La teoria delle formiche

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In alcuni vicoli di Napoli non c'era bisogno di fissare la sveglia per il giorno dopo, il vociare delle persone rimbombava tra le pareti della casa già di prima mattina. I venditori gridavano per attirare i clienti, i clienti litigavano sul prezzo, le donne urlavano dai balconi per farsi mettere il pane o il latte nel panaro, che facevano scivolare giù tramite una corda.
Beh, questa era la classica sveglia di Giada: la signora Carmela del piano di sopra, ogni mattina alle otto in punto, appena la piccola salumeria giù da loro apriva i battenti, faceva la spesa in quel modo.
«Pascà, il panino mettilo bene ccà dinto, sennò cade tutta la ricotta!»
«Sì, non vi preoccupate.»
Giada aprì un solo occhio, la visione sfocata dei numeri sull'orologio le impose di aprire anche il secondo e...non vide una mazza lo stesso. Allungò la mano verso il comodino a destra, prese gli occhiali e li inforcò.
Guardò la sveglia e alzò gli occhi al cielo. Le sette? Ah, già, il venditore dei panini con la ricotta di fuscella passava solo il martedì. Rifilò uno sguardo stizzito verso il soffitto, con la speranza che riuscisse a perforare il solaio e incenerire sul posto la signora Carmela.
«Ti do tre euro!»
«Signora Carmè, non mi potete togliere cinquanta centesimi ogni volta. Mannaggia 'a morte!» Oddio, ma quanto era pidocchiosa quella donna? Il povero Pasquale acconsentì, le urla smisero di perforarle gli orecchi e Giada ringraziò il cielo. Ma ormai si era svegliata, quindi tanto valeva alzarsi, fare una bella colazione, mettersi a pulire la casa e scendere per fare un po' di spesa.
Si mise a sedere, si stiracchiò, spostò le gambe verso l'esterno e si fermò prima di fare 'a strunzata. Per poco non scendeva dalla parte destra del letto. Così la sfortuna l'avrebbe perseguitata per tutto il giorno. Si portò verso il lato giusto e si alzò. Arrotolò le lenzuola ai piedi del letto, prese il telecomando dell'antifurto, pigiò il pulsante per disattivarlo, e andò ad aprire la finestra, per far prendere aria alla stanza.
I raggi del sole illuminarono tutta la camera. Giada uscì sul piccolo balconcino e inspirò l'aria fresca di prima mattina. Si affacciò e guardò verso la strada, dove circolavano già alcune macchine. Uh, c'era pure Rino, l'aiutante del pescivendolo, trasportava una grossa scatola di polistirolo verso la pescheria all'angolo.
Il cuore di Giada accelerò. Quanto le piaceva quel ragazzo! Ma lui non la cagava di striscio, e, a peggiorare la situazione, quando parlava con lui, iniziava a balbettare come una scema. Ma non avrebbe demorso. Un giorno, la virtù che si era tenuta stretta per venticinque anni, sarebbe stata di quel ragazzo. Però doveva muoversi, sennò la sua virtù se la sarebbe portata sottoterra.
Ecco, dopo sarebbe andata a comprare un po' di merluzzo e avrebbe cercato di non balbettare con Rino. Quella settimana ci era già andata una volta. Sospirò. Fosse stato per lei avrebbe comprato pesce ogni giorno pur di vedere Rino, ma le sue finanze non glielo permettevano. Però due volte in una settimana non l'avrebbero rovinata, no?
Dopo avrebbe controllato quanto le rimaneva sul conto e se ci fosse qualche richiesta di lavoro dal Centro, così almeno avrebbe potuto andare in pescheria più spesso. Seguì il ragazzo con lo sguardo e sorrise. Rino salutò l'edicolante all'angolo, il macellaio e si fermò a scambiare una parola con un'anziana signora, nonostante il peso della scatola.
Ma quanto era gentile!
Lo era sempre anche con lei e questo aumentava il suo interesse. Ma anche il suo disagio. Quel giorno lo avrebbe superato e avrebbe parlato senza balbettare. Si girò per rientrare, con la coda dell'occhio vide una cosa nell'angolo sinistro del balcone. Si avvicinò. Briciole di pane sparse sulle mattonelle. Quante volte avrebbe dovuto dire alla signora Carmela di non scuotere giù la tovaglia con i resti di cibo?
Le sporcava tutto il balcone, e rischiava che le briciole le finissero anche dentro casa. Quelle cosette minuscole erano infime, si nascondevano all'occhio umano, si rintanavano negli angoli e potevano attirare intere colonie di formiche. Le formiche avrebbero richiamato altri insetti, che avrebbero sparso le loro cacchine in giro, e questo avrebbe attirato i topi con le loro palline di feci. E in men che non si dica si sarebbe ritrovata all'ospedale Cutugno con qualche malattia infettiva.
