7. Meeting.

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Quando Louis si accorse di Harry che entrava nell’aula, vide tutti i suoi propositi di rifarsi una vita senza quel ragazzo andare in fumo. Con molta probabilità da quel momento avrebbero passato ogni giorno della settimana insieme per via del corso di musica e questo non era il modo migliore per impedire che Harry tornasse nei suoi pensieri. Inoltre non sarebbe stato semplice essere il professore del ragazzo che più aveva amato nella sua vita. 

Harry era lì, in piedi, avvolto nei suoi pantaloni neri e coperto dalla sua maglietta bianca. Di nuovo si soffermò a guardare il corpo del ragazzo e riuscì meglio a vedere il tatuaggio che aveva sul petto grazie alla scollatura della maglietta: erano due rondini e si poteva capire benissimo che quella destra era più grande di quella sinistra. I due uccellini si guardavano negli occhi e avevano ognuna un segno diverso sopra la testa: quella di destra aveva disegnata una linea orizzontale dall’andamento rettilineo che si sfumava sul collo dell'animale; Louis ci rifletté un secondo e notò che quel tratto ricordava molto le sopracciglia di Harry, dritte e decise sulla fronte del ragazzo. Quella di sinistra invece aveva inciso un tratto che era meno rigido del primo e decisamente più curvilineo; anche in questo caso ci volle poco a Louis per capire che quel dettaglio rappresentava questa volta le sue sopracciglia, che erano curve e tonde. 

Di colpo Louis spalancò la bocca quando comprese che quelle due rondini identificavano rispettivamente lui ed Harry. Tutto quadrava: la rondine di destra più grande fisicamente e con le caratteristiche di Harry perché il ragazzo era sempre stato più alto di lui; quella di sinistra più piccola e con i particolari di Louis perché era sempre stato più piccolo di struttura rispetto ad Harry. Fu così che a Louis tornarono in mente tutte quelle volte in cui Harry lo aveva preso in giro per la sua statura e quelle occasioni in cui Louis, approfittando di essere più basso, era saltato in braccio ad Harry per essere completamente avvolto dalle braccia forti e possenti del ragazzo. 

Studiò un attimo ancora quel disegno e fu colpito da un ultimo particolare: la rondine di destra, quella che rappresentava Harry, aveva un piccolo trattino proprio ai lati del becco, come se indicasse un foro. O meglio una fossetta. E allora Louis non ebbe più dubbi sul fatto che Harry si fosse tatuato loro due sul suo corpo. A questo punto era arrivato, a imprimere sulla sua pelle i ricordi della loro storia d’amore? 

Louis lanciò uno sguardo alle braccia, alle spalle, alle mani e vide che tanti altri tatuaggi riempievano il suo corpo. Ora Louis non aveva il tempo di indagare oltre ma era convinto che tutte quelle immagini non fossero altro che riferimenti a ciò che avevano vissuto. Pareva che Harry avesse deciso di diventare un libro, di cui le pagine potevano essere visibili a tutti per poter essere lette. Ciò che incuriosì Louis fu perché Harry avesse tutti i suoi tatuaggi solo sul braccio sinistro, lasciando completamente vuoto il destro. 

- Chi sei tu? – domandò un uomo accanto a Louis, riportandolo alla realtà. 
- Harry Styles, professore – rispose il ragazzo. 
- Prego, accomodati pure. Stavamo appunto iniziando a fare le prime presentazioni -. 
Harry vide che i banchi erano disposti a file, ognuna su un grandino diverso e ad un' altezza differente. Quella classe ricordava molto la struttura di un’arena, con le tribune laterali disposte alcune più in alto e altre più in basso. Di fronte ai banchi poi c’era il pianoforte e allora fu chiaro che i posti erano stati organizzati in quella maniera per permettere a tutti di seguire bene le esecuzioni di un brano senza avere nessuno che ostruisse la vista davanti. 

