«The Book and writer both Were love's purveyors»*

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#4

La soleggiata ma fredda Brighton, accoglie i due come un rigenerante risveglio. Lasciati i problemi a Londra, Harry sente quasi di potersi buttare da un grattacielo e sopravvivere alla caduta. Julia, invece, sente finalmente di poter respirare a pieni polmoni e concedersi quella distanza tanto agognata.

Passeggiano per il Pier, il vento decisamente più intenso che a Londra a scompigliare i capelli di entrambi. Si gustano due ciambelle, quelle con la glassa colorata e gli zuccherini sopra; buttano dei semi ai gabbiani, che li divorano senza pietà e, insieme, girano i vari negozi della città, senza comprare niente. Passano il pomeriggio a parlare sui muretti del lungomare, con le onde a fargli da sottofondo e, di tanto in tanto, qualche schizzo li raggiunge, pizzicandogli il viso e le mani, scoperti e vulnerabili al freddo della stagione.

"Cory organizza una cena, per la sua nuova promozione a lavoro" dice lei, soprappensiero, intenta a staccarsi una pellicina dal pollice. "Vorresti venire?" Gli domanda, prima ancora che si possa rendere conto di averlo fatto.

Harry la guarda, stranamente non irritato dall'argomento solitamente sensibile e annuisce, asserendo all'offerta. Poi distoglie la sua attenzione dalla ragazza, forse per la prima volta da ore e nota che il sole sta tramontando.

"A che ora avevamo il treno di ritorno?" Le chiede, già leggermente malinconico. La ragazza si riscuote da chissà quale pensiero e, in fretta, sblocca il cellulare per controllare gli orari. Harry la osserva, concentrata nelle sue azioni e si trova a fantasticare sul poterle scostare i capelli dal viso.

Julia, ignara dei pensieri dell'altro, scatta in piedi, rovinando la pace del momento.

"Lo abbiamo perso!" pronuncia, gli occhi spalancati a realizzare il misfatto. "Che facciamo adesso?" Quasi piagnucola: Cory starà aspettando il suo messaggio, che avrebbe dovuto inviargli per comunicargli l'orario di ritorno e Veronica, la sua amica, starà sicuramente aspettando notizie, pronta a spettegolare della gita fuori porta con Harry.

"Hey, tranquilla" le si avvicina il ragazzo, posando le due grandi mani sulle sue spalle minute. "Adesso andiamo a mangiare qualcosa e poi decidiamo il da farsi" le risponde, strofinandole le braccia, rassicurandola e scaldandola al tempo stesso.

In qualche modo, Harry la convince che non c'era niente di male a prendersi dell'altro tempo, che non è sbagliato godersi un giorno libero senza le preoccupazioni e la solita quotidianità. La convince anche a mangiare del fish and chips in un piccolo ristorante vista mare, intimo e dall'atmosfera privata, calda. E Julia si lascia andare, ride e scherza con Harry e capisce che, veramente, qualcosa in lei è scattato, quella mattina in caffetteria. Così, mentre il ragazzo si offre di pagare il conto, lei scrive un veloce messaggio al suo ragazzo, dicendogli che non c'erano treni per il ritorno e che avrebbero passato la notte in un bed and breakfast, solo per tornare il mattino dopo.

Passeggiano per le vie buie, illuminate dai lampioni gotici che fremono sotto le sferzate del vento, che si è fatto più acuto e freddo di qualche ora prima. Entrano in una pensione e al bancone trovano una signora, sulla cinquantina, con un paio di occhiali allungati a forma di occhio di gatto, che li fissa, quasi incredula.

"Vorremmo due stanze" chiede Harry, con una punta di risentimento nella voce, per le parole dette. Anche Julia, da parte sua, preferirebbe cancellare la richiesta e riformularla.

"Mi spiace, ho solo una camera disponibile. La cameriera ha deciso di non presentarsi e non posso proprio farvi dormire in una camera sporca" ci pensa la signora a dire il non detto tra i due ragazzi, che si guardano, spaesati e insicuri.

"Va bene lo stesso" ammette Julia, più a se stessa che ad altri.

Salgono le scale, ansiosi, percorrono il corridoio colmo di quadri ottocenteschi e fotografie vecchio stampo. Giungono a quella che è la loro stanza, in silenzio, stranamente in tensione. Questa è piccola, ma vivibile, ogni mobile studiato a puntino e collocato nella giusta posizione, rende l'ambiente confortevole. Il letto doppio richiama l'attenzione di Harry, che si lascia scappare uno sbadiglio rumoroso, solo per coprirsi la bocca imbarazzato dalla risata di Julia.

"Scusa" sorride lui, affiancando l'amica seduta sul materasso.

La ragazza si tormenta le mani, la mente coinvolta in pensieri vertiginosi e voglie irrefrenabili. Harry la osserva di sottecchi, come la prima volta: ha la frangia scomposta e qualche capello ha assunto una posizione strana. Gli occhi sono rivolti verso il basso, il naso comincia a perdere il colore rosso e la bocca è semiaperta e lo chiama, come mai prima. Harry lo fa: le scosta una ciocca di capelli dal viso e gliela ripone dietro l'orecchio.

Julia non osa guardarlo, sa che non riuscirebbe a resistergli, non più e anche Harry ne è cosciente e la sua proiezione si trova davanti a un bivio con due percorsi possibili, entrambi dolorosi. Le sue dita carezzano la guancia di lei e si posano delicatamente sotto il mento, per stringerlo leggermente e girarlo nella sua direzione. Julia ancora non lo guarda, non ne ha il coraggio e Harry ne approfitta per avvicinarsi, per farle sentire il suo odore da vicino e, poco a poco, la sua bocca è premuta contro quella di lei, in un bacio casto.

Le labbra più soffici mai conosciute, riconosce Harry, che sa di aver oltrepassato il confine di non ritorno. A occhi chiusi, Julia si lascia trasportare indietro, assaporando la lingua di Harry, che la sovrasta ma non le pesa sopra, vicino quanto basta per mandarla in tilt e farle girare la testa. Lui le bacia il mento, il collo; le mani grandi seguono un percorso preciso, impegnate a privarla tanto dei suoi vestiti quanto delle sue difese. Julia combatte con se stessa: vorrebbe aprire gli occhi, guardarlo mentre la tocca, lasciarsi andare al piacere assoluto, vedere i ricci che stringe tra le sue mani, ma qualcosa o meglio qualcuno la frena.

A Harry invece, non importa essere guardato, gli importa solo che lei sia lì, con lui, sebbene sappia quanto tutto quello che stanno facendo è maledettamente sbagliato. Sa di comportarsi da egoista, ma lui vuole questo, vuole lei, più di ogni altra cosa e non si tirerà indietro, a meno che non sia lei a chiederglielo. Improbabile, visto il modo in cui le sue mani lo cercano e stringono. E quando Harry si stacca, Julia smette di respirare, avvertendo la sua mancanza come quella dell'ossigeno; è costretta ad aprire gli occhi, piano, intimorita e li sbatte un paio di volte, prima di concentrare la propria attenzione sui gesti dell'altro, che, ora sa essere in ginocchio tra la sue gambe, è fermo ad aspettarla.

Lo guarda spogliarsi lentamente, a cominciare dal maglioncino grigio che si sfila dalla testa, portandosi dietro la t-shirt bianca che indossava al di sotto. Guarda il suo petto, la sua pelle candida ricoperta da vari tatuaggi di cui vuole sapere ogni storia e i muscoli in tensione, lievemente accennati, la portano verso il basso della sua figura. Gli occhi di Julia raggiungono le mani di Harry, i cui pollici si inseriscono sotto la superficie dei suoi jeans neri, slavati, a sbottonarne con una lentezza soffocante la chiusura. Ormai Julia non ne può più: lo vuole, giusto o sbagliato che sia e, finalmente, lo guarda negli occhi, verdi, bellissimi e micidiali, mentre si avvicinano a lei ardenti del suo stesso desiderio.

Con quell'unico sguardo, la verità la colpisce severa e schietta. Farà male, quando sarà finita, pensa fra sé e sé, abbandonandosi a Harry.



*Traduzione titolo: «Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.»

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