianca della neve, sottile come farina e di odore dolciastro. Avevo la tachicardia, ero agitato, sapevo che sarei potuto morire già la prima volta, ma mi fregai di tutto questo e, una volta stesa, mi inchinai sulle ginocchia. L'unico rumore che sentivo era quello del mio respiro, affannoso, rapido. Mi avviciai lentamente a lei, sempre più, fino a toccarla con la punta del naso; ecco che inspirai, più forte che potevo. Ricordo ancora la sensazione: sentii che entrava nella mia narice sinistra, rapida, e subito dopo una sensazione di soffocamento: fu davvero spiacevole. Sbarrai gli occhi, perché immediatamente mi pervasero una grande felicità ed una vana euforia. Già pochi minuti a seguire, avevo voglia di tirare una seconda volta. Al secondo tiro ero completamente rincoglionito, e così, senza pensarci, ne feci un terzo, poi un quarto ed infine un quinto.
Come mi sentivo? Il mondo era ai miei piedi, io potevo fare qualunque cosa. Prima arrivò la carica, poi la forza, l'euforia e la felicità e, infine, l'onnipotenza. Mi misi le cuffiette e andai a farmi un giro; avevo tantissima energia, così iniziai a correre, percorrendo almeno mezzo chilometro di scatto, poi risi; risi tant'ero forte e libero. Un'ora dopo mi sentii però sempre più debole, e poi la depressione più totale. Dovevo assolutamente rifarlo, ne avevo bisogno, avevo bisogno di sentirmi bene; così il giorno dopo ero di nuovo dallo spacciatore.
In poco tempo ero completamente assuefatto alla coca, e, per potermi permettere dosi giornaliere, iniziai ad aiutare i ragazzi del giro. Distribuivo hashish, erba, bamba, pasticche, oppio, pacchi di eroina liquida. In questo modo riuscivo a guadagnare dai quattro ai settecento euro al mese, che spendevo interamente in cocaina, fino all'ultimo centesimo.
Quello che provavo facendone uso però, diminuì di intensità dose per dose, ed io ero costretto a farmene sempre di più per avere un effetto discretamente piacevole, così mi ridussi a tirare su almeno otto strisce ogni volta ed arrivai a star male se non mi facevo per almeno sei ore. Persi moltissimo peso: dimagrii circa di tre chili in una settimana. Ero ridotto malissimo e mi sentivo sempre più una merda nei confronti di tutti e di tutto.
Poi arrivò quel giorno.
"Quanta ve ne serve?" Chiesi.
"Un grammo e mezzo" risposero tranquillamente.
Erano due ragazzi sui vent'anni di età, con la barba ispida, e sembrava che uno facesse palestra tutti i giorni tant'era robusto.
Tirai fuori i pacchi di coca da due grammi l'uno. Il ragazzo più "grosso" fece per tirare fuori i soldi dal taschino interiore della giacca, ma improvvisamente mi diede un pugno fortissimo alla pancia e io caddi a terra sbattendo la testa, per poi restare lì a contorcermi dal dolore. Loro presero i pacchi e scapparono avvinghiati ad essi, avvinghiati come lo è una madre che protegge il proprio figlio.
Non ci misi molto a realizzare in che casino mi ero messo. Ed eccomi là, steso sulla terra disperato e con la pancia e la testa doloranti, con le lacrime agli occhi e il naso sanguinante. Tremavo un po' per il freddo, un po' per la paura. Poi un flashback, che mi fece capire quanti sbagli io avessi fatto in tutto quel tempo.
Volevo smettere. Potevo riuscirci, anzi, dovevo riuscirci.
Sistemai la faccenda con i miei capi di spaccio e uscii dal giro, finalmente libero. Ricordo ancora cosa provai tornando a casa: sembrava di aver tenuto sulle spalle, per tre mesi, uno zaino di venti chili e di esserselo finalmente tolto di dosso. Mi sentivo più libero, molte delle mie ansie svanirono, ero insomma estremamente sollevato.

Le crisi di astinenza iniziarono la sera stessa. Raccontai parzialmente i fatti avvenuti ai miei genitori e gli spiegai che sarei potuto stare veramente male nel mese avvenire.
Dopo essermi infilato nel letto, iniziai ad essere nervoso. Seguirono una tosse nervosa violentissima, tremori in tutto il corpo, insonnia, depressione e conati di vomito.
Pensavo: "Fanculo, avrei potuto farmi ancora un ultimo spliff", "Porca puttana, io non ce la faccio: domani torno da quel maledetto spacciatore e mi tiro su duemila strisce", "Cazzo, ora vomito, basta per favore, basta, è una tortura, mi basterebbe anche solo una striscia". Ero arrabbiato con il mondo, arrabbiato in modo incontenibile, come mai prima. Stringevo le coperte, gemevo, mi contorcevo, era una tortura vera e propria.
Andò così fino alle cinque del mattino, quando finalmente mi calmai e riuscii a fare, seppur tormentato, un piccolo sonnellino.
Dopo i primi giorni di rabbia incontrollata, per l'assenza della cocaina ero debole e con poche energie; ero costantemente depresso: niente e sottolineo niente avrebbe potuto rendermi felice; la debolezza dei miei muscoli era tale da non consentirmi nemmeno di correre. Ero apatico nei confronti di tutto, ebbi forti ipersonnie. Mi ripetevo che dovevo solo resistere un altro po', e così feci.
Un mese dopo ero pulito. Ce l'avevo fatta. Stavo finalmente bene ed ero soddisfatto di me stesso.

Se mi manca? Sì, ci penso tutti i giorni, e sono destinato a pensarci soffrendo ogni giorno per il resto della mia vita.
Nel periodo che sto vivendo ora mi manca particolarmente ma la mia ragazza mi dà la forza di non ricominciare.

Molti di quelli che conoscono questa parte della mia vita mi ripetono che sono un coglione, ma loro non sono nella mia testa, loro non hanno la mia curiosità nei confronti di queste cose, loro non sono mai stati dipendenti a tal punto da qualcosa.
Quindi fanculo a voi moralisti, che non sapete far altro che giudicare gli altri per cose che non avete mai passato; fanculo a quelli che mi odiano per questo; fanculo a voi bigotti che leggendo questa storia vi sdegnate.

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