Recuperò in fretta la scopa e la paletta dallo stipetto e spazzò subito quelle piccole minacce sanitarie. Meno male che era stata dall'oculista la settimana prima e aveva cambiato le lenti ai suoi occhiali, altrimenti avrebbe rischiato di non vedere le malefiche briciole. Mentre posava la scopa, i capelli le si rizzarono alla base della nuca. Doveva essere la signora Immacolata che la stava spiando dal palazzo di fronte. Sentiva il suo sguardo addosso. Girò gli occhi, cercando di non farsi notare. Dalla finestra erano visibili solo le dita, che tiravano appena la tenda, e la parte superiore del viso. Giada alzò, ancora una volta, gli occhi al cielo. Quella donna spiava tutto e tutti del vicolo. Ma lei ce l'aveva proprio di fronte e mancava poco che vivessero insieme, tanto guardava dentro casa sua. Sentiva quegli occhietti addosso ogni volta che usciva o se solo si avvicinava alle finestre su quel lato del palazzo.
Sembrava che la vecchietta avesse un radar che la avvisasse di quando poteva mettersi a spiare. E vedeva tutto, eh, al punto che una volta Giada aveva percorso il balcone avanti e indietro tre volte perché non riusciva a trovare il piumino che usava per pulire le persiane. A un certo punto si era fermata e si era chiesta ad alta voce dove diamine l'avesse messo. "Dietro il secchio, dentro lo stipetto", si era sentita rispondere dall'altra parte.
Giada non capiva perché la signora si intestardisse a nascondersi, tutti nel vicolo sapevano che era una spiona. Si girò e la salutò. Ma l'altra si allontanò facendo scivolare la tenda al posto suo. Col sorriso sulle labbra, perché aveva scampato il pericolo delle briciole e per aver fatto un piccolo dispetto alla signora impicciona, Giada si decise a rientrare.
Passò dinanzi al grande comò di legno, si fermò e baciò la foto sorridente della sua cara nonna. L'aveva scattata al matrimonio di sua cugina. Quel giorno sua nonna aveva ballato e cantato le vecchie canzoni napoletane. Aveva anche scucito la gonna in uno dei suoi balletti. Il giorno dopo l'aveva ricucita ed era tornata come nuova. Una sarta strepitosa.
Era stato poco prima che si ammalasse e ancora le sembrava surreale che non ci fosse più. Quando era piccola, pensava che sarebbe stata eterna. Era così vitale, così energica, così felice di insegnarle tutto ciò che sapeva fare. L'uncinetto, la maglia. La cucina, le pulizie, le tradizioni. Tutto. Le doveva tutto. Più che a sua madre, perché era lei che l'aveva cresciuta da quando aveva due anni. Era lei che c'era sempre stata, in occasione, in ogni momento della sua vita. Perché all'improvviso aveva deciso di lasciarla? Una fitta di dolore trapassò lo stomaco e il cuore di Giada.
Era passato un anno dalla scomparsa di sua nonna e il senso di vuoto era rimasto uguale. Spostò lo sguardo, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Ora avrebbe spinto quel dolore lontano, avrebbe pensato ad altro e il pizzicore agli angoli degli occhi sarebbe sparito. Ecco, un altro respiro, sentiva già che andava meglio.
Non riguardò la foto e andò a spalancare tutte le finestre della casa. Avrebbe lasciato gli ambienti ad arieggiare mentre faceva colazione. In cucina mise il bollitore sul fornello a scaldare il latte, stese lo strofinaccio sul tavolo per non sporcare la cerata, prese il pane del giorno prima dal pensile e afferrò un cucchiaio.
Versò il latte in un tazzone, ci spezzò dentro il pane e mangiò la sua amata zuppa di latte. Il giorno prima aveva lavato gli infissi di alluminio, i vetri, le persiane e i pavimenti di tutte le stanze. Aveva spolverato tutti i mobili con il panno umido e pulito il bagno. Bene, allora quel giorno avrebbe lavato i balconi con la candeggina.
Poi avrebbe spazzato i pavimenti, spolverato con il panno asciutto, si sarebbe dedicata ai lampadari e alle porte delle camere e, infine, avrebbe lavato ancora il bagno. Si mise subito all'opera, recuperando scopa, secchio e stracci. Se doveva andare anche a fare la spesa, e comprare il merluzzo di Rino, doveva muoversi. Mise su un po'di musica e iniziò a spazzare il pavimento.
Amava pulire quella casa, anzi amava proprio la casa, ogni angolo raccontava momenti della sua vita. Dei pranzi con gli zii e i cugini, delle feste di compleanno che sua nonna organizzava per lei, dei pomeriggi passati con le cugine a giocare e a rincorrersi su quello stesso balcone che stava lavando. Quante ore aveva passato a camminare in quel corridoio mentre ripeteva ad alta voce gli argomenti di un esame? Quanti discorsi erano stati scambiati tra quelle mura?
Quelli tra lei e sua nonna erano stati tantissimi. E ora era l'unica a percepirne l'eco. La casa era sua, l'aveva lasciata a lei. E lei doveva prendersene cura. Prese lo scaletto e iniziò a spolverare i lampadari. Certo, non era facile mantenere una casa così grande, nel centro storico della città, le spese erano tante e doveva stare attenta a ogni acquisto. Sua nonna, negli anni, aveva messo da parte un piccolo lascito per lei, ma Giada li aveva spesi tutti per le cure mediche. Prese un profondo respiro e ingoiò per mandare giù il nodo in gola. Si riscosse.
Nessuna malinconia, sua nonna non lo avrebbe voluto. Finì di pulire l'ultima porta rimasta e rimise tutto a posto nello stipetto. Andò in bagno per prepararsi, c'era il merluzzo di Rino che l'aspettava. Pronta per scendere, decise che prima avrebbe dato uno sguardo al suo conto, giusto per capire se davvero poteva permettersi di mangiare pesce quel giorno. Forse un mese e mezzo di riposo era stato troppo, avrebbe dovuto accettare quell'allieva per l'esame di Storia Romana. E non si era regolata granché con le spese.
Batté un piede a terra aspettando che il PC si accendesse. Andò sul sito delle Poste e sbuffò. Non si era regolata per niente. Se non l'avessero chiamata dal Centro, rischiava di dover chiedere un prestito ai suoi genitori per arrivare a fine mese. Spostò gli occhiali e si massaggiò gli occhi. Niente pesce, avrebbe comprato un po'di verdura, costava molto meno.
Iniziò a mangiucchiare l'interno della guancia, le dita tamburellavano sul tavolo. Era stata proprio una sciocca. Il suo cellulare suonò per l'arrivo di un messaggio. Prese il suo vecchio Nokia, a tasti veri, e aprì l'sms. Neanche le avessero letto nel pensiero, "Grandi esami per tutti", il Centro di preparazione di alunni per il quale lavorava, le diceva di leggere la mail che aveva ricevuto. «Maronna mia, ti ringrazio» disse alla stanza vuota. Si affrettò ad aprire la posta elettronica. L'e-mail con i nomi dei nuovi studenti arrivava in contemporanea a tutti i preparatori degli esami di Lettere e rischiava che altri si accaparrassero il lavoro migliore. Il documento condiviso conteneva in tutto sei nomi, e nessuno era stato ancora barrato dai suoi colleghi.
Lesse in fretta le informazioni degli studenti, spalancò gli occhi davanti al numero quattro. Pagavano tremila euro per tre esami? Avevano forse digitato male il prezzo? Rinaldi Francesca Maria, di Bologna, aveva bisogno di ripetizioni in Latino, Letteratura Italiana e Letteratura Greca, esami da recuperare dell'anno precedente.
Ahia, era stretta coi tempi...il primo appello in tre settimane...ecco perché il bonus. Strano, però. Di solito ci mettevano di più a convalidare le richieste di trasferimento. A volte i tempi erano addirittura biblici. Comunque, non poteva prendere nessun'altra. E doveva anche ospitare la ragazza, perché il Centro non aveva camere libere al momento.
L'alloggio sarebbe stato pagato a parte. Giada aggrottò la fronte, le era già capitato di ospitare qualche allieva, ma solo per pochi giorni. Lì invece non avevano specificato per quanto sarebbe dovuta durare l'ospitalità. D'altronde, a metà anno, poteva essere complicato liberare una stanza nel convitto del Centro, specie se era pieno. Cosa che capitava spesso, poiché era uno dei più rinomati in Italia e aveva come clienti solo persone di un certo spessore sociale. Non avrebbe sopportato gente per casa per troppo tempo, ma quella proposta era troppo allettante. Le servivano soldi e tremila euro, più le spese per l'alloggio, erano un'ottima somma.
Un altro utente fece il suo accesso nel documento condiviso. Non poteva più temporeggiare. Barrò subito il nome, aggiunse il suo di fianco, e dalla chat, Adriana, una delle dirigenti, le chiese se fosse sicura. Le sembrò strana quella domanda, tuttavia si limitò a scrivere un semplice sì, e l'altra le fece sapere che Francesca Maria sarebbe arrivata due giorni dopo. Perfetto! Non vedeva l'ora di conoscere la sua nuova alunna. Ma, prima, merluzzo fresco!

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