Prologo

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Gli operai della ditta di trasloco avevano finito di svuotare casa e, portando via gli ultimi scatoloni dalla camera da letto, avevano definitivamente chiuso un capitolo della mia vita. Le stanze apparivano ora così grandi e libere senza i mobili e con le finestre aperte dalle quali straripava la luce del giorno. Chiusi gli occhi e respirai a pieni polmoni quella libertà, facendone un tesoro ricco di buoni auspici per la nuova vita che mi attendeva a Gwangju.

Sentii salire un'angoscia sconosciuta, un ronzio sordo che rimbalzava tra le pareti ormai spoglie. Mi affacciai alla finestra in cerca di aria fresca e notai gli operai in strada caricare il divano con un'agilità ammirevole. Guardai alle mie spalle, verso il punto in cui quel sofà si trovava fino a poco tempo prima. Sotto la polvere, in mezzo ad impronte di scarpe da lavoro, una vecchia macchia di caffè mi fissava, istantanea di quel pomeriggio in cui mi avevi sorpreso con un bacio.

Decisi fosse giunta l'ora di andarmene e alla svelta. Recuperai la borsa che avevo lasciato in camera da letto e sollevandola notai che le era rimasto attaccato un capello color amaranto. Come poteva essere lì dopo tutto quel tempo, dopo tutta la vita che era passata per quelle stanze? Raccogliendo la borsa dal pavimento, quel frammento minuscolo, trascurabile ed infinitesimale di te sembrava una mano che scaturiva dal terreno per artigliarmi e trascinarmi giù, come in un horror pensai, come in quell'horror di ultima categoria che avevamo visto insieme quando... prima che...

Mi chiusi la porta alle spalle e scesi in fretta le scale. Salii sul taxi e partii senza guardarmi indietro.

Nei film dell'orrore gli eroi non fuggono, ma quello non era un film ed io non ero un eroe. Non avevo il coraggio di voltarmi verso quelle finestre ed incrociare uno sguardo a cui non sapevo come dire addio.

2nd floor || SOPE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora