Capitolo 1

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A Nord del silenzioso e tranquillo regno di Arendelle, sulle vette più alte e ripide della catena montuosa che lo circondava, Elsa si sentiva finalmente se stessa. Aveva sempre saputo di essere diversa da sua sorella Anna, così ingenua e sognatrice, pronta ad innamorarsi del primo uomo simile a lei che incontrava. Ma Elsa non avrebbe mai potuto amare nessuno. Nemmeno qualcuno che fosse stato uguale a lei. Almeno così credeva.

Nel magnifico castello di ghiaccio costruito sulla Montagna del Nord, regnava il silenzio. Elsa si specchiò nella parete di ghiaccio del castello, che la rifletteva molto nitidamente: il suo nuovo vestito attillato, che lasciava le spalle scoperte, e i lunghi capelli biondi sciolti in una treccia le davano un'aria nuova. Finalmente si sentiva a suo agio e libera, così diversa dall'ossequiosa e riservata regina che era stata poco tempo prima. Si sentiva quasi felice. Era così remoto, l'ultimo ricordo di felicità che aveva, che Elsa si meravigliò del fatto che solo ricordasse cosa fosse, la felicità. Aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle, e così avrebbe fatto.

Ma un rumore improvviso ruppe il silenzio all'interno del castello, e la tranquillità di Elsa svanì in un istante. Per un attimo, temette che qualcuno fosse venuto a cercarla, e che l'avesse già trovata. Si precipitò nell'enorme sala d'ingresso del palazzo, poi esaminò anche i piani superiori, in cerca di qualcosa, o qualcuno, di intruso. Quando ebbe finito di ispezionare anche l'ultima stanza ghiacciata del palazzo, tornò al piano di sotto. Mentre si chiedeva perché avesse costruito un castello così grande per una sola persona, una voce sconosciuta a lei, e mai sentita prima, ruppe nuovamente il silenzio.

«I miei omaggi, vostra Maestà.» La voce apparteneva a un ragazzo, non molto più grande di lei. Il tono di voce era ironico, falsamente mieloso. Elsa si voltò di scatto, ma continuò a non vedere nessuno. «Chi sei? Che cosa vuoi?» Disse sulla difensiva, pronta a un attacco a sorpresa. Che non arrivò.

«Chi sono io?» Disse la voce palesemente offesa. Elsa sentì una folata di vento alle spalle, e mentre si voltava nuovamente vide un ragazzo materializzarsi proprio davanti a lei. Era seduto in equilibrio su un vecchio bastone di legno, e la fissava con aria di superiorità.

Elsa non riuscì a celare la sorpresa:

«Come hai fatto a entrare qui?»

Il ragazzo sembrò colto alla sprovvista, perché perse l'equilibrio e cadde dal bastone con un tonfo.

«Un momento. Tu riesci a vedermi?» Disse il ragazzo con tono incredulo.

«Mi prendi in giro? È ovvio che riesco a vederti, non sono mica cieca!»

Il ragazzo sembrò entusiasmato da quella frase, e in un batter d'occhio si sollevò da terra e prese a volteggiare per aria, esultando e schiamazzando, urlando «Mi vede, riesce a vedermi, non ci credo, non posso crederci!» E insieme alle sue urla di gioia aumentavano anche i ghirigori di ghiaccio sulle pareti del castello, che andavano espandendosi sempre di più.

«Fermo, fermo! Mi spieghi che cosa significa? La gente non ti vede di solito?» Elsa sembrava spaventata quanto confusa.

«Esatto! Tu sei la prima umana che riesce a vedermi! Prima d'ora nessuno ci era riuscito, al massimo la gente riesce a percepire la mia presenza, ma anche questa è una cosa a dir poco rarissima! Come hai fatto? Hai qualche cosa speciale tipo la supervista o che so io?»

«Io, ehm...Non credo...Hai un'aria, come dire...Familiare.»

Elsa pensava veramente che quel ragazzo avesse un'aria familiare. I capelli color platino che gli ricadevano sugli occhi, questi ultimi che si intonavano al paesaggio tutt'intorno da quanto erano chiari.

Ma Elsa non abbassò la guardia.

«Và via di qua. Potrei farti del male.»

Il ragazzo scoppiò in una risata impertinente.

«Farmi del male? E come?» Chiese con un tono divertito.

