Penserai che sono una stalker...

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Ginny era sempre stata una ragazza romantica che amava guardare film sentimentali e leggere romanzi che facevano battere forte il cuore. Aveva inoltre sempre avuto un rapporto molto particolare con la pioggia. Quando arrivava forte ed inaspettata, portava sempre un regalo con sé. E la pioggia le portò un dono gentile e tenero una mattina di novembre.

 E la pioggia le portò un dono gentile e tenero una mattina di novembre

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 Erano le sei e mezza del mattino e si trovava a Gangnam, Seoul. Era arrivata da solo un paio di settimane in quella città per lavorare al suo master e migliorare il coreano che aveva imparato all'università. Ancora faticava a destreggiarsi fra i vicoli e le strade di quella città così grande. Adorava uscire presto la mattina con la sua cartina per cercare di trovare i vari posti dove doveva poi trovarsi nel pomeriggio, chiedendo spesso indicazioni ai passanti se non riusciva a raccapezzarsi. Il problema più grande era quando alle 6:30 del mattino non trovava nessuno per strada se non un paio di innocui ubriachi della sera prima che vagavano come fantasmi o gettati a terra in qualche angolo. 

Quel giorno però aveva dovuto portarsi dietro il borsone da palestra con le sue cose per danza perché aveva un provino in un'agenzia per il ballo, ed aveva appuntamento alle sette e trenta. Era novembre e faceva freddo in quella città, davvero molto freddo. 

Sentiva il gelo entrarle nelle ossa ed il cielo nuvoloso non faceva passare nemmeno un raggio del timido sole dell'alba per scaldare la gente. 

Stava vagando da sola da un po', con un caffè in principio bollente, ma ora tiepido in una mano e la cartina della città nell'altra, quando un paio di gocce d'acqua le caddero sul naso. Poi il diluvio iniziò.

 Individuò in poco tempo una tettoia riparata dall'acqua vicino ad una fermata del bus ed iniziò a correre in quella direzione per ripararsi dall'acquazzone. Nello stesso istante in cui si appoggio con la schiena contro la parete di vetro, un'altra figura inzuppata scivolò accanto a lei al riparo. Era un ragazzo dall'aria giovane, ma non vedeva quasi nulla del suo volto poiché portava un cappello con visiera, occhiali da sole e mascherina. 

Pensò subito che dovesse trattarsi di un qualche personaggio famoso: nessuno andava in giro con gli occhiali da sole a quell'ora del mattino, sopratutto con quel tempo

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Pensò subito che dovesse trattarsi di un qualche personaggio famoso: nessuno andava in giro con gli occhiali da sole a quell'ora del mattino, sopratutto con quel tempo. Era poco più alto di lei ed era abbastanza magro, anche se aveva una struttura muscolare piuttosto sviluppata, sopratutto sulle gambe. Magari era anche lui un ballerino. Ginny gli sorrise timidamente e poi tornò a guardare la cartina, cercando di capire dove si trovasse. Il ragazzo probabilmente non l'aveva nemmeno notata da dietro quegli occhiali scuri. Non se la sentiva di chiedergli indicazioni. Se era veramente un Idol avrebbe potuto pensare male di lei e di quel tentativo di avvicinarlo. Girò la cartina un paio di volte cercando di dare un nome alla strada dove si trovava, ma non vedeva ad un metro dal suo naso con quella pioggia così fitta. 

"Are you okay?" Chiese il ragazzo in inglese dopo qualche tempo che la ragazza fissava la cartina con un'espressione persa. 

Ginny arrossì ed alzò lo sguardo su di lui, che sembrava osservarla. Le sembrava quasi di avere a che fare con un manichino, un senza volto, anche se quel naso che aveva notato di profilo aveva un'aria decisamene familiare. 

"Ehm, actually... I am trying to find a place" rispose la ragazza. 

Lui si avvicinò per guardare la cartina. "Do you speak Korean?" Chiese allora lo sconosciuto.

 La ragazza annuì "Si, non benissimo, ma capisco senza problemi" rispose Ginny. 

Il ragazzo fece un verso di approvazione e si tolse gli occhiali per vedere meglio i nomi delle strade. Aveva degli occhi grandi e neri, incredibilmente neri. E gentili. 

"Dove devi andare?" Chiese, abbassandosi la mascherina e sorridendole gentile. 

Labbra morbide e carnose, occhi grandi e penetranti, naso piccolo... quel ragazzo era Park Jimin... membro dei BTS. Ginny si sentì mancare per un secondo e spalancò gli occhi riconoscendolo. Jimin stava ancora aspettando una risposta e gli si dipinse un'aria interrogativa sul volto mentre la osservava. 

Ginny si riprese, gli fece un inchino "Park Jimin... mi dispiace, non dovrei importunarti con una cosa così sciocca. Penserai che sono una stalker..." iniziò. 

Jimin ridacchiò "Ah, non ti preoccupare. Devi essere un ARMY! È sempre bello incontrarvi di persona" disse, cercando di rassicurarla.

 "Dai, dimmi dove devi andare. Magari ti posso aiutare a trovare la strada giusta." Aggiunse sfiorandole il braccio per una frazione di secondo.

 La ragazza arrossì. L'agenzia dove doveva andare era la Big Hit. 

Cercavano una ballerina per una coreografia, lei aveva mandato un videoclip di una sua esibizione e loro l'avevano contattata per un provino di persona

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Cercavano una ballerina per una coreografia, lei aveva mandato un videoclip di una sua esibizione e loro l'avevano contattata per un provino di persona. 

"Devo andare alla Big Hit Entertainment... ho un provino alle 7:30..." rispose la ragazza abbassando lo sguardo. 

Jimin la guardò sorpreso "Oh... che coincidenza. Anche io sto andando lì. Posso accompagnarti se vuoi, appena questo diluvio si calma un po'" rispose con aria quasi sospettosa.

 "Grazie mille!" Rispose la ragazza facendo nuovamente un piccolo inchino. Cadde un silenzio quasi imbarazzante tra i due.

 "Non sono una stalker! Lo giuro! Sono un ARMY, vero, ma per me questo é un lavoro come un altro" commentò Ginny, cercando di rompere il silenzio. 

Jimin annuì con un sorriso ed un'espressione strana in viso che lei non riuscì a decifrare. "Ah, non ti preoccupare. So che stanno facendo delle audizioni per delle ballerine. Ma pensavo che le ragazze che avevano convocato per un'audizione fossero tutte coreane" disse il ragazzo. 

Ginny non era sicura su come rispondere a quel commento, quindi rimase semplicemente in silenzio, spostando lo sguardo verso la pioggia.

 "Ballerina... che genere fai?" Chiese il ragazzo spostando lo sguardo su di lei.

 "Classico e contemporaneo. Sto lavorando anche all'hip hop ora, ma sembra più difficile del previsto per le linee" rispose lei, continuando ad osservare la strada.

 "Oh si... mi ricordo. Quando fai hiphop devi completamente dimenticare gli altri generi. Da quanto é che balli?"

 "Da quando avevo 4 anni."

 Cadde di nuovo il silenzio.

RainWhere stories live. Discover now