Capitolo 19

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«Cosa ci fai qui?»
«Volevo parlarti una cosa, ma prima dimmi: come stai?» gli domando. È nel suo letto, coperto solo da un lenzuolo bianco; ha il cellulare fra le mani, sembra stia molto meglio rispetto a cinque giorni fa.
«Meglio, grazie. A cosa devo la tua visita?»
«Chiariamo una cosa» esordisco come se volessi dire qualcosa di minaccioso, «non voglio che ci siano strane tensioni tra me e te. Tu sei amico di Chanel, io sono il suo ragazzo. Possiamo vivere senza farci guerre, giusto?»
«Da parte mia non c'è mai stata una competizione» sostiene.
«Nemmeno da parte mia» esclamo un po' confuso.
«Allora penso che sia tutto in regola.»
«Sì, cioè, ovvio» sospiro rumoroso. «È solo che siamo partiti con il piede sbagliato, poi c'è stato il bosco, tensione nell'aria... volevo solo chiarire questa cosa» bofonchio.
«Va bene, è tutto okay.» È soddisfatto per qualcosa. Ma cosa?
Siamo realmente partiti col piede sbagliato. La prima volta che ci siamo incontrati ha rischiato di strapparmi tutti i vestiti di dosso.
«Detto ciò, ho bisogno di un favore» comunico e mi avvicino al suo letto. Non voglio far notare l'imbarazzo che si era impadronito di me, però sono una frana con le emozioni, l'avrà notato di certo. «Sto organizzando una sorpresa a Chanel per i suoi diciotto anni. Dimmi che ti faranno uscire da questo posto e che ci sarai» supplico.
«Be'...» Oh no, non voglio sentire nulla di negativo. «Penso sia davvero improbabile che mi dimettano entro sabato.»
«Ne sei certo?»
«Non sono conciato molto bene, se non te ne sei accorto» mi indica l'addome per intendere le ferite. «Chanel comunque odia festeggiare il suo compleanno, non credo sentirà la mia mancanza.»
«Stai scherzando? Certo che sentirà la tua mancanza, ne sono sicuro. È un giorno importante, deve festeggiare. Inoltre è il 4 luglio, è perfetto per festeggiare!» mi impunto di brutto.
«Anche se volessi aiutarti con la sorpresa, come potrei farlo? Sono nel letto di un ospedale» spiega.
«Riesci ad alzarti?»
«Sì.»
«E camminare?»
«Me la cavo bene, ma sono un tantino debole» risponde e alza gli occhi al cielo.
«Allora puoi venire» annuncio speranzoso.
«Mi stai chiedendo di scappare dall'ospedale?» Non credo sia un'idea così brutta. Chanel lo farebbe.
«Sì, non dovrai firmare le dimissioni, così continuerai le cure quando tornerai. Starai via solo qualche ora» insisto.
«Hai un piano?»
«No, ma non mi sembra così difficile cambiarsi il camice con dei vestiti e uscire da qui» ipotizzo, mi gratto la fronte.
«E se se ne accorgono?»
«Hai visite di controllo nel tardo pomeriggio?»
«Mh... no.»
«Bene. Siamo d'accordo quindi?»
«D'accordo» piega il labbro in un mezzo sorriso.
«Grandioso!»
«Sei venuto fin qui per convincermi a fare una cosa che Chanel odierà, lo sai?»
«Non m'importa se lo odierà, lei odia tante cose. Può odiarmi se vuole, io non riuscirei a farlo.»
«Certo che non riusciresti ad odiarla, è Chanel» ridacchia.
«È la persona più contorta che io abbia mai incontrato.»
«E pensare che la conosci appena» commenta certo.
«Perché dici così? A cosa ti riferisci?»
«Potrei riferirmi a tante cose. Chanel è immensa, mi sorprendo che tu sia ancora qui per lei.»
«Sei anche tu qui, per lei» rifletto.
«Esclusi me e Constance, Chanel non ha nessun altro» mi dice e si solleva un po' dal cuscino.
«Perché è così misteriosa? Cosa nasconde?» gli chiedo e mi faccio più vicino al letto.
«Pensi che stia nascondendo qualcosa?»
«È totalmente ovvio che mi tiene all'oscuro di qualcosa. Voglio solo capire» rispondo frustrato.
«Se sei all'oscuro di tutto, non credi che forse sia meglio così?»
«Perché dovrebbe essere meglio così? Lei è coinvolta a pieno nella mia vita, vorrei sia lo stesso per me nella sua.»
Sospira e deglutisce, si gratta la fronte come un tic nervoso. «Magari non è il momento.»
«Mi chiedo quando lo sarà.»
«Tu ne sei innamorato?» chiede d'improvviso, spiazzandomi del tutto.
Bella domanda. "Ne sono innamorato?"
«Non so rispondere a questa domanda» dico in verità.
«Dovresti saperlo fare.»
«Non sono mai stato innamorato davvero, quindi non so esattamente come ci si sente» farfuglio. Mi tocco le mani in modo vertiginoso.
«Cosa senti? Insomma, cosa provi quando è lì di fronte a te?»
Ruoto gli occhi e ci penso bene, penso a cosa provo quando Chanel è con me. «Be'... non so spiegarlo. È come un bagliore, qualcosa che spazza via l'oscurità. Io sono lì, il mondo è lì. Tutto è sempre allo stesso posto, ma non è nulla uguale. Ho come un contrasto di emozioni tutte nello stesso punto dello stomaco: paura, felicità, ansia, serenità. Mi basta un suo cenno e mi sento come se la vita non potesse aggiungere qualcosa di meglio. Lei è la persona che mi fa sentire... incondizionato.»
«Wow, Eliah. Penso di non aver mai sentito un'espressione d'amore più forbita di questa. Tu sei definitivamente perso di Chanel» esclama accompagnato da un sorriso luccicante.
«Smettila!» piagnucolo in imbarazzo.
«Posso consolarti col dire che anche Chanel è persa di te. Posso giurarlo.»
«Tu dici? A volte ho il presentimento che io sia un gioco per lei.» Il pensiero mi rattrista.
«A Chanel non piace giocare con le persone in questo modo. Sa essere molto più crudele.»
«Ma grazie, questo è davvero confortante!» dico in modo satirico.
«A parte gli scherzi, Chanel è così. Non devi prendertela, a modo suo sa sempre farsi perdonare.»
«È vero...» rammento.
«Comunque sia, so che ti tiene alla larga da qualcosa, ma tu stalle vicino, a qualunque costa. Ha bisogno di qualcuno» spiega serio.
«Tu sai da cosa mi tiene alla larga, perché non me lo dici?»
«Ne sei così certo?»
«Sì» annuisco.
«E pensi che io possa parlartene?»
«Cosa ti costa?»
«Potrebbe costarmi un'altra settimana in ospedale» ride.
«Cosa?» sbotto.
«Chanel mi picchierebbe a sangue. A mani nude.»
«Siete tutti controllati da lei. È una manipolatrice che vi dice cosa fare e quando farla? Non la vedo giusta!» sbotto ancora, con la rabbia che sale.
«E tu, invece, non sei controllato quanto noi dalla manipolatrice
Lo guardo per un secondo e per qualche motivo capisco che purtroppo ha ragione. Pensandoci bene, io sono sotto il suo controllo. Mi dice cosa fare, dove andare, quando andare. È tutto un circolo mentale e vizioso. Non lo sopporto. Un rapporto normale non è composta da soggiogazioni. Mi ha convinto a rubare, a fumare una sigaretta, poi marijuana. Come posso essere così idiota alle volte?
«No. Non più» dico soltanto. Questa discussione mi ha scosso l'animo.
«Non mi sembri del tutto convinto» sbeffeggia.
«Stai. Zitto» sibilo irritato. «Adesso devo andare» lo informo.
«Va bene, ma prima ti segno il mio numero di cellulare.» Cavolo! Ha ragione, potrebbe servirmi!
Gli passo il mio cellulare e lui digita il numero e si segna in rubrica. Quando me lo restituisce mi afferra la mano e mi avvicina un po' di più al suo viso. Con voce tranquilla ma abbastanza scomoda pronuncia: «Fa' attenzione. Alle tue spalle potrebbe esserci un coltello. Sii bravo a schivarlo.» Mi molla e io ricompongo ciò che rimane del mio corpo inerme e paralizzato.
«Okay...» emetto con la gola secca. "Perché cavolo vuoi intimorirmi?"
Non farò domande, è inutile.
«Ci sentiamo...» lo saluto ed esco dalla stanza.
Guardo i corridoi di questo ospedale intimorito. Mike mi ha traumatizzato, se posso definirmi così. La curiosità mi sta uccidendo poco a poco e il fatto che io non posso saper nulla di cosa mi stanno nascondendo, mi sta portando alla pazzia. Sono io lo scemo che continua ad essere qui, nonostante tutto?
Da chi devo guardarmi le spalle? Che pericolo c'è? Le faccende di Chanel, dunque, non sono solo delle semplici faccende? Gli interrogativi più strazianti della mia vita.
Controllo l'orologio sul mio cellulare: 17.25. Dovrò sbrigarmi per comprare il regalo alla psicopatica. Mi dirigo fuori dall'edificio, distratto e pensieroso, tanto da non rendermi conto che qualcuno chiama il mio nome più volte. Capisco il timbro della voce qualche frazione prima che io veda in faccia la persona. «Sherry?»
«Wow... cioè: wow! Cosa ci fai qui?» è elettrica.
«Sono venuto a trovare un mio amico, tu piuttosto, cosa stai facendo in ospedale?»
«Mia nonna crede di avere un infarto in corso... è la terza volta questo mese» risponde, non dà peso alla cosa e ci scherza su.
«Cosa è successo poi dopo la festa? Sei scomparso.»
«È vero. Devi scusarmi. Quella che è adesso la mia ragazza, mi ha dato filo da torcere. Tanto filo da torcere.»
«Quindi alla fine l'hai conquistata!» spruzza gioia da tutti i pori e mi abbraccia. È fin troppo calorosa per essere solo una conoscente.
«Tu cosa mi dici? Cosa è successo poi con la tua amica?»
«Ho fatto come mi hai consigliato, le ho parlato» mi sorprende.
«Davvero? Cosa ha detto?»
«Non siamo più amiche. Ha voluto interrompere qualsiasi rapporto con me.» Il suo tono felice si tramuta del tutto.
«È una vera bastarda» sputo senza ritegno.
«Possiamo parlare d'altro?» mi chiede, per evitare le lacrime che vedo nascere nei suoi occhi.
«Certo...» mormoro ingoiando la rabbia giù per la gola. Non riesco a pensare a qualcosa di positivo per ciò che mi ha detto. Come si può interrompere un'amicizia così?
«Come sta il tuo amico?»
«Si è cacciato in una rissa... alcune ferite da taglio.»
«Oh Dio... non dev'essere stato bello.»
«Infatti» appoggio.
Parliamo un po' di dove abita e della sua famiglia. È figlia unica e suo padre è un banchiere, mentre sua madre è un agente immobiliare. Io, invece, le spiego che lavoro fa il mio padrino e di cosa si occupa nello specifico. Rimane strabiliata quando le dico che ha comprato la People News. Tutti rimangono strabiliati quando ne parlo, probabilmente non si aspettano che un semplice imprenditore del South Carolina possa aver comprato una testata giornalistica così grande.
«Non credevo fossi così ricco» commenta divertita.
«Al dire il vero nemmeno io» replico e rido.
«Non fare il finto modesto! In ogni caso voglio un articolo dedicato esclusivamente a me» si esibisce e con la mano lancia i capelli dalla spalla alla schiena.
«Parlerò con i piani alti» sto al gioco. «Ah, Sherry, vorrei chiederti una cosa.»
«Dimmi pure.»
«Alla festa in cui ci siamo conosciuti, quante persone conoscevi? Insomma, avevi amici lì, o anche solo conoscenti?»
«Ahm... oddio, aspetta che non ricordo» aggrotta la fronte e piega le labbra. «A parte chi già sai, credo ci fossero solo altre due mie amiche. Non conoscevo altre persone.»
«E sapresti dirmi chi ha organizzato quella festa?»
«Mh... non del tutto. So che la casa è di proprietà di un uomo, ma non so chi sia. Ero a quella festa perché sono stata invitata da... la mia ex migliore amica» risponde.
«Non hai modo di scoprire chi fosse?»
«Lei forse lo conosce, ma non vuole avere nessun tipo di contatto con me, non dopo... be'» si interrompe.
«Capisco...»
«Ma perché me lo chiedi?» Come le spiego che sto cercando di rintracciare l'uomo che ho incontrato a quella festa e qui fuori dall'ospedale, senza sembrare uno stalker?
«Semplice curiosità» mento.
«Adesso devo andare, mia nonna è in sala d'attesa per essere visitata, quindi...»
«Certo, è stato un piacere rivederti» esprimo grato.
«Potremmo vederci ancora, se per te va bene.»
«Ma sì che mi fa piacere!»
«Dammi il cellulare così ti segno il mio contatto.»

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