Prologo (prima parte)

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Shin, il prigioniero, barcollò in seguito al brusco strattone della corda legata al suo collo. Cadde su un ginocchio, grugnì e si rimise in piedi mentre il Carnefice sibilava verso di lui. Shin avanzò, il suo cervello insensibile al dolore, all'oscurità, all'incombente senso di oppressione. Alle sue spalle, le inquietanti guglie della città-prigione di Iskawan perforavano il cielo come neri aculei. La nebbia avvolgeva il resto di quella terra palustre, come fosse una grigia coperta logora. Non si udiva nemmeno il canto di un uccello dalla fitta foresta in lontananza, immersa nella stessa oscurità che inghiottiva ogni cosa e conferiva a quel luogo il nome de Il Nulla.

Lo strano e scoordinato incedere di altri due Vakum seguiva Shin. A guidare il gruppo c'era un uomo calvo e nerboruto, impugnava una torcia all'altezza della spalla sinistra. Era il Carnefice, l'uomo che gestiva la malavita ad Iskawan.

La debole luce della sua torcia proiettava un flebile cerchio attorno a lui, non si estendeva molto oltre. Le ombre mutevoli danzavano, rivelando una mano chiusa tatuata sul suo collo taurino; un simbolo di castigo.  Dalla mano destra del Carnefice pendevano tre corde, ciascuna legata ad un Vakum. "Muovetevi, cani!" disse l'uomo divertito mentre li strattonava. I Vakum arrancavano in silenzio, i loro occhi spenti e le labbra serrate. Nonostante la dilagante oscurità e l'inquietante nebbia che turbinava ai suoi piedi, l'uomo sembrava conoscere la strada. Spostò il capo di lato, poi tornò a guardare il terreno. Mentre respirava, borbottava costantemente qualcosa."Palude a destra. Palude a sinistra," canticchiava. La sua voce risuonava in quel luogo ameno."Segui il richiamo della strolaga verso il tuo tragico destino. Ah Ah!"  La sua eccentrica risata rese quella notte ancora più angosciante. Passo dopo passo, i Vakum procedevano a fatica lungo quell'unico sentiero dissestato che si inoltrava nella palude. L'acqua si insinuava fino alle caviglie. Le funi tiravano, ancora e ancora, comprimendo loro il collo e facendoli sobbalzare finché, all'improvviso, si fermarono.                                                         

Il Carnefice era immobile, la testa inclinata all'indietro. In lontananza si intravedeva l'ampio ingresso di una caverna, abbastanza grande da consentire a due uomini affiancati di entrarvi. "Finalmente eccoci qui, grazie al mio coraggio" , disse il Carnefice battendosi il palmo della mano sul petto. Il rumore ruppe quel silenzio assordante. "Voi state buoni qui, cani che non siete altro, feccia Vakum! Ho degli affari da sbrigare, a vostre spese si intende. Ah Ah Ah!" 

Legò le tre corde ad un albero dal tronco massiccio. I due prigionieri in fondo caddero in ginocchio, con gli occhi chiusi per la rassegnazione. Shin rimase in piedi, fissando la nebbia. Il Carnefice si spostò nuovamente verso l'entrata, le gambe divaricate, mentre scrutava nel buio. Dall'oscurità provenne una voce, debole e allo stesso tempo autoritaria.

"Ti attendevamo. Entra pure" ,  il Carnefice rimase dove era. Appoggiò i pugni sui fianchi, dando l'impressione che le sue spalle fossero ancora più larghe. "No. Venite fuori Voi a vedere ciò per cui ho messo a rischio la mia stessa vita."

Seguì uno stridìo. Quattro figure uscirono dalla nebbia che circondava la grotta, gli occhi scintillanti, i volti contratti. Tuniche nere e logore ammantavano i loro corpi lasciando intravedere gli occhi. Una delle quattro figure sedeva su una fatiscente sedia a rotelle. Si trattava di un uomo anziano, dalla pelle rugosa e raggrinzita. Lunghe unghie giallastre si estendevano dalla punta delle sue dita." Arrogante come sempre."                                                        

La voce metallica dell'anziano risuonò nella palude. Il suo tono era cavernoso, stanco. Non si udiva alcun altro suono. La luce intermittente di un fuoco fatuo illuminava lo sfondo.  Nonostante quegli individui si fossero avvicinati, il Carnefice non arretrò di un passo. La sua mano si contrasse sul fianco. Si mordicchiò il labbro inferiore. "Essere sicuri di sé non significa essere arroganti," disse in tono deciso. " Ho portato ciò che mi avete chiesto" , gli occhi dell'uomo anziano saettarono verso i prigionieri, soffermandosi prima su Shin.

"Sì, hai portato tre Vakum come richiesto, ma questi sono mezzi morti. Ci daranno ben poco potere, la loro linfa vitale è quasi esaurita."  "Sono vivi"  ribatté infastidito l'uomo calvo,"Non per molto"  sentenziò l'anziano scrutando i tre Vakum. Il Carnefice deglutì "Ho rispettato gli accordi" 

"A malapena" 

"Portarne tre è stato un grosso rischio! Non potrò sempre farlo. La scomparsa di tre Vakum può attirare l'attenzione e crearmi dei problemi" . Il vecchio agitò una mano in modo sprezzante, "Saprai cavartela."  Le narici del Carnefice si dilatarono, ma rimase in silenzio."Dategli tre fiale" ordinò il vecchio sulla sedia a rotelle."Tre?" ripeté eccitato l'uomo.

L'anziano annuì. Una delle figure incappucciate accanto a lui avanzò, mostrando tre fiale di liquido ambrato nel palmo della mano. Il Carnefice le arraffò all'istante, per poi infilarle rapidamente in una bisaccia legata ai suoi pantaloni. "Apprezzo la vostra generosità" i suoi occhi brillavano con bramosia."Conosco la tua passione per il Loto Ambrato, Carnefice." 

Il vecchio sollevò un dito scheletrico. "Continuerò a ricompensarti come si deve per i tuoi sforzi. Una fiala per ogni Vakum. Immagino che un uomo nella tua posizione possa fare sicuramente qualcosa in più." 

"Compiacimi, e vedrai che ne varrà la pena." 

"In che modo?" chiese il Carnefice.

"Riceverai tanto Loto Ambrato quanto ne meriterai. Evadere da Iskawan sarà la tua ricompensa finale, naturalmente." 

Il Carnefice strabuzzò gli occhi,esitò per un attimo, dopodiché ruppe quell'atmosfera tesa "Al nostro prossimo incontro tornerò con altri tre Vakum."   Le labbra sottili del vecchio delinearono un sorriso. Strinse le dita tra loro, fissandolo.

"E così sia."


I Volti dell'inganno - Sinfonie del Sole e della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora