De Adulescentia, Nessun Bacio, Capitolo II

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Si sentiva molto a disagio ma non riusciva ad individuare una ragione precisa, netta per quel malessere

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Si sentiva molto a disagio ma non riusciva ad individuare una ragione precisa, netta per quel malessere. Aveva passato tutta la mattina a far compagnia a suo fratello, fermo a letto con la febbre, leggendogli qualcosa per distrarlo... Non sarebbe voluta uscire, per nessuna ragione.
C'era un'afa bestiale, tale per cui nemmeno scorticarsi tutta la pelle sarebbe servito a contrastarla... e sua madre che aveva pensato? Non aveva trovato niente di meglio da fare che uscire nel primo pomeriggio. Il peggio era stato essere obbligata a seguirla in questa sua scorribanda di relazioni pubbliche.

Che ideona uscire dopo pranzo!

Senza considerare che era diventato uno strazio anche vestirsi per uscire. Non c'era abito che Ottavia non detestasse. Tutto risaltava le sue braccia esili e i suoi fianchi dritti. I seni le stavano crescendo, ma rimanevano minuti e discreti. Si sentiva tutta braccia, gambe, capelli e occhi! Non sapeva se essere contenta di quei suoi occhi oppure vergognarsi: erano enormi, e negli ultimi tempi erano sempre piagati da occhiaie perenni. Colpa delle brutte abitudini...
Ciò era talmente evidente che sua madre, ogni tanto, la chiamava affettuosamente "il mio piccolo gufo".

Quel giorno poi si sentiva irritata in modo particolare; forse era il sudore, che si rinnovava di continuo sulla pelle, a farle perdere le staffe di continuo. La voce delle cicale era un continuum ossessivo, dalla mattina presto fino al tardo crepuscolo. La controra tardava ogni giorno di più e così sarebbe stato fino ai giorni del Solstizio.

Ma la cosa peggiore si era manifestata solo ad un certo punto, quando tra quelle matrone curiose, aveva fatto capolino Bruto. Bruto! Non lo vedeva da eoni. Le era venuto un colpo quando l'aveva visto. Guardandolo, doveva ammettere che, sì, era davvero diventato adulto...
E ti pareva che, dopo tanto che non lo vedeva, dovesse essere conciata da sbattere via? Sul momento aveva fatto quasi fatica a riconoscerlo, tanto si era alzato e irrobustito. Solo un anno prima era ancora uno smilzo fuscelletto, alto poco più di lei, con ancora certe indelicatezze dovute al non essere del tutto uomo e non più un fanciullo.
Il viso non aveva più alcuna ambiguità, essendo diventato spigoloso e maschile, con un profilo pronunciato, importante, che ben si sposava con gli occhi grigi dal taglio severo che si ritrovava.

Quando l'aveva visto, Ottavia aveva avuto un primitivo impeto a nascondersi. Si sentiva inadeguata come non mai e, se avesse assecondato questo impulso, si sarebbe nascosta dietro le spalle tornite di sua madre, per l'imbarazzo. Ma, fortunatamente, era prevalsa in lei la contentezza di rivedere un vecchio amico di infanzia e, dunque, vincendo il ribrezzo verso il proprio aspetto, gli era andata incontro, stringendogli la mano.

Anche la sua voce è quella di un uomo...

Pensò lei, ricordando il basso timbro pacato che la voce di Bruto possedeva. Un rapido brivido le corse lungo la schiena. Sì, si sentiva proprio a disagio e non ne coglieva fino in fondo la ragione.

Certo che è proprio un orso!

In effetti, se ne era avuta un po' a male per il modo distaccato con cui lui l'aveva accolta... dopotutto loro si conoscevano da così tanto tempo!
In quel momento, si trovava da sola, nella sala da pranzo, seduta al bordo di un triclinio, ciondolando mollemente una gamba. Si guardò attorno, stringendosi nelle spalle. Quelle comari si erano messe tranquille, per lo meno. Specie sua madre, la quale aveva suggellato in bellezza quel pomeriggio bestiale, spiattellando ai quattro venti che sua figlia si era fatta donna. Rimuginandoci, realizzò che, in quel momento, era presente pure Bruto.

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