Epilogo

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Era di nuovo davanti alle mura di Ascoli, dopo la battaglia, ma intorno non c'erano né corpi né eserciti e poteva udire tutti i fragili suoni di quella terra rimasta senza abitanti: il fruscio dell'erba che si piegava sotto la brezza, lo scricchio...

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Era di nuovo davanti alle mura di Ascoli, dopo la battaglia, ma intorno non c'erano né corpi né eserciti e poteva udire tutti i fragili suoni di quella terra rimasta senza abitanti: il fruscio dell'erba che si piegava sotto la brezza, lo scricchiolio dei suoi calzari sulle zolle brune e l'allegro trillo di un picchio...
Se lo ritrovò davanti all'improvviso, un esserino smilzo dal piumaggio lucente che osservava il mondo con occhi intelligentissimi: volò in cerchio sul suo capo per tre volte, sfiorando i suoi capelli scuri con la punta delle ali.
Desiderava afferrarlo e stringerselo al petto, perché quell'uccello gli apparteneva, era qualcosa che aveva perduto da molto tempo... Ma il picchio continuava ad innalzarsi nel cielo, al di fuori della sua portata.
Poi si sentì sollevare e all'improvviso la terra si fece sempre più piccola e lontana: sotto i suoi occhi si dispiegava ora l'intera penisola, con le sue montagne e le sue valli, mentre il mare sciabordava lungo le sue coste e adagiata nel mezzo splendeva la luce di Roma.

Era uno spettacolo che mozzava il respiro.

Il picchio sbatté le ali e con una mezza giravolta scese in picchiata verso sud: solo allora si accorse che adagiato sul suo dorso, in mezzo alle piume nere e verdi, c'era un lupacchiotto scuro. L'uccello continuò a volare finché non giunse in mezzo ai boschi della Sabinia, dove, nascosto tra le fronde di un vecchissimo albero, trovò un nido: sembrava abbandonato da tempo, ma il picchio vi adagiò il cucciolo che portava sulle spalle e gli si accoccolò contro, avendo cura di proteggerlo con le sue ali.
Poi aprì il becco:
«Svegliati!»

«Svegliati, padrone! Il sole ha già superato i rostri da un pezzo!»

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«Svegliati, padrone! Il sole ha già superato i rostri da un pezzo!»

Marco aprì gli occhi con un grugnito e lanciò un'occhiata infastidita al vecchio servo che era venuto ad aprire gli scuri: se fosse stato per lui avrebbe continuato a dormire fino a sera, quando si sarebbe recato a cena da qualche amico e avrebbe bevuto fino a perdere i sensi. Sapeva che molti, tra la servitù e tra i suoi conoscenti, lo disprezzavano per lo stile di vita ozioso che conduceva e per i vizi che non si curava di nascondere.
Sette anni dopo aver lasciato l'esercito il suo corpo iniziava a mostrare i primi segni di cedimento, aggravati dall'uso smodato del vino e dall'inerzia: i capelli neri si erano ingrigiti velocemente sulle tempie, il volto era segnato da rughe profonde intorno agli occhi e alla bocca e la pelle aveva perso il colore ambrato della gioventù.
Si tirò in piedi a fatica, nervoso e irrequieto: gli sembrava di essere stato interrotto in qualcosa di importante, ma proprio non riusciva a ricordare...
Si avvicinò al catino con passi strascicati e si spruzzò dell'acqua sul viso e sul collo, evitando di guardare il suo riflesso sulla superficie di bronzo: avrebbe visto gli occhi di un vecchio inasprito dalla vita, nonostante avesse appena quarantatré anni.

La figlia del Picchio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora