Aspettò.
Aspettò il dolore.
Aspettò il sangue.
Aspettò la sua fine, il buio, il niente.
Aspettò la morte.Aspettò qualche secondo che parvero un'eternità, ma nulla di ciò che stava aspettando arrivò.
Timidamente, Milo aprì un occhio e poi l'altro.
Non si era accorto di tremare come una foglia al vento, se non fosse stato schiacciato contro la parete sarebbe di certo caduto per terra.
Il mastodontico Alpha era difronte a lui, il volto a pochi centimetri dal suo, per... annusarlo!?
Il naso del maggiore era talmente vicino al collo del piccolo che, quando espirò, un brivido gli corse lungo la schiena, facendogli accapponare la pelle.
Passarono diversi secondi, poi, l'Alpha si ritrasse di scatto, come se avesse sentito un cattivo odore, e si avviò tranquillamente verso il fuoco, senza dire una parola.
Milo rimase aggrappato al muro, ancora più terrorizzato dal movimento improvviso dell'altro.
Un milione di domande lo assillavano:
Perché era ancora vivo? Perché lo aveva annusato? Cosa sarebbe successo adesso?
Nel contempo, però, non riusciva a smettere di guardare l'Alpha.
Lo fissava, temendo che, all'improvviso, si fosse girato per aggredirlo.
Ma l'altro continuava a gironzolare per la caverna senza degnarlo di uno sguardo.
La situazione rimase invariata per parecchio tempo: Milo a ridosso del muro e l'Alpha che trafficava attorno al fuoco.
Pian piano, la paura e l'inquietudine del minore andarono scemando, mentre la curiosità prendeva il loro posto. La tempesta di domande nella sua mente si dissipò, lasciando solo un quisito a tormentarlo: Perché si è allontanato da me?
Questa domanda lo lasciò molto sorpreso. Infondo era un pericoloso animale, un mostro senza pietà, più lontano stava, meglio era per lui!
Eppure, ora che la paura era svanita, Milo sentiva un vuoto dentro di sé, come se l'Alpha gli avesse portato via qualcosa, mentre lo annusava.
Un'improvviso senso di angoscia lo colse alla sprovvista, facendogli scendere una lacrima solitaria lungo la guancia. Non riusciva proprio a spiegarsi quella reazione: era confuso, triste e... solo!
Pensava di aver imparato cosa volesse dire solitudine, nella radura, quando non c'era nessuno con lui.
Ma questa era tutt'altra cosa: Il suo al Alpha non lo voleva!
E nessuno avrebbe potuto riempire quel vuoto.Un fracasso improvviso fece tornare di sopravvento la pura nel piccolo che si era perso nei suoi pensieri.
L'Alpha aveva lasciato cadere una grande pietra levigata nel fuoco.
Milo, ancora allerta, allungò il collo per vedere che cosa stesse succedendo, senza, tuttavia, staccarsi dal muro.
Sopra la pietra, avvolta dalle fiamme, stava cuocendo un pezzo di carne.
La cosa sorprese non poco il piccolo.
Gli sembrava anacronistico che una bestia cucinasse!
Gli sarebbe sembrato meno strano se si fosse messo a sbranare la carcassa cruda.
Perché, nonostante le fattezze umane, quello era un animale!
Quando l'Alpha reputò la carne cotta la tirò fuori dalle fiamme con una specie di uncino bianco che Milo non riuscì a vedere bene, e la mise su una sezione di tronco, anch'essa levigata, che fungeva da piatto.
Poi si diresse verso il piccolo con il piatto in mano.
Milo ebbe appena il tempo di sentir crescere nuovamente il terrore dentro di sé che l'Alpha si fermò.
Appoggiò il piatto sul tavolo e poi si girò verso l'omega spaventato e, con una lentezza calcolata ed estenuante, indicò prima il minore e poi il piatto.
Milo rimase fermo, in dubbio sul da farsi, combattuto tra la fame e la paura, mentre il maggiore continuava a fissarlo.
Non fece a tempo a decidere che l'Alpha perse la pazienza e, con poche lunghissime falcate lo raggiunse.
La paura di Milo raggiunse una nuova, altissima vetta. Il sangue gli si gelò nelle vene e tutto intorno i suoni si azzerarono, lasciando solo il ritmo accelerato del suo cuore a riempirgli le orecchie. Di istinto chiuse gli occhi e girò il volto verso il muro per proteggersi ma, invece che attacarlo, l'Alpha si limitò a sollevarlo da terra con una mano sola per poi farlo atterrare, dopo pochi secondi, sull'unica sedia presente.
Quando il piccolo aprì gli occhi si trovò a guardare la stanza da tutt'altra prospettiva.
La sedia, perfetta per l'Alpha, era decisamente troppo alta per lui. I suoi piedi oscillavano nel vuoto, a mezzo metro d'altezza e, nonostante questo, solo la testa sbucava sopra il tavolo sul quale era appoggiato il piatto.
La fame prese il sopravvento e il suo stomaco emise un sonoro brontolio alla vista del pezzo di carne davanti a lui.
Il suono non sfuggì all'Alpha che si era appoggiato alla parete a braccia conserte.