La Regina Bianca

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— È inutile che mi ci provi, — ella disse, — non si può credere alle cose impossibili. — Forse non hai la pratica necessaria, — disse la Regina. — Quando io avevo la tua età, m'esercitavo per mezz'ora al giorno. Ebbene, a volte credevo nientemeno che a sei cose impossibili prima della colazione... 

"Ciao tesoro, è passato qualcuno oggi?" chiese Lucia, entrando nella camera di Alice.

"No" rispose lei, perplessa. "Altrimenti lo sapresti. Perché me lo chiedi?"

L'infermiera si accigliò. "Ah. Doveva passare una tua amica, credo, ma forse ho confuso il giorno."

La ragazza, noncurante, abbassò di nuovo lo sguardo sul libro che stava leggendo.

"Ho davvero una pessima memoria, ultimamente" commentò Lucia, evidentemente in vena di far conversazione. Alice, capendo le sue intenzioni, abbassò il libro.

"In quante direzioni va?"

"Eh?"

"La tua memoria."

"Solo indietro, ovviamente."

"Allora sì: è proprio una miserabile razza di memoria quella che va solo all'indietro" dichiarò Alice, come pensando che ciò chiudesse la questione. Per ribadirlo, sollevò di nuovo il libro e riprese a leggere.

Lucia la guardò, un po' preoccupata per quella scontrosità. 

Ma non potè fare a meno di sentirsi intenerita dalla vita di quella ragazza che leggeva assorta. Eccola lì, Alice. La sua Alice. La sua bambina, che purtroppo o per fortuna era rimasta tale.

"Cos'hai?" chiese lei proprio in quel momento. Non aveva ripreso a leggere per davvero e quindi si era accorta dello sguardo dolce della donna.

"Niente, niente" rispose l'infermiera abbassando lo sguardo.

Poi si alzò in piedi e disse frettolosamente "Allora, se non hai bisogno di nulla, io vado."

"Ciao."

"Ciao, piccola."

Alice rimase sola. Si sentiva un po' in colpa per l'indifferenza e la freddezza che aveva appena dimostrato, ma Lucia l'aveva interrotta nel bel mezzo di una conversazione. Conversazione che non poteva continuare in presenza dell'infermiera. Così aveva dovuto trovare un modo per farla andare via senza dirglielo esplicitamente.

Scusa, continua pure, decise allora.

"Fingerò che non sia successo solo perché è lei, signorina Alice" disse una voce belante.

La ringrazio. Posso avere l'accesso alla quinta casella, quindi?

"Lei corre troppo. Deve fornirci sei cose impossibili, prima."

Ma nulla è impossibile, rifletté Alice, tra sé e sé.

"Per l'appunto" le diede ragione la voce, che sembrava soddisfatta di quel pensiero.

Alice ci pensò.

1. incontrare la Regina di Cuori mi ha fatto diventare piccola.
2. Liberarmi di lei mi farà tornare grande...Se ce la farò.

Si fermò di nuovo a ragionare e le vennero in mente gli anemoni di Luca.

3. I fiori e gli insetti mi parlano.

Luca...Di nuovo partito. La stava abbandonando un'altra volta.

4. Le persone che vorrei vedere scompaiono.

E poi, la sua realtà.

5. Esiste un Paese delle Meraviglie
6. Ci entrerò da Regina.

L'altra voce rimase in silenzio, ma Alice sentì il rumore di una matita che picchiettava su un taccuino.

"Bene, signorina. Spero che ci rivedremo nella Bottega."

In che senso, 'spera'?

"Nel senso che non sarò io a decidere se le sue risposte sono appropriate. Sarà informata."

La ragazza annuì e iniziò a leggere, stavolta davvero.

***

Quando posò il libro, Alice si sentiva stufa dell'inattività. Negli ultimi giorni, leggere l'aveva divorata. Rileggeva spesso le stesse scene, più volte, prima di proseguire con la storia, così la lettura era rallentata tanto da non essere ancora terminata, pur essendo il suo principale passatempo.

Prese il diario, pur senza sapere cosa scrivere. Posò la punta della penna sulla pagina bianca e rimase ferma. 

E adesso?

Cercò di muovere la penna in modo spontaneo, senza badare a ciò che faceva.

Funzionò, più o meno.

Linea dopo linea, dal foglio emerse la figura di una ragazza con gli occhi chiari, colorati appena da qualche tratto leggero, e un lungo abito dalle pieghe pesanti.

Be', questo le veniva spontaneo. 

Continuò ad aggiungere dettagli, creando le onde dei capelli, tratteggiando ricami a forma di rose e anemoni sull'abito e coronando la testa con una tiara incastonata di pietruzze scure e luccicanti.

Da ultimo, disegnò delle grandi ali piumate sulla schiena.

L'inchiostro blu della penna che aveva usato le sarebbe sembrato sbagliato in qualunque altra situazione, ma stavolta le parve perfetto. Colorò il vestito e la tiara con tratteggi sempre più fitti, ma lasciò le ali quasi bianche.

Alla fine ammirò il risultato. 

Era lei, senza dubbio, ma con la corona di quando sarebbe diventata Regina. Credo che sarò la Regina Blu.

E poi quelle ali. Apparivano soffici e piumate, ma anche forti e veloci.

Le avrebbe avute davvero, raggiunta l'ultima casella?

Avrebbe potuto scappare davvero. Dalla clinica, dalla prigione. Magari anche dalla Regina di Cuori. Magari il Paese delle Meraviglie si trovava volando.

Non vedo l'ora di averle, pensò, già sognante.

Si alzò dal letto e iniziò a volteggiare lentamente.

Non era mai stata brava a ballare. Persino al corso di danza classica della scuola materna era la peggiore della classe, per nulla in grado di compiere perfino i passi più semplici.

Eppure in quel momento non ci pensò, perché non aveva la preoccupazione di un pubblico.

Spiccò un salto, concentrandosi su quell'attimo in cui rimase sospesa tra cielo e terra, le gambe tese e le braccia slanciate verso l'alto. Ma gli attimi hanno breve durata.

Atterrò con cautela, come da un volo vero.

Ripeté il salto, ancora e ancora.

Giunse a immaginarsi con il vestito lungo che aveva appena disegnato, dandogli un color pervinca che si scuriva fino a diventare di un blu brillante sul fondo della gonna e sugli orli larghi delle maniche.

Riusciva quasi a vederselo indosso.

Non osò indossare la corona, dopotutto era ancora una pedina.

Però si concesse le ali. Quelle sì, le doveva avere assolutamente.

Immaginò di batterle lentamente, contraendo i muscoli della schiena e delle spalle.

E mentre assaporava l'attimo di volo, chiuse gli occhi.

Aspettò l'impatto con il suolo, quasi con rassegnazione. 

Ma non arrivò.

Aprì gli occhi, sorpresa, e osservò le mattonelle bianche sotto di sé. Fluttuava, sospesa nell'aria, con leggeri spostamenti.

Sulla sua schiena, due grandi ali bianche fendevano l'aria con un suono frusciante e tintinnante allo stesso tempo, che non aveva mai sentito prima.

Stranissimo. Molto stranissimo.

Volava.

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