Harry scelse un posto in prima fila, vicino alla finestra. Si sedette e passò il resto della lezione a guardare Louis. 
- Ragazzi, io sono il professor Evans – disse l’uomo che aveva parlato poco prima. – Questo è il mio collega Louis Tomlinson – e lo indicò affianco a lui. – Lui sarà il professore che condurrà questo corso. All’inizio dovevo esserci io, ma il preside Fitz ha deciso all’ultimo di non affidarmi questo incarico. Ora la parola va a Louis –. 
- Salve a tutti – lanciò uno sguardo veloce a tutti gli studenti, soffermandosi alla fine su Harry. – Sono Louis e questo è il primo anno che insegno in questa scuola. Vengo da Londra e mi sono laureato alla Warwick -. Un “oh” di meraviglia si sollevò non appena Louis specificò il nome della sua vecchia università perché probabilmente tutti conoscevano quella scuola essendo molto valida e molto difficile. E non era da sottovalutare il fatto che era riuscito a finirla con dei buoni risultati. Harry si sentì immediatamente molto fiero di Louis e gli sorrise. – Sarò il vostro professore di musica e per qualsiasi domanda, potrete rivolgervi a me senza problemi -. 
“Possiamo tornare insieme e sposarci?” pensò Harry nella sua testa. In fondo aveva detto che poteva fargli qualsiasi domanda, giusto? Probabilmente un giorno avrebbe trovato il coraggio e glielo avrebbe chiesto. Per ora restava a guardarlo parlare, completamente perso nello scrutare quegli occhi meravigliosi. O forse sarebbe stato più corretto dire a contemplare

Evans lasciò l’aula dopo cinque minuti e Louis iniziò a spiegare il programma di quell’anno e ciò che differenziava il corso dalla classe di musica. Durante primo trimestre avrebbero fatto più che altro lezioni di teoria musicale, concentrate soprattutto sullo studio del pianoforte. Nel pentamentre successivo alle vacanze di Natale si sarebbero invece dedicati alle composizioni e ad una serie di test pratici. E questa era la differenza sostanziale che passava con la classe di musica. In quest’ultima infatti, essendo finalizzata alla laurea, non si affrontava l’approfondimento di un solo strumento – come il pianoforte nel caso di Harry –, ma si affrontava lo studio della musica in generale, includendo l’analisi di quasi tutti gli strumenti musicali. Quindi non si faceva molta pratica ed era per questo che uno doveva frequentare quei corsi di potenziamento per specializzarsi, qualora ritenesse di averne bisogno. 

Quel corso inoltre, a differenza della classe di musica, poteva essere frequentato da chiunque a prescindere dal fatto che ci si volesse laureare o no. Era quindi un’occasione per poter imparare e per avere più modo di partecipare a concorsi e prove per raggiungere un buon punteggio, che poi sarebbe stato sicuramente utile per un’ipotetica professione. 

Louis continuò a parlare e a parlare e a parlare ed Harry perse circa il centocinque percento di quello che stava dicendo il ragazzo. Aveva così tante cose a cui pensare e su cui riflettere, come per esempio come avrebbe fatto a gestire i suoi sentimenti per Louis. Lo vedeva lì, sorridente e più bello che mai, e lo sentiva distante, irraggiungibile. Il solo pensiero di Louis che baciava un altro ragazzo lo faceva soffrire. Non poteva sopportare l’idea che quegli occhi sorridessero per qualcun altro e che quel sorriso fosse rivolto ad un’altra persona che non fosse lui. 
Harry adesso aveva ventidue anni e in tutto quel tempo, fin da quando ne aveva avuti diciotto, non aveva mai smesso di amare Louis. In quel lungo periodo i sentimenti non erano cambiati e quando qualche minuto prima aveva pensato di chiedere a Louis di sposarlo non lo aveva detto per scherzo. 

L’unico problema era che Louis non gli apparteneva più. Si portò una mano sul cuore e strinse la catenina che nascondeva sotto la maglietta bianca. Forse era vero quello che tanti anni prima gli aveva detto, ovvero che il suo cuore era sempre appartenuto a Louis, ma quello di Louis mai era stato realmente suo. 
Tuttavia Harry si ricordò che quella situazione, quella sensazione di lontananza e quel senso di estraneità che ora c’era tra loro non era altro che colpa sua.

Season of Love (Second Book)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora