Capitolo 8

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Elsa era rannicchiata su se stessa in un angolo della sua camera, piangeva. A ogni suo singhiozzo, le pareti della stanza si ricoprivano di uno strato sempre più spesso di ghiaccio, e ciò non faceva altro che farla sentire peggio. "Sono un mostro, sono un mostro." Si ripeteva tra le lacrime.

"Non sei un mostro." Aveva sussurrato qualcuno. Elsa, stupita, sollevò la testa, ma non vide nessuno. Scosse la testa e riprese a singhiozzare.

"Dai su, non piangere. Vuoi fare un pupazzo di neve?" Questa volta, quando Elsa sollevò la testa, si ritrovò qualcuno, un ragazzo, proprio davanti a lei. Sorrideva amichevolmente e tendeva la mano verso di lei.

"Guarda, non avere paura, anch'io sono freddo." Intimorita, Elsa sfiorò la mano del ragazzo, ed era proprio vero, era gelido come lei. Il contatto tra il suo dito e la pelle del ragazzo generò un piccolo fiocco di neve che si sciolse appena cadde per terra. Elsa sorrise, battendo le mani. "So farlo anch'io, guarda!" Con un piccolo sforzo, Elsa fece uscire dal palmo della sua piccola mano un minuscolo fiocco di neve che volteggiò per aria: "Te la cavi." Disse il ragazzo. "Ma scommetto che questo non riesci a farlo." Detto ciò, con un gesto della mano diede vita a un piccolo pupazzo di neve. Elsa ridacchiò "Sì che lo so fare!" E concentrandosi, con un piccolo sforzo, creò anche lei un pupazzo di neve, un po' malconcio: "Wow! Impressionante!" Disse il ragazzo, al che la piccola Elsa arrossì. Ma scorgendo dietro al ragazzo, la bambina notò una piccola figura sbucare dell'oscurità, e sussultò.

"Anna! Che ci fai qui?! Come hai fatto ad entrare?!"

"Elsa, facciamo un pupazzo di neve?" Diceva la bambina con fare pimpante

"No, Anna, vattene via da qui."

"Ma Elsa..."

"Ho detto và via!" Con un gesto involontario della mano, Elsa mandò un getto di ghiaccio verso la sorellina, e la colpì in pieno. "Anna! No, Anna, non di nuovo, ti prego!" Elsa provò a soccorrere la sorella, ma invano: "Jack, Jack aiutami, che cosa faccio adesso?" Non sapeva perché, ma conosceva il nome del ragazzo.

"Non puoi fare niente, Elsa. Il tuo potere è nato per distruggere. Il nostro potere!" Il volto del ragazzo era cambiato spaventosamente, gli occhi non erano più chiari ma di un giallo innaturale, e anche i capelli erano più scuri. Elsa riprese a urlare e a piangere disperata, e il ragazzo cominciò a ridere: "Sì, sì! Lascia che la paura prenda il sopravvento! Cosa è un sogno, senza la paura?!"

Elsa si svegliò urlando, in un bagno di sudore. Ancora con il fiato corto, si guardò intorno. Non sapeva per quanto tempo avesse dormito, né cosa le fosse successo. Ripensò a quell'incubo spaventoso, e agli occhi gialli e inquietanti del ragazzo, e a quanto spaventosamente si fosse trasformato. Poi le venne in mente un ricordo, legato a quel sogno. Ricordava le tante volte in cui da piccola si chiudeva a piangere nella sua stanza. Ma solo in quel momento ricordò il ragazzo dai capelli dal colore della neve, che veniva a consolarla. A volte percepiva soltanto la sua presenza, ma non riusciva a vederlo. Altre volte invece sì. Ma perché allora non se lo era ricordato prima? Perché le era venuto in mente solo adesso?

"Jack?" Sussurrò a malapena. Con un dolore lancinante che colpiva ogni parte del suo corpo, si mise a sedere. Aveva fitte ovunque, e la testa le girava. "Dove sono?" Si chiese, anche se sapeva benissimo dove si trovava. Aveva dormito su un lussuoso letto a baldacchino, che lei stessa personalmente aveva sempre rifiutato, ritenendolo pacchiano. Era proprio a casa, ad Arendelle, nella sua reggia. Ma come c'era finita? Ricordava poco e niente di ciò che era successo prima, e se provava a fare mente locale la testa le scoppiava. Con uno sforzo che le causò altro dolore, scese dal letto e si mise in piedi. Era difficile persino camminare. Non ben consapevole di ciò che volesse fare, uscì dalla stanza. La porta dava sul lungo corridoio che lei stessa conosceva a malapena, poiché essendo abituata a stare in camera sua praticamente sempre, non lo percorreva da tempo. Spaesata e impaurita, fece qualche passo in avanti fino a quando non scorse una figura di spalle. Una figura molto familiare.

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