Elsa si sentì provocata da quell'insinuazione, così decise di dimostrargli che lei era davvero pericolosa.

Con un gesto della mano mandò un getto di ghiaccio nella direzione del ragazzo, che con riflesso pronto alzò il proprio bastone come uno scudo, e nel momento esatto in cui il ghiaccio incontrò il bastone, si sciolse in acqua gelida che non appena toccò il suolo riprese nuovamente la sua forma originaria.

«Cavoli, niente male!» Esclamò il ragazzo stupito alla vista di quel potere.

«Come accidenti hai fatto?» Elsa non riusciva a credere a quello che aveva appena visto.

«Come accidenti hai fatto tu.» La corresse il ragazzo. Elsa distolse lo sguardo, colta tutto d'un tratto da un'enorme tristezza.

«Io...Ho questo potere da quando ne ho memoria.»

«Capisco.» Si limitò a dire il giovane, fattosi improvvisamente pensieroso. Si massaggiava il mento, scrutando Elsa in ogni minimo dettaglio.

«Si può sapere chi sei e che cosa vuoi?» Sbottò Elsa, innervosita da quel suo fare misterioso.

«Mi chiedi ancora chi sono? Riesci a vedermi ma non sai chi sono? Sono Jack Frost, diamine, il Signore del Ghiaccio!» Disse facendosi di nuovo superiore. Alle parole "Signore del Ghiaccio", nuovi ghirigori riempirono le pareti ghiacciate.

«Signore del Ghiaccio...» Ripetè Elsa poco convinta. Jack Frost non aveva l'aria da Signore del Ghiaccio. Tutt'altro. Era piuttosto magro e non era molto alto, ma aveva qualcosa che gli dava un certo fascino oscuro. Ma di certo non da Signore del Ghiaccio.

«Già.» Disse Jack pieno di sè. «E qualcosa mi ha portato qui. Sai, dato il mio mestiere, sono piuttosto attratto dal freddo. E qui è tutto così...Ghiacciato! Ma non è questo. La Luna mi ha detto di venire fin qui. Sai, di solito non ascolto quella vecchia sgorbutica, anzi, è lei che proprio non mi parla. Perciò è raro che mi dica un posto dove andare, e quindi ho deciso che doveva essere importante, e bhè...Eccomi qua.» Jack sfoderò un sorriso attraente, mostrandi uno per uno i suoi bianchissimi denti.

«Immagino che sia stato tu a darmi questo inconveniente.» Disse Elsa risentita.

«Inconveniente? Hai un meraviglioso potere e lo chiami inconveniente?» C'era un filo di delusione nella voce di Jack.

«Sarebbe un potere meraviglioso» Riprese Elsa «Se solo non prendesse il sopravvento sulla mia vita.» Improvvisamente la tristezza si fece più forte.

«Tu non lo controlli, non è vero?» Disse Jack dopo una lunga pausa di riflessione. Elsa annuì tristemente, al che Jack sfoderò uno dei suoi sorrisi magnetici.

«Hai un bel vestito, lo sai?» Disse avvicinandosi sempre più, Elsa fu colta impreparata a quel complimento, e strinse gli occhi assumendo un'aria diffidente, che però durò per poco.

«Ci vorrebbe solo qualche decorazione qui...» Con un dito Jack sfiorò la stoffa sul braccio di Elsa, che si riempì subito di lustrini luccicanti fatti di ghiaccio che creavano un meraviglioso gioco di luce «...E qui» Con un gesto della mano di Jack, i lustrini riempirono rapidamente il vestito di Elsa, fino a farlo brillare come non mai.

«Non sono abituata al troppo luccichio.» Disse Elsa, ma Jack la zittì con un gesto della mano. Elsa pensò che se avesse fatto lei quel gesto rapido della mano, avrebbe ferito almeno dieci persone, perché avrebbe liberato dei getti incontrollati di ghiaccio. Invece Frost aveva un tocco così delicato e aggraziato nel maneggiare e nel controllare il ghiaccio, che Elsa lo invidiava con tutto il cuore. Avrebbe tanto voluto essere al suo posto

«Così è perfetto.» Jack sembrava soddisfatto del suo lavoro, al contrario di Elsa.

«Io e te siamo più simili di quanto credi.» Le sussurrò all'orecchio, come se le avesse letto nel pensiero.

Cuori di GhiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora