3- Non Posso Essere Amata

4 3 0
                                    

In tutti questi anni che ho affrontato la mia vita da scrittore, ho capito una cosa essenziale: solo i miei genitori potevano mostrarmi una qualche sorta di amore.
Nel corso del tempo ho conosciuto nuove amicizie, ma la media stimata di durata è due anni soltanto. La prima amica di cui mi ricordo era una bambina, ai tempi dell'asilo, che non sapeva parlare bene. Non seppi mai che fine fece, se imparò a parlare o meno, perché finito l'ultimo anno mi trasferii e iniziai le elementari da tutt'altra parte.
Lì conobbi un'altra bambina, ma non era mia amica perché mi voleva bene o roba del genere, ma solo per il semplice fatto che le tornavo utile. In poche parole, mi sfruttava soltanto e io purtroppo lo capii tardi.
Dopo la seconda elementare mi trasferii nuovamente. In terza nacque mia sorella minore e appena la vidi capii subito che se volevo che mi amasse e che mi stesse affianco, avrei dovuto fare in modo che sentisse sempre il bisogno della mia presenza.
La terza e la quarta elementare li trascorsi con una bambina che diceva di volermi molto bene, ma il destino ha fatto in modo che io la perdessi. Fece arrivare un'altra ragazzina che si infilò nella nostra amicizia e me la portò via. Lì allora capii il giochino con cui Destino sembrava divertirsi parecchio: non potevo avere amicizie se sotto non ci stava uno scopo più grande, ovvero aiutare.
In quinta elementare arrivò una bambina, tre anni più piccola di me, emarginata quanto la sottoscritta e bisognosa di affetto e attenzioni di cui ne avevo in abbondanza. Presi in mano la penna e mi intrufolai tra le sue parole. Le diedi l'amicizia che voleva e riuscii a renderla felice, anche se non saprò mai se è durata perché il destino ha pensato che io avessi finito il mio compito e mi ha allontanata.
Nonostante non mi fossi spostata di paese, nonostante le elementari e le medie fossero a due passi tra di loro, non la rividi mai più.
Passai un anno da sola, a chiedermi che senso potesse avere intraprendere un'amicizia o una relazione di qualsiasi genere se poi finivano sempre nello stesso modo.
In seconda e terza media però osai sfidare nuovamente Destino: feci amicizia con una ragazza che percorreva la mia stessa strada da scuola a casa.
Pensavo fosse amicizia vera, quella che hanno i protagonisti, ma non era così: la ragazza aveva bisogno di qualcuno con cui parlare ed io mi scoprii essere un'ottima ascoltatrice.
Si lamentava sempre della sua famiglia o delle infinite litigate con la sua migliore amica e cercava sempre consigli che mi soddisfacevo a dare.
Poi siamo passate alle superiori e non c'è più stato bisogno di me. Passai altri due anni da sola, poi venni bocciata e capitai nella classe in cui sono ora. Una ragazza mi seguì nella bocciatura e io capii che il destino me l'aveva piazzata lì per darle una mano. Passai due anni a cercare di sistemare le sue scritte, ma ogni volta che sembrava facessimo progressi, lei ricadeva giù. Per la prima volta, mi resi conto che non potevo aiutare tutte le storie, soprattutto quelle che non mi permettevano di farsi riscrivere.
Passando da una classe all'altra conobbi un ragazzo, terribilmente chiuso a palla, che sembrava avere una grossa scritta "aiuto!" sulla copertina del libro. Dopo due anni e mezzo che cerco di sistemare le sue nere lettere, ho solo avuto qualche piccolo progresso di poca importanza, ma non ho intenzione di arrendermici, per niente al mondo.
In tutto questo tempo mia sorella maggiore, per quanto io l'abbia aiutata e protetta, non ha potuto fare altro che odiarmi, ogni singolo istante.
Dopo tutto ciò che ho affrontato, sono arrivata alla conclusione che non ho il permesso di affezionarmi a qualcuno e che posso stare vicino agli altri solo se loro hanno bisogno della mia penna.

Gli ScrittoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora