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Niente male, Jung Hoseok. Ammirai il mio riflesso nello specchio, soddisfatto del risultato. Sapevo bene che Seohyun non avrebbe gradito quell'abbigliamento ma ormai provavo quasi piacere a farle dispetti del genere. Se non riusciva ad accettare la mia personale definizione di moda di certo non era un problema mio. Ripensai al nostro casuale incontro in quel piccolo Cafè in centro; se avessi saputo che mi sarei stancato talmente in fretta di lei non le avrei mai rivolto la parola, sedendomi al suo tavolo per offrirle da bere.
Dal vetro, la mia copia mi fissò di rimando. Sospirai, osservando la miriade di muscoli cosparsi sul mio volto rilassarsi per poi irrigidirsi nuovamente. Non c'era nulla di sbagliato in Seohyun ma più passavano le settimane e più si rivelava lontana dai miei gusti, dal mio modo di pensare, dalla mia persona. Non riuscivo a comprendere per quale motivo un individuo dovesse nascondere o alterare sé stesso per piacere a qualcuno; fingersi diversi per sembrare più appetibili agli occhi altrui non faceva parte del mio carattere. E ora che la vera Seohyun stava venendo a galla, non facevo altro che chiedermi per quanto tempo ancora avremmo potuto andare avanti. Chissà se anche lei si stava ponendo la stessa domanda, mentre mi aspettava sotto casa...
Lanciai un'occhiata all'orologio per assicurarmi di essere in orario e sistemai un'ultima volta i ciuffi arancioni che mi ricadevano ribelli sulla fronte. Come un illuso avevo atteso tutto il giorno una chiamata o un messaggio dove Seohyun mi comunicava di aver avuto un imprevisto così da potermi evitare quella serata al ristorante. Sospirai per l'ennesima volta, conscio di dover affrontare una cena romantica che di romantico avrebbe avuto ben poco. Afferrai le chiavi della macchina appese in ingresso ed uscii.

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Portare il lavoro a casa e mandare avanti i progetti di cui mi stavo occupando era diventata la routine. Non mi pesava passare le serate davanti al portatile; tutto era preferibile al restare da solo con i miei pensieri.
Sistemai meglio la cuffietta nell'orecchio destro e alzai il volume della musica; sullo schermo del pc la piantina della villa Kim. Mi si ripresentò nitida la scena del nostro incontro avvenuto pochi giorni prima e di come quel ragazzo mi avesse stretto forte la mano, mettendo in chiaro fin da subito di non voler essere trattato con deferenza, come invece richiedeva il suo status sociale. Si era presentato come Seokjin ma sorridendo mi aveva confessato di preferire un semplice "Jin". L'immagine di lui che mi ero creato nella testa si era sgretolata all'istante; niente in quel giovane suggeriva opulenza, se si mettevano da parte i vestiti firmati e l'ambiente in cui viveva. Preso a sé sarebbe facilmente passato per un qualsiasi studente universitario o un giovane impiegato. Mi era addirittura sembrato prigioniero di quella sfarzosità... Se già quella situazione mi era apparsa stramba, scoprire che Seokjin era più grande di me di soli tre mesi non aveva fatto altro che rendere il tutto ancora più bizzarro. Ciò che mi aveva colpito di quel primo sopralluogo non era stata tanto la grandezza dell'abitazione ma piuttosto la voce dolce del suo proprietario. Mai, durante la mia visita, aveva alzato i toni, sovrastandomi. Era raro trovare dei clienti di un certo rango che non tentassero di imporre a tutti i costi le loro idee, che non fossero così sfrontati da ergersi ad architetti al posto del vero architetto. Quel ragazzo mi aveva ascoltato attentamente, in silenzio, annuendo di tanto in tanto. Voleva ristrutturare e modernizzare un'ala della villa per usarla come luogo d'esposizione per dipinti e sculture, essendo appassionato d'arte moderna. La sua idea era quella di creare un luogo dove poter sfoggiare opere di artisti emergenti. Mi era sembrato un progetto alquanto bizzarro ma avevo tenuto i giudizi per me e gli avevo invece suggerito possibili soluzioni, studiando gli spazi e confrontandomi con le sue preferenze.
Strofinai gli occhi. Le ore passate davanti allo schermo iniziavano a farsi sentire. Inforcai gli occhiali già previdentemente preparati sulla penisola della cucina. Amavo il mio lavoro e volevo riuscire a presentare un bozzetto a Jin prima del weekend successivo ma sapevo anche di dover rallentare e obbligarmi a lavorare soltanto in ufficio prima che la mia salute iniziasse a risentirne.

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«...Hoseok? Mi stai ascoltando?»
Da quanto tempo avevo smesso di seguire la sua voce, perdendomi a fissare la candela che decorava il centrotavola? «Sì! Mi stavi parlando di... quella tua amica che è andata in vacanza a Dubai...»
Il sospiro di Seohyun fece ondeggiare violentemente la fiamma sullo stoppino.
«Quello te l'ho detto cinque minuti fa, Hoseok. Stavo valutando l'idea di un viaggio insieme. Non mi hai ancora portata da nessuna parte! Potremmo andare a New York questo inverno.» mi guardò, traboccante di aspettative.
Per tutta risposta sorrisi impacciato «New York? Non ti pare un po' al di sopra delle nostre possibilità?» accompagnai la domanda con un gesto della mano come a voler scacciare quella proposta.
«Se prenotiamo in anticipo, un volo ad un prezzo conveniente lo troviamo!»
Il "problema finanze" non era dovuto solo al viaggio in aereo ma evitai di farglielo notare. «Mancano meno di 2 mesi. Potremmo andare a Tokyo, è molta bella durante il periodo natalizio e sicuramente più alla nostra portata.»
Smisi di parlare non appena le vidi roteare gli occhi. Quando si metteva in testa qualcosa non c'era modo di farle cambiare idea: bisognava fare come voleva lei. Si pulì il lato della bocca con il tovagliolo di stoffa, con aria indispettita. Le afferrai la mano libera poggiata sul tavolo, stringendola nella mia. «Dai, domani provo a cercare dei voli low cost per New York.» la guardai nella maniera più dolce possibile ma tutto ciò che ricevetti in cambio fu un "Mh" mugugnato come a voler ribadire che tra i due, di certo non ero io quello che prendeva le decisioni. Scostai la mano, schiarendomi la voce «Beh che dici, usciamo di qui?» ne avevo abbastanza di quell'atmosfera soffusa e discorsi inconcludenti.
Seohyun annuì e si sporse in avanti, mettendo in evidenza l'ampia scollatura del vestito color cipria. Dovetti concentrarmi sulle sue labbra per afferrare ciò che mi stava proponendo in un sussurro.
«Andiamo a casa tua?»

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Aprii gli occhi a fatica, ritrovandomi avvolto nell'oscurità rischiarata soltanto dallo schermo del portatile a pochi centimetri da me; dovevo essermi appisolato mentre lavoravo. Raddrizzai la schiena, non senza avvertire un fastidioso dolore al collo, rimasto troppo tempo in una posizione scomoda. Mi massaggiai la nuca e fu solo in quel momento che avvertii un rumore sordo, come un debole lamento cadenzato. Corrugai la fronte, ancora mezzo intontito dal sonno. Poi me ne resi conto: qualcuno stava scopando nell'appartamento a fianco e quel qualcuno era il mio vicino con la sua ragazza. Mi alzai dallo sgabello, incomprensibilmente seccato e spensi il pc, riordinando le carte sparse sulla penisola e pregando che la coppia oltre il muro terminasse al più presto la sessione di kamasutra. O che perlomeno si spostasse in camera invece di consumare... sul tavolo della cucina. Scossi la testa per scacciare quella visione. Non mi dava fastidio l'atto in sé ma mi imbarazzava essere mio malgrado testimone di un momento così intimo. Ed era ancora più imbarazzante il fatto che mi stessi chiedendo come potesse essere quel ragazzo in un contesto simile. Mi massaggiai le tempie con i polpastrelli per riprendere il controllo dei miei pensieri e sbuffai sonoramente con l'intenzione di bussare sulla parete per rivendicare la mia presenza ma cambiai subito idea. Avrei evitato loro la consapevolezza di essere stati uditi. Finii di recuperare le mie cose e mi diressi barcollando verso la zona notte, rincuorato dal pensiero che l'indomani avrei potuto dormire fino a tardi.

2nd floor || SOPE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora