I giardinieri

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-Volete gentilmente dirmi, -domandò Alice, con molta timidezza, - perchè state dipingendo quelle rose? Cinque e Sette non risposero, ma diedero uno sguardo a Due. Due disse allora sottovoce: - Perchè questo qui doveva essere un rosaio di rose rosse. Per isbaglio ne abbiamo piantato uno di rose bianche. Se la Regina se ne avvedesse, ci farebbe tagliare le teste a tutti.

Quello stesso pomeriggio, Lucia entrò nella stanza di Alice con un gran sorriso sulle labbra.

"Metti la giacca."

Alice la guardò, perplessa. Vuole davvero dire che...?

"Dai, piccola, sbrigati, prima che il dottore cambi idea!"

La ragazza rimase ferma, come in trance. "Stai scherzando?"

L'infermiera scosse la testa. "Sembra che abbiano pensato che forse tenerti chiusa in camera come una bambina in castigo accresce solo il tuo disagio e quindi i tuoi scoppi di rabbia" e alzò gli occhi al cielo.

Alice si sentì invasa dalla felicità come da un fiume impetuoso, così forte che quasi svenne. Invece saltò giù dal letto in tutta fretta.

Erano giorni che non usciva nemmeno con il pensiero. Figurarsi poi con il suo vero corpo. A volte si era seduta davanti alla finestra, quando il timido sole invernale aveva provato a portarle un po' di calore. Non che facesse freddo, lì dentro, ma il sole e il riscaldamento elettrico non erano certo la stessa cosa. Non aveva potuto spalancare la finestra, si apriva solo di poco per evitare che un paziente scappasse, però un refolo d'aria era entrato, e con il caldo del sole, Alice aveva assaporato anche il freddo del vento.

Ora non voleva perdere l'occasione di viverli davvero.

Indossò in fretta e furia le scarpe che giacevano abbandonate sotto il letto, coperte da un sottile velo di polvere. Non aveva permesso a nessuno di portargliele via perché avrebbe significato ammettere la propria prigionia.

Infilò le braccia nelle maniche del parka verde che Lucia le reggeva.

"Non ci posso credere!" continuava a ripetere, al settimo cielo.

L'infermiera la accompagnò fuori dalla stanza, ridacchiando. Si zittirono appena arrivate in corridoio, perché non sarebbero sembrate molto affidabili, ridendo in quel modo.

Passarono solo un paio di corridoi, ma ad Alice sembrò un viaggio lungo chilometri. Si muoveva come una nave timonata da Lucia. Le mattonelle del pavimento, perennemente e orribilmente bianche, erano un mare insidioso. I medici e gli infermieri che le guardavano diffidenti erano navi pirata da evitare.

Doveva avere il vento contrario, perché il Nuovo Mondo a cui andava incontro -che era soltanto una porta di plastica e metallo- sembrava rimanere sempre lontano. Ma poi ci fu un soffio di vento propizio, e si ritrovò di colpo lì davanti, pronta ad attraccare.

Si fermò, emozionata. Poi si diede della sciocca per la sua stessa emozione. Si trattava solo di uscire all'aperto, una cosa che tutti facevano tutti i giorni e che lei stessa faceva fino a poco tempo prima. Già...Facevo.

Questo rendeva tutto più doloroso. Voleva di nuovo quella libertà.

"Avanti, apri!" disse Lucia proprio in quel momento, come se fosse in sincrono con i suoi pensieri.

Alice sorrise, sentendo l'adrenalina nelle vene. Si ripeté che era una cosa da poco, ma sapeva che non lo era.

Posò la mano sulla maniglia, come aveva fatto con quella in camera di Luca tempo prima. Ma questa volta la sua mano si fermò contro la plastica, fredda ma miracolosamente intatta e presente sotto le sue dita.

Take me to WonderlandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora