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Abbassai il parasole; per quanto l'intensità della luce fosse ridotta in quella rigida mattina di inizio Dicembre, il sole si stagliava alto, perfettamente davanti a me e non avevo intenzione di lasciarmi infastidire mentre ero alla guida. Imboccai l'uscita giusta e proseguii su per la collina, lasciandomi alle spalle la città e raggiungendo quella che da molti era considerata la zona in del distretto, dove ville di avvocati, medici ed imprenditori di alto livello si susseguivano a distanza misurata. Superai alcuni tornanti e spensi il navigatore dopo essermi assicurato che da lì in poi la strada sarebbe proseguita in maniera rettilinea. Giunsi in un ampio spiazzo; riconobbi il furgoncino dell'elettricista e parcheggiai lì accanto. Diedi un'occhiata all'orologio che indossavo al polso constatando di essere in orario e sistemai un ciuffo di capelli, osservando il mio riflesso nello specchietto; le occhiaie ben visibili a causa delle ultime notti passate in bianco. Mi avviai verso l'enorme cancello in ferro battuto e suonai il campanello. Alcuni secondi dopo, una voce di donna parlò attraverso il citofono.
«Chi è?»
«Min Yoongi, l'architetto.»
Il cancello si aprì ed entrai. Il vialetto di ghiaia costeggiato da un giardino minuziosamente curato quanto spoglio, data la stagione fredda, mi guidò fino al portone d'ingresso. Ad accogliermi sull'uscio, la domestica; probabilmente la proprietaria della voce udita poco prima.
«Buongiorno.»

«Buongiorno. Prego, si accomodi.»

Fui condotto verso la sala degli ospiti. Era la seconda volta che mi recavo alla villa ma la prima che la percorrevo dall'interno, essendo la zona da ristrutturare raggiungibile anche dal giardino.

«Il Signor Kim rientrerà a breve. Al momento sta presenziando ad una riunione. Gradisce da bere mentre aspetta?»
Declinai gentilmente e fui lasciato per conto mio in quella stanza che da sola era grande quanto il mio appartamento. Non condividevo la passione per il troppo esteso, il vasto a perdita d'occhio, ma dovevo dare atto al padrone di casa di avere buon gusto nell'arredamento; nessun elemento vistoso ornava gli ambienti osservati finora, mettendo così a tacere la credenza popolare per la quale le persone ricche vivessero per forza circondate da ori e sfarzi pacchiani.
Mi alzai e iniziai a vagare con passo lento per la stanza. Le pareti sembravano raccontare una storia fatta di viaggi intorno al mondo; c'erano quadri che mi ricordavano Cuba, altri mi sembravano raffigurare Londra. Uno dai toni caldi, completato da inserti in rilievo, mi fece venire in mente il continente africano. Chissà se quei dipinti rappresentavano le mete visitate dal mio cliente...
«Yoongi!»
Mi voltai, salutando il proprietario.
«Perdonami l'attesa, la riunione è durata più del previsto. Queste cose vanno sempre per le lunghe.» mi strinse la mano, sorridendo cordialmente. Sembrava di buon umore; forse a causa di un affare andato a buon fine.
«Non si preoccupi–»
«Ti prego, dammi del tu! Ho a che fare tutto il giorno con signori attempati, vorrei sentirmi a mio agio almeno con te.» 

Con qualche remora accettai di passare al tono informale. Ci avviammo verso l'ala est, camminando in silenzio l'uno di fianco all'altro. Il completo nero che indossava sembrava appena uscito da una stireria e gli metteva in risalto le spalle larghe e muscolose; mi domandai se fossero il frutto di intense sessioni in piscina o un puro tratto genetico. Una volta raggiunto il salone in ristrutturazione salutai gli operai al lavoro. L'ambiente era ancora spoglio e ben lontano dal progetto finale; gli elettricisti erano intenti a montare l'impianto d'illuminazione a led e dal soffitto i cavi pendevano come tanti ramoscelli rinsecchiti.
«Sembra stia procedendo tutto per il meglio!» esclamai soddisfatto. Lo sguardo di Seokjin mi ricordò un bambino intento ad ammirare la sua futura stanza dei giochi.
«Oh sì! E questo pavimento in marmo decorato è magnifico! Sono felice di essermi fidato dei tuoi consigli.» le labbra carnose gli si piegarono all'insù «Vedere come questa stanza si sta finalmente trasformando mi riempie di gioia e aspettative. Desideravo da molto un luogo del genere.»
Ripensai al discorso fattomi durante il nostro primo incontro e ai quadri osservati poco prima, nella sala degli ospiti.
«Sei un grande appassionato d'arte.» voleva essere una domanda ma uscì più come un'affermazione.
«Non sono assolutamente portato per le discipline artistiche e di conseguenza nutro enorme ammirazione per chi invece ha quel tipo di dono. Fremevo per avere un posto mio dove poter dar spazio e risalto al talento altrui.»
Ci inoltrammo nella stanza, calpestando il telo che ricopriva l'intero pavimento, facendo lo slalom tra cassette degli attrezzi e scale.
«Non esistono già spazi del genere? Il comune affitta sale apposite per mostre e convegni...» sapevo di poterlo offendere ma parlai comunque.
«Sì, certo. Esistono progetti simili e viene dato ampio spazio agli artisti emergenti. Ma sai cosa manca spesso agli artisti emergenti?» si fermò, fissandomi dritto negli occhi con uno sguardo carico di determinazione «Degli acquirenti. Possibilmente ricchi sfondati, che comprino le loro opere e ne parlino in giro. La visibilità è un aspetto fondamentale per chi fa arte e vuole raggiungere un pubblico più vasto. Ti stupiresti se sapessi quanto passaparola crea un quadro o una scultura in una casa come la mia... o di un qualsiasi pezzo grosso della società.»
«...posso immaginare.»
Riprese a camminare e lo seguii, ascoltandolo «Non tutti hanno la fortuna di nascere in un ambiente come questo. Pensare di poter fare la differenza per qualcuno, mi rende felice.»
Restai in silenzio ma quel suo strano piano non mi sembrò più il capriccio di una persona piena di soldi; c'era altro sotto quella parvenza di persona benestante.
Una volta raggiunta la zona dove sarebbero sorti i bagni mi accucciai per controllare gli attacchi dei sanitari; tutto risultava nella norma.
«L'idraulico ti ha contattato?»
«Sì, ci siamo messi d'accordo per la settimana prossima.»
«Ottimo.» mi rialzai in piedi «Allora noi possiamo aggiornarci terminata l'installazione dei sanitari.»
Seokjin annuì distrattamente, controllando il suo iPhone. Vidi i muscoli della mascella contrarsi e l'espressione sempre molto distesa, incupirsi.
«C'era altro che dovevi visionare qui?»
Diedi una veloce occhiata intorno a me e scossi la testa «No. Per il momento mi sembra sia tutto sotto controllo.»
«Allora restiamo d'accordo che ti chiamo tra una decina di giorni, va bene?» mi sorrise porgendomi la mano. Notai solo in quel momento che aveva alcune dita leggermente storte. «Perdonami se scappo così, ma vado un po' di fretta oggi. Sono certo saprai trovare l'uscita da solo!»
Si scusò profusamente mentre gli stringevo la mano e mi congedò così, fuggendo dalla sala a passo spedito.

2nd floor || SOPE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora