[3.2]

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«Bene, bene. Sembra che i topi siano finiti nella trappola del gatto.» Lo sconosciuto annusò la sua pelle, emettendo un verso di approvazione: «Umana. Quanto sei gustosa. Non vedo l'ora di assaggiare la tua carne.» La ragazza si ribellò, contorcendosi.

La stretta aumentò, permettendole solo di boccheggiare. Gli occhi blu stavano per chiudersi completamente e sentiva le forze evaporare dal suo corpo. Nonostante ciò, stringendo i denti, allungò faticosamente le dita per affettare un Sai. Prima che potesse farcela, precipitò per terra. Riprese fiato. Aveva rischiato di morire così stupidamente. Di questo passo non ce l'avrebbe fatta a mantenere la promessa.

• • •

Urie stava esaminando la scena con meticolosità. Appena era entrato nell'edificio, aveva avuto subito l'impressione che qualcosa non andava. Tutto era troppo tranquillo, silenzioso. Inoltre, l'odore di sangue era troppo forte e fresco e quei graffi sulle colonne non erano di certo un buon segno. Era stato abbandonato di recente... Il che poteva far pensare che la soffiata fosse una trappola. Adocchiò Ayame, lontano dal gruppo. Pensò che era meglio per lei se non vedeva quel brutto spettacolo: il corpo mutilato che stavano tutti guardando. Peccato che Yusa era di un'altra idea. L'aveva trascinata per vederlo e per poco non era svenuta.

Mentre gli altri si apprestavano a cercare indizi lungo il perimetro e Urie stava comunicando le recenti scoperte alla TSC, un boato lo fece sussultare. Si girò di colpo, trovando il corpo di Ayame scaraventato dall'altra parte. Sembrava aver perso i sensi, ma dopo poco, intravide il suo sguardo riacquisire coscienza sul volto, pieno di lesioni e arrossato. Cercò con gli occhi Yusa, anche lui svenuto poco distante dal luogo dell'impatto. Diede l'ordine a Sanzu e Eisen di proteggerli.

Ma prima di raggiungere Ayame, una figura nera la prese, scaraventandola sul muro, le sue mani che le stringevano la gola. Si guardò indietro e disse: «Higemaru pensa a difenderla, mentre io lo distraggo.»

Touma annuì, mettendosi in posizione, pronto per lo scontro. Poi si rivolse a Saiko che restò ferma, osservando la scena: «Tu, invece, resta qui.»

Al diavolo il Quinque, pensò Urie. Chiudendo gli occhi sbloccò il kagune, e l'occhio destro brillò di rosso. Prese la rincorsa e sferrò un attacco alla schiena dell'aggressore con il braccio sinistro. Il Kagune aveva preso le sembianze di una lama molto affilata.

L'uomo lasciò la Sakamoto per terra. Barcollò un poco sul posto, poi, pulendosi con il dorso della mano del sangue che gli era colato dalla bocca, fece un sorriso beffardo. Solo allora Urie si accorse che indossava una maschera particolare, formata da tante bende intrecciate tra loro. Copriva tutta il viso, ma la bocca e gli occhi erano scoperti.

«Ah, tu invece sei molto più interessante.» Piegò la testa, divertito: «Hai il nostro stesso odore.» Scoppiò a ridere, poi i suoi occhi brillarono: «Quindi non ti dispiacerà se mangerò l'umana.»

Urie ringhiò, denti stretti e scricchiolanti sotto al peso della mascella, il cigolio si diffonde nell'aria come una sgradevole nota macabra. La lama stretta nel pugno chiuso e pronto per l'assalto laterale.

Lo scatto fu tanto rapido da seminare la propria ombra, ma non abbastanza da evitare il viscido tentacolo della belva. L'arto penetrò il torace di Urie per poi spuntare dall'altro lato, quello della schiena. Delle urla gli giunsero alle orecchie. Una voce in particolare. Ayame. Almeno lei stava bene.

L'uomo mascherato rise. Sotto gli occhi di tutti i Quinx era rimasto solo un'inerme caposquadra, ancora vivo, ma intento a rigettare dalla bocca il proprio sangue, scuro e intenso. Urie tremava, travolto dagli spasmi, non riuscì a gridare a Higemaru di fermarsi, quando questo partì all'attacco.

In pochi secondi venne sconfitto, nemmeno il tempo di rialzarsi che era già caduto al suolo in un rosso abbraccio.

Il nemico gli si avvicinò per sorridergli ad un palmo dal volto, poi, senza smuovere lo sguardo, lo accarezzò.

La mano, tentacolo contro pelle, continuò a scendere verso e oltre la guancia. Raggiunse il collo, ma lo superò. Percorse per intero il torace e continuò indisturbato il suo percorso. Giunse alla gamba. La afferrò. Con lo stesso tocco e lo stesso irremovibile sguardo, iniziò a tirare.

La pelle di Higemaru, inizialmente, si tese in risposta al nuovo stimolo, poi, piano piano, iniziò a sfaldarsi.

Gli occhi dell'uomo mascherato non si erano smossi, né avevano sbattuto, dinnanzi a quelli dell'uomo straziato.

L'avanzo di gamba venne lanciato con disinvoltura altrove e cadde a pochi metri da Ayame che si limitò ad osservarlo sconvolta e terrorizzata.

Il nemico sorrideva: «Certo che per essere dei Quinx siete proprio deboli.» L'uomo allargò il sorriso e si girò verso l'umana.

Ayame si sentì male. La vista si offuscò e annerì, una morsa amara le prese lo stomaco, quasi a volerglielo sollevare fino alla gola: si sentì leggera. La figura di Yusa giaceva immobile per terra, circondata da Eisen e Sanzu. Urie era ancora cosciente, anche se con un vuoto nel petto, stava trascinandosi verso Higemaru, anche lui perfettamente vigile.

Il Ghoul era tornato a provare interesse per lei, il senso d'impotenza l'avvolse. Odiava quell'emozione, ma non poteva contrastarla. Il suo cervello in quel momento in funzionava.

Rivolse uno sguardo turbato a Urie che la fissò a sua volta, la fronte decorata da una striscia di sangue. L'aveva salvata...

Nonostante la paura, inspirò profondamente. In quel momento era compito suo, in attesa del risveglio di uno dei Quinx, difenderlo.

Ayame si alzò lentamente, mentre teneva, tra le mani tremanti, i Sai.

Ad ogni passo verso il nemico l'ansia nel suo petto aumentava. Era sempre più vicino.

Ayame restò senza fiato, mentre una testa dentata con due grandi occhi lo inghiottì facendolo scontare contro il muro: aveva appena visto in azione il Kagune di Saiko. In piedi, accanto il corpo di Urie, i pugni serrati e le lacrime agli occhi.

L'uomo sbucò dalle rovine, mentre Saiko caricava un altro colpo che andò a segno. Cadde al suolo, sputando sangue. Poi ci fu un terzo attacco, ma nonostante la potenza con il quale era stato sferrato, l'altro riuscì a fermarlo con il proprio Kagune. All'improvviso Saiko si ritrovò a terra, il petto lacerato da un grosso buco.

«Saiko!» urlò Ayame svariate volte, disperata. Ma non ricevette alcuna risposta. Il corpo della donna era steso sul pavimento in una pozza di sangue che si ingrossava sempre di più. Avrebbe dovuto fare qualcosa... Ma che cosa?

Strinse le mani e sentì le lame trafiggerle i palmi. La mente era troppo annebbiata dal panico per pensare. Delle lacrime le offuscarono la vista. Crollò con le ginocchia sul suolo. La realtà che le stava di fronte era troppo dura da sopportare.

I Quinx erano stati inevitabilmente sconfitti...

Uno spasimo la lasciò senza fiato. Guardò in basso e si trovò una freccia conficcata nel petto. Emise un urlo di dolore che risuonò per tutto l'edificio.

La testa era nascosta tra i capelli e le mani che la sorreggevano per miracolo. Il sudore le imbrattava il viso e il sangue inzuppava la divisa, gocciando sul fianco, dove la maglietta era stata tranciata lasciando un lembo di pelle scoperto.

Udì dei passi avvicinarsi, seguiti da una voce femminile e gioconda: «Vuoi giocare con me, Ayame?»

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NOTA: Vorrei ringraziare la mia editor Valeria (@Not_only_fairytales) che mi ha aiutato immensamente per questo capitolo, aggiungendo parti che io non avrei mai scritto. Grazie mille per tutto il lavoro che fai. Anche lei pubblica racconti e romanzi, quindi se siete interessati, visitate il suo profilo.

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