Capitolo 8

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Parcheggio l'auto fuori casa sua, poi prendo il cellulare e la chiamo.
«Sono fuori» le dico appena risponde.
«Okay, dammi un minuto.» Riaggancia.
Oggi è più strana del solito. La sua voce al cellulare era particolarmente estranea ad ogni emozione. Un robot.
Accarezzo il pelo confortante di Bonnie e lei ricambia con qualche leccatina.  Chanel apre la portiera facendomi sobbalzare.
«E questo coso?» Si riferisce al cane.
«Questo coso è Bonnie. Ed è una cagnolina.»
Si siede e chiude la porta. Bonnie, che è seduta sulle mie gambe, la studia con i suoi occhietti. Prova ad avvicinarsi a lei con il muso, poi la sua coda scondinzola.
«Da quando hai un cane?»
«Da circa due ore. È una trovatella.»
«Sembra simpatica» commenta. Le passa un dito sul muso, poi mi chiede di prenderla in braccio. Gliela passo e subito le due entrano in armonia.
«Come mai hai chiesto se potessi venire a prenderti?»
«Oggi è una giornata-no. Ho bisogno di distrazione.»
«Quindi per te sono solo una distrazione?» Piego la testa.
Mi guarda, i suoi occhi di ghiaccio trucidano i miei. «No. Non sei solo una distrazione.»
«Allora che cosa sono?»
«Non lo so, credo un alieno, è possibile che tu sia un alieno?»
Rido scuotendo il capo. Metto in moto l'auto e andiamo via.
«Perché oggi non è giornata?» le chiedo per conversare un po' e per non cadere nel solito silenzio imbarazzante.
«A volte le cose che credevi fossero concluse tornano per ricordarti che sono ancora lì ad aspettarti.»
Ciò che dice mi fa riflettere per qualche istante.
«Hai qualche faccenda del passato in sospesa?»
«Tutta la mia vita è sospesa in bilico, Eliah. Molte volte sono io a dover decire se resistere ancora un po' o lasciarmi cadere.»
«Non avevi detto di volerla finire con la poesia?» sdrammatizzo.
Ride e sospira. «Era ciò che intendevo con "distrazione".»
«Quindi adori essere presa in giro?»
«Era una presa in giro?»
«...No?» Mi fingo intontito, trattengo una risata.
«Sei un imbecille.»
«Mi riesce molto, vero?»
«Davvero molto» sghignazza malevola. «Sto bene...» sibila.
«Cosa intendi?»
«Quando sono con te, sto bene...»
Resto senza parole, o quasi. Vorrei dirle tante cose, cose che non hanno senso, ma che mi servirebbero per sprigionare tutto ciò che ho sopportato in questi giorni. In verità non so davvero cosa vorrei dirle. So per certo che qualsiasi cosa dirò, non servirà.
«Anche io...» mormoro soltanto. Per il restante tragitto non trovo cos'altro aggiungere. Lei rimane lì ferma a custodire Bonnie che si è addormentata.

«Salve, Miss Darker» la saluta Mrs Brown, formale e impeccabile.
«Buongiorno, Mrs Brown» ricambia lei.
«Resta qui per pranzo?»
Chanel mi guarda, sforzandosi di far uscire una sola parola dalla sua bocca, che chiude e schiude due volte.
«Sì, Mrs Brown, Chanel rimane qui» rispondo.
«Va bene.» La governante si rifugia in cucina per escogitare qualcosa di buono da mangiare. Io e Chanel ci scambiamo un'occhiata, però senza fissarci.
«E così sono di nuovo ospite a casa Stiles. Devo sentirmi onorata?»
«Dovresti baciarmi i piedi!»
«Ora pretendi troppo» dice e mi spintona con la mano la spalla.
«Ehi! Questo è bullismo.»
«Probabilmente non sai nemmeno cos'è il bullismo» mormora e io sussulto.
Purtroppo so bene cos'è il bullismo. La mente mi riporta a momenti che speravo di non ricordare. Ero solo un bambino quando Chandler Trey mi prese a pugni, perché mi rifiutai di portargli la cartella fino a casa. Ero solo un bambino quando mi minacciò di farmi a pezzi se non gli avessi passato i compiti. Ero solo un bambino quando mi slocò l'indice, perché non dovevo parlare con una bambina che gli piaceva. Ero solo un bambino. Non parlavo mai di ciò che subivo a scuola con i miei. Trovavo sempre scuse insulse e per mia sfortuna ci credevano. Non si rendevano conto di quanto fossi esposto a cose che nessuno dovrebbe mai subire. Non voglio fargliene una colpa, non ne hanno. Forse sarebbero dovuti essere più coinvolti con la mia vita, seguirmi di più, ma non era colpa loro se esistono soggetti come il mio ex bullo. Era un bambino infelice dentro, odiava vedere i miei voti alti e la mia ricchezza economia e caratteriale. A quei tempi ero un bambino vivace che amava giocare con tutti. Se non fosse stato per Chandler, avrei avuto un passato più tranquillo. Il vero problema erano i suoi genitori: non seguivano come si dovrebbe il loro figlio. Non sapevano quanto fosse innaturale la sua concezione di superiorità, non erano a conoscenza del male che faceva agli altri suoi coetani. Magari se avessero avuto più concentrazione nell'educarlo alla vita civile, adesso, possibilmente, io sarei una persona diversa.
«Già... forse hai ragione» le rispondo, poi inoltro il discorso su qualcos'altro per evitare di farmi tornare in mente cose spiacevoli. «Sono stato invitato ad una festa questo venerdì. Vorresti venire con me?»
«Solo se ti farai rubare di nuovo il portafoglio» mi deride.
«Non preoccuparti, sarà la prima cosa che rimarrò a casa!»
«Allora non mi sento in dovere di venire alla festa, mi dispiace.» Fa un musetto dispiaciuto.
«Me ne farò una ragione.» Faccio spallucce, vado di sopra con Bonnie fra le braccia e le cose appena comprate in una busta. Chanel viene dietro di me, aprendomi persino la porta. "Che gentildonna!"
Metto il collare a Bonnie e le sistemo la cuccia in un angolo della mia camera, vicino al mio letto. La cagnolina prende subito confidenza con la cuccia, tant'è che va già a farsi un pisolino.
«È davvero carina» mi dice Chanel osservandola.
«Sì... me ne sono innamorato appena l'ho vista. I miei non approveranno, ma non la darò via. È mia, la sento legata a me.» Faccio un lungo sospiro e stringo gli occhi, come se non riuscissi già ad accettare il pensiero di separarmi da lei.
«Quindi i tuoi ancora non sanno di lei?»
«Certo che no. Lo scopriranno stasera, o forse a pranzo, non conosco il loro piani.»
«Spero di non assistere al tuo omicidio» ironizza con un po' di enfasi.
«Tu mi lasceresti morire?»
«Solo se ce n'è bisogno» ride.
"Stronza."
«E quale sarebbe questo bisogno?»
«Del tipo che tu vuoi morta me.»
«Perché vorrei volerti morta?»
«Magari per ciò che ti faccio provare.»
"Stronza due volte." Cosa intende con questo? Sa che provo qualcosa, ma sa cosa provo esattamente? Perché vorrei saperlo anche io.
«E io cosa ti faccio provare?» le chiedo, e mi siedo sul letto.
«Tu cosa pensi che io provi?»
«Non lo so, potresti provare anche indifferenza, ma dubito che sia così... o almeno spero.» Perché continuo ad ostinarmi che lei possa provare qualcosa per me? Insomma, mi ha dato un due di picche esattamente ieri!
«Non voglio confonderti le idee. Vorrei continuare la decisione che abbiamo preso ieri.» Viene sul letto anche lei, ma non mi guarda in faccia.
«Essere solo amici?»
Annuisce.
«Per me va bene, te l'ho detto, solo voglio capire perché...»
«Non dev'esserci per forza un perché, Eliah. Le cose quando devono funzionare funzionano.»
«Come fai a dire che non funzionano se non c'è stato assolutamente nulla tra me e te?»
«Lo so e basta» dice, ma sento che mente. Si volta verso di me. Quando i nostri occhi si incrociano per l'ennesima volta, deglutisco e fatica. Ci squadriamo per qualche secondo infinito. Lei si passa la lingua sul labbro inferiore, sfidando per bene ogni cosa che mi rende vulnerabile. Poi i suoi occhi si posano sulle mie di labbra e io non posso fare a meno di immaginare la sua lingua fare la stessa cosa che ha fatto a se stessa qualche istante prima. Questo non accade, ma in cambio con il pollice disegna un contorno sulla mia bocca. Accarezza delicata e dolce la pelle delle mie labbra. Mi fa rabbrividire anche solo il minimo contatto con essa.
Basta un attimo per farmi perdere la cognizione del tempo. Basta Chanel Darker.
Ci avviciniamo sempre più. Le nostre bocche sono separate da qualche centimetro, qualche minuscolo e misero centimetro.
«Hai detto che non volevi confondermi» sussurro a malapena.
«Infatti... sei tu che confondi me...»
Le lascio piccoli baci sul mento, poi nell'angolo destro della bocca. «Lasciati andare... lascia che funzioni» le dico con voce soffocata, mentre le nostre labbra quasi si sfiorano e sento un fremito proprio sotto.
«Non ci riesco...» farfuglia e chiude gli occhi.
«Perché? Cos'è che ti blocca?»
«Io... Io ho...» pronuncia confusa, apre gli occhi e mi entra dentro con lo sguardo. Uno sguardo ansimante e doloroso.
«Cosa, Chanel? Ti prego dimmelo» la imploro. Le avvolgo la guancia con la mia mano.
Sento un suono uscire dalla sua bocca, ma viene interrotta da Mrs Brown che batte alla porta.
Le nostre teste si allontanano in un lampo all'unisono e il contatto fisico termina, lasciandomi amarezza.
«Sì?» chiedo con voce alterata.
La governante entra in camera e il suo volto cambia espressione quando vede me e Chanel un po' presi tra noi due.
«I tuoi genitori non saranno qui per pranzo» comunica la donna.
«Ovvio che no» mormoro scocciato.
«La signorina preferisce qualcosa in particolare per pranzo?»
Chanel si alza e noto subito la sorpresa nella sua voce: «No, grazie lo stesso, qualsiasi cosa andrà bene.»
Mrs Brown piega la testa e fissa un punto della stanza. «Va bene. Scendo di sotto, allora. Con permesso.» Esce e chiude la porta con strana garbatezza.
«Mi dispiace se ti ho di nuovo fatto credere qualcosa che non può esserci. Da ora in poi non accadrà più.» Chanel va avanti e indietro nella camera, agitata e perplessa.
«Smettila» la ammonisco. «Smettila con questa storia, okay?» Mi alzo e le vado incontro. «Non vuoi provare nulla, ci sta. Le emozioni fanno paura a tutti, anche io sono spaventato da tutto questo. Ti conosco da meno di una settimana, mi hai torturato con giochetti fuori dal normale, mi hai fatto rubare in un negozio, eppure... io provo qualcosa e almeno sono qui a dirtelo.» Prendo un lungo respiro, dopodiché le sistemo una ciocca di capelli dietro all'orecchio. «Io non so tu chi sia... voglio scoprirlo. Ci vorrà del tempo, la fortuna dovrà assistermi in questa impresa» rido, «ma voglio esserci dentro, voglio capire qual è la cosa di te che mi fa sentire in questo modo...»
Si allontana di qualche passo, fino alla finestra. Ritorna il silenzio, e lo odio.
Una sensazione simile all'angoscia mi trascina con sé, perché lei è di nuovo fredda e distaccata. La mia sincerità non è servita a nulla e mi sento completamente un idiota ridicolo. Quella sensazione si trasforma in rabbia contro me stesso. Spero che le cose che nascono statiche diventino dinamiche, che c'è un cambiamento a tutto prima o poi. Spero in cose che non accadranno mai. Spero sempre che tutto si risolverà. Ho sperato che fosse lo stesso per lei. Che stupido. Non posso nemmeno darle una colpa, me l'aveva espressamente detto che non può funzionare.
Ma... perché mi sto facendo condizionare così tanto dal silenzio? Sto tirando a conclusioni senza sapere lei cosa pensa veramente. Ho un casino nella mente e non posso fare a meno di non agitarmi.
«Posso fumare qui?» chiede, facendomi sussultare. In questo momento le risponderei un "No!" secco, ma per uno strano motivo le dico: «Fa' come vuoi.»
Un po' incazzato il mio tono. Non volevo risponderle in questo modo.
Prende il pacchetto dalla tasca dei jeans e sfila fuori una sigaretta, poi prende anche un accendino e combustiona l'estremità di quella cosa crea-fumo.
Fa un tiro ed espira fuori una nube fastidiosa al mio naso.
Mi guarda per un po' e io la ignoro, per poi sedermi sul letto a fissare il vuoto.
Viene vicino a me cauta e silenziosa.
"Cosa vuoi da me adesso?"
«Prendine una» offre e mi punta il pacchetto di sigarette aperto.
Sollevo il capo e le lancio un'occhiataccia. «Puoi finirla di invogliarmi a fare cose di cui non ne andrò fiero?» Uso la voce in un modo abbastanza aggressivo.
Chanel alza la mano e indietreggia, dichiarando bandiera bianca.
Non so nemmeno perché sono così preso a male. Non mi ha fatto nulla di male lei, sono io la causa di questa confusione, no? Che cosa c'è di così dannatamente sbagliato in me?
«Va bene...» mormoro. «Dammene una.»
Il suo viso si rivela sorpreso in un notevole ghigno nascosto. Fa come le dico. Prendo la sigaretta e la metto fra le labbra. Il filtro è asciuto e ha il sapore della carta. Prendo l'accendino e lo uso. Tiro esitando, e inizio a sentire il sapore amaro del fumo.
È accesa. Butto fuori il mio primo tiro, il sapore non mi piace. Mi ha lasciato dell'amarognolo in bocca.
Chanel mi guarda incuriosita, mentre fuma la sua sigaretta tranquillamente.
Faccio un altro tiro e questa volta espiro fino a sentire il fumo caldo e soffocante in gola. Tossisco subito. Deglutisco e ho ancora il sapore amaro depositato sulla lingua.
«Quella sensazione di bruciore passerà, fidati» mi dice lei.
«Oh... bene.» Riporto la sigaretta alla bocca e tiro, facendo lo stesso. Il fumo, seppur ancora bruciante e soffocante, mi provoca meno problemi adesso.
"Cosa cazzo sto facendo?"
«Visto? Va meglio» commenta in sottofondo.
«Me la pagherai per questa» le dico e faccio un altro tiro con fatica.
«Ehi, hai deciso tu di fumartene una. Io ho solo offerto» dice in sua discolpa. Come biasimarla? "Sei tu che mi influenzi negativamente!"
«Diciamo che questa settimana ne ho passate di tutte i colori grazie a te.»
«Direi di sì, la tua vita è così triste, tutta bianca e nera, come questa camera. Ammettilo, ho portato un po' di colore.»
Mi fermo a guardarla e penso quanto abbia ragione in realtà, e questo mi infastidisce perché non amavo la mia vita a causa delle routine, dell'ambiente sociale. Faccio un altro tiro, poi mi alzo e butto la sigaretta nel gabinetto.

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