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Nella stanza vigeva il silenzio, un tale silenzio che con la dovuta attenzione avrebbe potuto sentire il proprio cuore battere. La giornata prometteva un tempo splendido, ma nemmeno questo riusciva a risollevarla, ultimamente il suo umore era più altalenante del solito e quella mattina era peggio che mai convinta che tutto sarebbe andato storto.

Ancora in biancheria alzò lo sguardo dal pavimento mentre un brivido le percorreva la pelle. Amira dopo accenni di conversazione nel tentativo di stemperare quel gelo, lasciò perdere e continuò a preparare Bariko in silenzio, finché Agape irruppe nella stanzetta senza preavviso.

«Non siete ancora pronta?» disse facendo cenno alle sue cameriere di entrare «Quando hai intenzione di abbandonare gli appartamenti della servitù? Se davvero hai accettato di farti riconoscere da mio fratello è tuo dovere iniziare a vivere degnamente senza farlo sfigurare.»

«Avete ragione madonna.» rispose atona la ragazza, poi mise su la maschera e sorrise allegra alla zia «Amira sta facendo preparare gli appartamenti che ho scelto, purtroppo avevano bisogno di qualche attenzione in più di una semplice rassetta.»

«Sono venuta a controllare che ti stia preparando come si deve, non voglio che tu faccia sfigurare mio fratello.» aggiunse con una nota di biasimo.

«L'abito lo avete visto, vi era piaciuto...»

«Piaciuto è una parola grossa ragazza, ma col poco preavviso che ti è stato dato, direi che ci accontentiamo.» la donna, vestita e acconciata in pompa magna, prese a sventolare svogliatamente il piccolo flabello, giudicando con disappunto quella stanza e tutto ciò che conteneva «Chissà poi cosa gli è saltato in mente così d'improvviso...» scandì in un bisbiglio.

Sventolò lontano quei pensieri superflui e fece segno alle sue cameriere di mettersi all'opera «Fate alla svelta.»

Sua zia la fissò per tutta la preparazione, intervenendo su ogni capello fuori posto e decidendo i colori più adatti per risaltare in modo raffinato la forma delle labbra e la linea degli occhi. Un tempo che a Bariko parve interminabile e che trascorse meditando sulle cose da fare e quelle da non fare, finché non si sentì togliere il fiato.

«Stringete di più,» pontificò Agape «non vogliamo che si pensi che abbia una nipote grassa.»

Bariko subì in silenzio fino a presentarsi dritta e altera all'ultima verifica della donna, che la scrutava con un malcelato rincrescimento. Donna Abagnale osservò in silenzio i delicati lineamenti della nipote che ricambiava il suo sguardo con la stessa intensità che le riservava Atal quando erano in disaccordo. Le aveva fatto raccogliere i capelli in una perniciosa acconciatura che, adornata da una rete dorata, incorniciava il pallido viso la cui carnagione faceva risaltare ancor più la tinta che le tingeva le labbra.

Abbassò lo sguardo ad analizzare l'esile collo, ancor più pallido e spoglio di ornamenti. Con delicatezza le fece inclinare il viso di lato per saggiarne il profilo.

«Le vostre gote hanno preso colore,» sentenziò allontanandosi a prendere un girocollo «prestate attenzione o dovrete ricoprirvi di biacca.»

Nelle vie principali della città sventolavano bandiere e stendardi colorati mentre i cittadini erano in fermento per l'imminente corteo. Quella era l'unica occasione in cui la nobiltà si univa ai popolani per le celebrazione di primavera e rinascita, merito della dea Inanna che scese negli inferi per liberare il consorte Domuzi, patrono dell'agricoltura, ridonando vita e fertilità alla terra dopo il lungo inverno.

I bambini tiravano le madri per la fretta di assistere agli spettacoli e il timore di rimanere troppo lontani per riuscire a vedere, intanto stuoli di giovinette attendevano al centro della piazza la giovane danzatrice vestita dei panni di Inanna discutendo su quale componente della famiglia imperiale avrebbe interpretato Domuzi.

Rebecca aveva seguito la danza della Rinascita per tutto il suo percorso, erano anni che voleva vederla e per anni i racconti dei mercanti e dei suoi fratelli che avevano accompagnato suo padre prima di lei l'avevano affascinata, dipingendo ai suoi occhi un quadro ammaliante dai risvolti romantici. Le strade erano affollare, piene di colori e di profumi esotici, tanto che avanzare allo stesso ritmo della processione talvolta era impossibile. Becca dovette correre parecchio per assistere al passaggio da ognuna delle sette porte della città, dove la figurante avrebbe pagato gabella come la Dea nella sua discesa negli inferi spogliandosi di una delle preziose vesti e ornamenti divini, suonando la campana ad indicare il suo passaggio.

Quando arrivarono alla piazza degli Dei era già stata ghermita dalla folla, Becca tentò di intrufolarsi tra la calca per assistere in prima fila al resto della rappresentazione, ma capì in fretta che si trattava di tempo perso e si diresse verso il bordo piazza alla ricerca di un posticino rialzato in cui appostarsi.

Non molto più tardi Rahevel l'avvistò avviticchiata al palo di un lampione mentre scrutava cogitabonda il palco nobiliare e la segnalò al suo compare. La ragazza non ebbe nemmeno un briciolo di emozione per la rivelazione che lo stesso imperatore aveva vestito, all'ultimo, i panni del Dio, troppo concentrata a fissare un preciso punto. Tanto meno prestò attenzione a chi le si stava avvicinando, se non quando le arrivò una sonora manata sulla coscia rimasta scoperta per l'improbabile posizione che aveva trovato.

«Incosciente! Ti vuoi far lapidare per oscenità? Qui applicano le leggi dell'impero non puoi stare così scosciata, scendi immediatamente.» blaterò Arrigo cercando di tirarla giù, lei lo fermò piantandogli una mano in faccia e ancora avvinghiata con le gambe al lampione indicò un punto oltre il marasma di gente.

«Quella è Koko.»

Arrigo la tirò definitivamente a terra «Mi hai sentito?»

Becca si sistemò l'abito indifferente a tutta quella premura, ora la gonna era tornata a coprirle interamente le cosce fino al limite degli stivali «Non capisco tutto questo disagio ho messo anche le calze!»

Arrigo si mise le mani tra i capelli «Qui funziona diversamente, in che lingua te lo devo dire? Dammi retta e sta' zitta.»

Rebecca tacque contrariata e lanciò uno sguardo gelido a Rahevel chiedendosi da quando quei due si frequentavano.

«Da qui non vedo niente.» disse indispettita «Voglio salutare Koko».

«Non è un nostro problema.» Arrigo cercò di liquidarla girandole le spalle, ben consapevole di cosa la ragazzina stava per chiedergli, ma questa non perse tempo a porre domande e gli saltò direttamente sulla schiena con la prorompenza di un caprone di montagna.

«Sai Arrigo, una volta eri più simpatico.» disse sistemandosi sulle sue spalle.

«Sai Becca una volta eri più leggera.» rimbeccò reprimendo il desiderio di farla cadere «Hai cinque minuti per sbracciarti poi scendi.»

Nel frattempo Rahevel osservò trattenendo l'ilarità che gli aveva provocato quanto appena visto, indeciso se rallegrarsi o disperarsi che Bariko avesse trovato un'amica bizzarra quanto lei, se non più. La osservò sbracciarsi in modo buffo, cercando di attirare l'attenzione dell'altra, poi si arrese assumendo un'espressione seria, a tratti preoccupata.

«Credo non si senta bene.»

***

Ricordatevi di mettere quella fottutissima stellina che il nostro team ne ha emotivamente bisogno per continuare a mettersi a revisionare e scrivere dopo otto ore di lavoro.

Grazie.

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