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Gli anni passarono e, nonostante tutti i cambiamenti subiti e le vite stravolte, gli incontri del sabato sera rimasero immutati nel tempo.

Questo permetteva ai due di incontrarsi, anche se università e lavoro non lo rendevano facile durante il resto della settimana. Quello era il giorno sacro che nessuno gli avrebbe tolto.

Insieme alla loro gioventù era passata anche la cotta che Jungkook serbava nei confronti dell'ormai biondo. Almeno, lui si convinse di questo: aveva preferito seppellire il sentimento e dimenticare, come aveva suggerito tempo prima Taehyung, per non soffrire più del dovuto. Tanto, si ripeteva, avrebbe comunque avuto, in un modo o nell'altro, quel ragazzo nella sua vita.

Era presto giunto il giorno che Taehyung nominava ormai da mesi e che, a detta sua, non vedeva l'ora arrivasse per essere la persona più felice del mondo.

Nonostante la miriade di amici che il biondo possedeva, Taehyung aveva esplicitamente fatto una richiesta al migliore amico: il suo ultimo giorno a Seoul l'avrebbero passato insieme, solo loro due, all'insegna dei vecchi tempi.

Jungkook ne rimase sorpreso, non pensava che il maggiore avrebbe abbandonato l'idea di festeggiare per stare un'intera serata in sua compagnia.
Si era sentito egoista per aver subito accettato di non stare con altre persone, così tanto egoista che non poteva nascondere l'euforia che provò per la scelta dell'amico.

Erano usciti il pomeriggio tardi, vestiti con giacca e camicia sotto ordine del biondo, per recarsi nella sala giochi in cui amavano passare il pomeriggio da adolescenti.

Prima erano soliti sfidarsi per ore, passando interi pomeriggi davanti quei maxi schermi per decretare chi fosse il migliore. Entrambi erano abbastanza competitivi e non esisteva l'opzione che solo uno dei due vincesse tutto, non permettendo all'altro di portare a casa qualche premio lasciandolo a mani vuote.
Nonostante nel corso degli anni avessero mantenuto l'abitudine di incontrarsi, quelle poche volte possibili a casa del minore per qualche partita con la play, non erano più capaci di stare al passo dei due piccoli ragazzini di anni prima.

«Hai perso il tuo tocco» rise, fermandosi per qualche secondo in cerca dell'ossigeno che aveva abbandonato i suoi polmoni.

«Ma stai zitto» rispose imbronciato Taehyung, che mirava sul canestro da basketball per poter lanciare la palla e segnare. Necessitava di altri cinque punti per superare il punteggio del minore e, dato il poco tempo rimastogli, sapeva che sarebbe stato impossibile recuperare.

Lanciò comunque quel pallone, prima che i secondi terminassero, che si poggiò sul bordo metallico rimbalzando un paio di volte prima di cadere fuori.

«Direi che non meriti nemmeno la sufficienza» lo prese in giro Jungkook, ridendo ancora per la reazione del biondo. Quest'ultimo aveva puntato lo sguardo sulle proprie scarpe, troppo imbarazzato per poter affrontare le risa dell'altro.

«Senti chi parla...» gli diede un pizzicotto sul braccio che gli fece cacciare un urlo di dolore «Se ricordo bene, prima, non è stato il sottoscritto a mancare ogni zombie di fronte a sé, lasciando tutto il lavoro a qualcun altro» lo canzonò Taehyung, recuperando la sfacciataggine che l'aveva sempre distinto sin dalla tenera età. Sul suo volto spuntò un sorriso soddisfatto quando vide il minore infastidirsi.

«Non ho modo di tenermi allenato non avendo un gioco del genere a casa mia»

«Come se io l'avessi. Sei un perdente e non puoi negarlo» lo prese ancora in giro, il più grande, avviandosi verso l'uscita della sala giochi.

«Ti ricordo che tu hai perso ad altri giochi, tra cui l'ultimo» si difese Jungkook, convinto fermamente che se uno dei due fosse peggiorato sicuramente non era lui.

«Io non ho più tempo di giocare a pallacanestro durante il mio tempo libero. È normale che tu sia avvantaggiato» camminarono fino al suv e presero posto all'interno, così da potersi dirigere alla prossima tappa dell'itinerario che Taehyung aveva organizzato e mantenuto segreto al secondo.

«Ma il gioco non è uguale allo spo-»

«Ok, va bene» lo interruppe Taehyung, allontanando una mano dal volante per proiettarla sulla bocca di Jungkook, così da zittirlo. Era stufo di quell'inutile battibecco. «Sei il migliore, il più bravo, il più bello, il più tutto. Non litighiamo proprio oggi però, per favore»

Assicuratosi che non avrebbe provato a ribattere, riportò l'attenzione sulla strada davanti a loro. Jungkook in tutta risposta arrossì e, una volta che gli fu possibile muovere la testa, la girò verso il finestrino per non far notare le gote colorate all'amico.

Cercò di reprimere i pensieri che si crearono nella sua testa: non poteva ancora pensare a Taehyung in quel modo. Si stava per trasferire a migliaia di chilometri di distanza da lui -in Giappone cavolo- e non era giusto.

Non era giusto per nessuno dei due.

ℭ𝔞𝔫 𝔶𝔬𝔲 𝔰𝔢𝔢 𝔱𝔥𝔢 𝔪𝔬𝔬𝔫? [ᴋ.ᴛʜ + ᴊ.ᴊᴋ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora