Lo Stregatto

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- Da questa parte, - rispose il Gatto, facendo un cenno con la zampa destra, - abita un Cappellaio; e da questa parte, - indicando con l'altra zampa, - abita una Lepre di Marzo. Visita l'uno o l'altra, sono tutt'e due matti. - Ma io non voglio andare fra i matti, - osservò Alice. - Oh, non ne puoi fare a meno,- disse il Gatto, - qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta. - Come sai che io sia matta? - domandò Alice. - Tu sei matta, - disse il Gatto, - altrimenti non saresti venuta qui.-

Passò qualche giorno senza che Alice scappasse più. Non voleva cascarci di nuovo.

Aveva l'impressione che quella fuga fosse in qualche modo sbagliata, contro natura. Perché sapeva che era un'illusione, esattamente ciò da cui doveva allontanarsi per uscire finalmente di lì.

Ma ci sono sognatori che sono nati per esaudire i desideri o morire nel tentativo.

Fu un accenno casuale da parte dell'infermiera a darle l'idea: "Alice, tu andavi in vacanza al mare?"

Bastò questo, e Alice si sentì catapultata indietro di anni, in un ricordo che non sapeva nemmeno di possedere ancora.

Una corsa sulla sabbia bollente. Due mani che si stringono.
Onde ornate di schiuma che si rincorrono come in un gioco infinito. Il suono di un respiro antico come il tempo. Il profumo dolce e salato della brezza.
Mare.

"Alice?"

La ragazza batté le palpebre. "Sì"

Abbassò lo sguardo. "Sì, ci andavo con i miei genitori, da piccola. Mi piaceva tanto."

Non sapeva da dove venivano quei ricordi, sembravano uscirle di bocca da soli.

"Sono anni che non ci vado. Uno dei miei progetti era tornarci con Luca, io e lui da soli."

Sentì un groppo alla gola.

Lucia la guardò, indecisa sul da farsi.

I bei ricordi a volte fanno male, ma sono sempre bei ricordi.

***

Quella sera, Alice si rigirò nel letto.

Voleva andarsene. Non ce la faceva più a restare lì ferma, in silenzio.

Forse era anche sbagliato quel suo fantasticare, ma ne aveva bisogno come dell'ossigeno. Magari era matta, ma non lo erano forse tutti, a modo loro? Non aveva lei il diritto di essere matta, in certi momenti?

Gli ultimi giorni erano stati estenuanti. Aveva bisogno di lasciarsi andare. Di non rientrare nelle necessità altrui. Di essere umana.

Combattuta, cercò qualcosa che la convincesse a fare la cosa giusta e finì a fissare il soffitto. Bianco. E quel bianco che non smetteva di perseguitarla la convinse a chiudere gli occhi.

Aveva bisogno di altri colori. Il chiarore aranciato dell'alba. L'azzurro-verde del mare. Il grigio delicato e il rosa splendente delle nuvole, che veramente bianche non erano mai.

Sgusciò fuori dalla finestra. Si librò nel cielo come un gabbiano, la monotonia grigia delle ali interrotta da due linee nere.

Non sapeva bene dove fosse il mare, aveva presente solo una direzione, e comunque in modo vago. Ma non aveva bisogno di una strada. Le bastava il cielo.

Volò tutta la notte. Cominciò presto a sentire il dolore delle ali, ma continuò a batterle senza sosta.

Sorse il sole, ma non pensò nemmeno un momento di tornare indietro. Aveva una destinazione.

Passò quasi un giorno in volo, sbagliando direzione, deviando, tornando.

A un certo punto si ritrovò a non sapere dove andare, ma dopo un attimo di riflessione prese la direzione giusta senza sapere come. Sembrava quasi che qualcuno gliel'avesse indicata.

Non si fermò, nonostante gli errori e le incertezze, perché stava volando per sé, solo per sé, e nessuno si sarebbe lamentato dei suoi errori. Della sua inutilità. Delle sue fantasie.

Perché era vero, era tutto vero. Poteva sentire il vento sotto le ali, l'acido lattico nei muscoli, il tepore leggero del sole invernale.

E la gente la vedeva. Non tutti, certo, erano molto occupati, sguardo avanti, o molto preoccupati, sguardo a terra.

Ma un bambino la vide. La indicò ai suoi amici, ridacchiando, e tutti la guardarono ammirati. Come se fosse una cosa bella. Come se fosse un miracolo. I bambini hanno questo dono.

Finalmente lo vide in lontananza.

Non era che una linea verde che spuntava oltre le case, ma il profumo era inconfondibile.

Mare, pensò Alice. Le piacque il suono della parola e prima di rendersene conto iniziò a urlarla: "Mare! Mare!"

Rise, pensando a quanto era sciocca. Eppure, riempire i polmoni e gridare era una cosa che non faceva da diverso tempo.
O meglio, non lo faceva da sana da diverso tempo.

A volte aveva avuto voglia di farlo, per sentirsi un po' più libera, ma non voleva far preoccupare nessuno.

Ora non c'era nessuno che potesse preoccuparsi. Ora solo lei era responsabile di sé stessa. Non aveva nessuno che si potesse allarmare.

Finalmente raggiunse l'acqua, e in quella forma fu ancora più bello.

Si chinò in volo, sfiorando la schiuma sulle creste delle onde con la punta di un'ala, come se volesse affondare in acqua, imitando il sole in lontananza.

Scese ancora e rise, di nuovo ad alta voce.

Era bello il mare.
Era bello il sole.
Era bello il profumo di salsedine.
Era bello urlare.
Era bello ridere.
Era bello vivere.

Rimase lì, quella notte. Dormì sulla spiaggia, tra gli anfratti degli scogli.

Il giorno dopo però decise di tornare all'ospedale. Il sogno era durato già tanto. Avrebbe potuto tornare al mare quando voleva.

Si distese, pensando di svegliarsi, e attese.

Rimase lì.

Non capiva. Il suo aspetto era ancora quello di un gabbiano, quindi non poteva essere nel suo vero corpo.

Come faceva a tornare indietro?

Alla fine si alzò in volo con rassegnazione, facendo il percorso a ritroso.

Era molto meno entusiasta del viaggio questa volta, ma si sforzò di pensare al suo ragazzo, che al momento doveva essere in vacanza con i genitori ma sarebbe tornato presto, e alla sua infermiera.

Arrivò di nuovo a sera. Due giorni e due notti di sogno. Si sentiva esausta, ma felice. Ne era valsa la pena, pensò mentre rientrava nel proprio corpo.

La mattina dopo, fu svegliata da qualcuno che la scuoteva forte.

Aprì gli occhi, spaventata.

"Che succede?" domandò impaurita.

"Che succede?" ripeté Lucia, davanti a lei. "Dio mio, piccola, ho creduto che stessi morendo!"

La abbracciò, con gli occhi lucidi.

"Ma perché? Cosa è successo?" domandò Alice, scostandosi.

"Ma davvero non te ne rendi conto?"

La ragazza scosse la testa, sempre più perplessa.

"Alice...È la prima volta che apri gli occhi dopo due giorni interi."

Take me to WonderlandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora