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Il bip dell'antifurto segnalò che avevo chiuso correttamente la macchina. Mi diressi verso casa senza troppa fretta, stringendo la borsa della spesa. Un'altra giornata di lavoro giunta al termine. Un'altra serata che avrei trascorso da solo in un appartamento che a stento stavo riuscendo ad avvertire come mio. Avevo l'impressione che il trasferimento in quella città avesse comportato l'avvio di un loop; ogni giorno sembrava identico al precedente. Sapevo che il mio carattere poco incline ai cambiamenti si stava finalmente cullando nella bambagia dopo il periodo turbolento vissuto nei mesi precedenti ma allo stesso tempo un malessere diffuso mi stava inviando segnali inequivocabili: avrei dovuto pensare al mio benessere. Avrei dovuto darmi da fare per non limitarmi a scendere dal letto la mattina per tornarci la sera senza aver concluso qualcosa che andasse oltre gli impegni lavorativi. L'unica consolazione me la dava proprio il lavoro; in ufficio il clima era sereno, i colleghi per nulla fastidiosi e anzi, Namjoon ed io sembravamo viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda. Avrei potuto proporgli di uscire insieme qualche volta...
Una notifica sul cellulare mi avvisò dell'arrivo di una mail: era Seokjin che entusiasta mi confermava di aver approvato la pianta in 3D del progetto, dandomi modo di procedere. L'indomani avrei dovuto contattare il fornitore d'impianti d'illuminazione per farmi inviare il catalogo con la nuova collezione di faretti e lampade da interno... Assorto nei pensieri, percorsi l'ultima rampa di scale e il mio sguardo vagò dai gradini, al pianerottolo, al mio vicino accucciato davanti alla sua porta di casa. Il solito borsone verde, decorato con spillette colorate,  al seguito.
Che diavolo ci faceva lì?
Il ragazzo alzò gli occhi dallo schermo del cellulare e vedendomi, il volto gli si illuminò. Mi salutò portando una mano vicino al viso «Ehi, ciao!»
Restai impalato con un piede sull'ultimo gradino «...ciao.»
Ridacchiò con una punta di nervosismo nella voce «Sono rimasto chiuso fuori.»
Sbattei le palpebre, raggiungendo il mio ingresso. Che coglione.
«Bella rogna. Hai chiamato i vigili del fuoco?»
«No, sto aspettando mia sorella. Ha una copia del mio mazzo di chiavi per fortuna. Dovrebbe arrivare tra mezz'ora.»
Infilai la chiave nella serratura ed esclamai tra me e me «Mezz'ora!» Non era il massimo restare trenta minuti su un pianerottolo a Novembre. Il vicino si sistemò il berretto di lana color ocra. «Devo aspettare stacchi da lavoro e mi raggiunga. Abita dall'altra parte della città.»
Girai la chiave e restai immobile alcuni secondi. Avrei dovuto dire qualcosa? Cosa prevedeva il manuale del perfetto vicino in casi simili? Probabilmente avrei dovuto fare la persona educata invitandolo ad entrare. Mi voltai verso di lui, balbettando «V-vuoi... aspettarla a casa mia? Fa fredd–» non feci in tempo a finire la frase che il vicino scattò in piedi, mostrandomi un sorriso abbagliante «Veramente?! Grazie, iniziavo a gelarmi le palle qua fuori!» si strofinò le mani lievemente arrossate dal freddo. Quella reazione improvvisa mi colse di sorpresa facendomi titubare. Avevo solo intenzione di essere gentile; avrebbe dovuto essere gentile anche lui e declinare. Troppo tardi. Spalancai la porta, illuminando la zona giorno «Non fare caso al disordine...»

«Tranquillo, a queste cose bado solo se devo condividere la casa con qualcun altro.» lo sentii ridacchiare alle mie spalle mentre raggiungevo la cucina per sistemare la mia misera spesa. Nel lavello, una pila di stoviglie sporche accumulate negli ultimi giorni. Mi maledii per non averle almeno riposte nella lavastoviglie. Mi irritava dare l'impressione di essere il tipico uomo single incapace di stare dietro alla casa. Mi ero sempre occupato di tutto, prima. Ora... ero solo diventato un po' più pigro. Il ragazzo si schiarì la voce richiamando la mia attenzione.
«Comunque mi chiamo Jung Hoseok, piacere di conoscerti! Ci siamo già incontrati di sfuggita, se ricordi, ma non abbiamo mai avuto modo di presentarci.» allungò la mano nella mia direzione e gliela strinsi.
«Certo che mi ricordo.» Ricordo anche il casino che hai fatto mentre scopavi con la tua ragazza. «Min Yoongi, piacereSiediti pure dove preferisci. Posso offrirti qualcosa?» se proprio dovevo essere cordiale, lo sarei stato fino in fondo. Hoseok si sedette sullo sgabello, poggiando i gomiti sulla penisola.
«Sto bene così, grazie.» prese a guardarsi intorno senza preoccuparsi di essere meno palese «Bella casa! Ti sei trasferito da poco, vero?»
Terminai di sistemare la spesa e mi aprii una lattina di birra, poggiando la schiena contro il frigo «Poco più di un mese. Tu? È molto che abiti in questo palazzo?»
«Circa due anni.»
Restammo entrambi in silenzio dopo quella risposta, incapaci di portare avanti il discorso, consci della stranezza della situazione. Mi guardò sorridendo, leggermente imbarazzato, e non riuscii a sostenere quello sguardo al che mi grattai il lobo dell'orecchio come facevo sempre quando ero in difficoltà e me ne uscii con la prima domanda che mi passò per la mente.
«Si può sapere come hai fatto a chiuderti fuori?»
Mi riassunse l'accaduto «Stamattina non ho sentito la sveglia e ho rischiato di fare tardi a lavoro. Ho fatto tutto di corsa, sono uscito convinto di aver preso le chiavi e invece le avevo lasciate sul mobile in ingresso» sospirò «È un periodo un po' così e non ci sto con la testa.» alzò le spalle, volgendo i palmi verso l'alto. Le labbra gli si assottigliarono in una linea, mettendo in evidenza due profonde fossette ai lati della bocca. Quel gesto buffo mi fece sorridere ma camuffai all'istante la mia espressione. «Almeno sei arrivato in orario a lavoro?»
«Per un pelo. I miei allievi erano già tutti lì ad aspettarmi.»
Inclinai leggermente la testa con sguardo interrogativo.
«Sono insegnante di danza hip hop.» mi spiegò «Ho a che fare perlopiù con ragazzini ma a volte ho anche classi di adulti.»
Lo guardai stupito. Ora il borsone e l'abbigliamento sportivo assumevano un nuovo significato. Non era un patito del fitness come mi ero immaginato. Hoseok ridacchiò divertito «Beh cos'è quella faccia? Lo trovi così strano?»
Mi affrettai a rispondere «No, affatto! Solo, avrei potuto intuirlo.»
«E sentiamo, tu di che ti occupi?» mi fissò nuovamente con quegli occhi lucenti e nuovamente non seppi reggere lo sguardo.
«Sono architetto d'interni. Lavoro in uno studio con altri collaboratori. Ci occupiamo sia di abitazioni private che di spazi pubblici.»
Hoseok sgranò gli occhi e incrociò le braccia, raddrizzandosi sullo sgabello «Caspita! Ecco perché questa casa sembra uscita da una rivista di design! ma...» mi guardò aggrottando la fronte «perché mai ti sei trasferito in questo palazzo? Voglio dire... il tuo stipendio non credo faccia tanto schifo.»
Diedi un sorso alla mia birra per guadagnare tempo e poi risposi, focalizzando l'attenzione sulla lattina verde e grigia «Diciamo che è successo tutto abbastanza velocemente e mi sono fatto andare bene questo appartamento. Non è troppo distante da dove lavoro, è in una zona tranquilla, lo stabile è relativamente nuovo.» alzai lo sguardo, posandolo su di lui che mi fissava oltre la penisola «Non mi interessa se è un bilocale, sono uno che si accontenta con poco.»
Il mio vicino annuì, soppesando le mie parole. Stava per aggiungere qualcosa quando il cellulare iniziò a squillargli nella tasca del bomber verde militare «Ah! è mia sorella.» disse, alzandosi. Lo scrutai mentre si distanziava da me, parlando al telefono.
«Ciao! Sì... ok, perfetto.»
Si mise quasi in posa, con la mano libera poggiata sul fianco. Per la prima volta lo osservai di profilo. I capelli, schiacciati sotto al berretto gli coprivano gran parte della fronte dalla quale sorgeva e si sviluppava un naso dalla curvatura impeccabile, dalla punta lievemente all'insù. Ogni dettaglio in quel profilo sembrava accentuato; gli zigomi alti e prominenti, la mandibola affilata. Eppure quei lineamenti marcati si univano e fondevano in particolari più morbidi, come quell'orecchio un po' piegato che spuntava dal cappello.
«No, non ti preoccupare. Dopo ti racconto...» mi lanciò un'occhiata distratta, sorridendo e scoprendo i denti perfettamente allineati. Mi scostai dal frigo, impacciato. Non avevo motivo di imbarazzarmi ogni volta che lo osservavo, eppure... Terminai di bere la mia birra e buttai la lattina nel contenitore dei rifiuti mentre il ragazzo metteva fine alla conversazione.
«A tra poco, ciao!»
Lo vidi raccogliere il borsone da terra e poggiarselo sulla spalla.
«Mia sorella è riuscita a staccare prima da lavoro, è praticamente qui sotto perciò... vado. Grazie infinite per avermi ospitato. Spero riuscirò a sdebitarmi in qualche modo, prima o poi.»
Lo accompagnai alla porta «Non ce n'è bisogno. Piuttosto cerca di stare più attento.» sperai di non sembrare un genitore con quell'ammonimento. Hoseok non ci fece caso.
«Forse farei meglio a dare la copia delle mie chiavi a te!» si mise a ridere sonoramente ma poi un lampo gli attraversò il viso come se si fosse appena ricordato qualcosa.
«Ah già!» lo osservai rovistare nella tasca laterale del borsone ed estrarre un plico di volantini. Me ne offrì uno che afferrai, confuso.
«Il mese prossimo la scuola di danza dove lavoro terrà una specie di saggio. Si esibiscono sia le classi che gli insegnanti. Io dovrei andare in scena intorno alle sette e mezza se riusciamo a rispettare la scaletta.»
Probabilmente notò la mia espressione dubbiosa perché aggiunse «Scusa, sembra mi stia facendo pubblicità ma mi farebbe piacere venissi, se quel giorno non hai impegni.»
«I-io...»
«Hai tempo per pensarci!» mi sorrise in modo sincero «Adesso scappo. Ci becchiamo!» mi ringraziò nuovamente mentre lasciava l'appartamento e io richiudevo la porta, con un invito inaspettato tra le mani.

2nd floor || SOPE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora