~ Capitolo 18 ~

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LEVI
La prima cosa che percepii fu un forte dolore alla nuca. Poi arrivarono altre sensazioni, come il formicolio ai polsi, le mani bagnate e il freddo. Finalmente mi decisi ad aprire piano gli occhi. Dovetti sbattere le palpebre un paio di volte per abituarmi alla poca luce. Ero in una stanza piccola, il pavimento era piastrellato, come le pareti. La poca luce arrivava da una piccola finestrella in alto. Guardai la porta a pochi metri da me, era semplice, il legno. Decisamente non la porta di una cella. Dunque non avevo sognato, avevano davvero attaccato il camion. Non mi serviva fantasia per capire che era stato Kenny. Provai a tastarmi la ferita in cerca di una conferma ma mi accorsi di avere le mani legate. Dunque era quella l'origine del formicolio. Intuii che il "bagnato" sulle mani era il mio sangue. Ero così concentrato a capire dove fossi che non mi ero accorto né della sparizione della mia maglia e delle scarpe né della catena attorno alla caviglia. "Seriamente?" mormorai quando scoprii di non poter fare più di tre passi. In quel momento sentii una serie di passi, erano quattro, forse cinque persone. Si fermarono davanti alla mia porta. Udii un mazzo di chiavi tintinnare e la serratura scattare. La porta si aprì con un cigolio e lì, sulla soglia, illuminato dalla luce del corridoio, c'era un uomo. Un uomo che non doveva essere lì. Non poteva. Perché, semplicemente... era morto 10 anni prima.

Flashback
Levi aveva diciassette anni. Era molto basso per la sua età eppure i lineamenti severi lo facevano sembrare addirittura più grande. Comunque, all'uomo davanti a lui non importava la sua età. Gli importava solo il suo cognome. "Il piccolo Ackerman ci onora della sua presenza" lo derise. Il corvino lo sfidò con lo sguardo e Reiss, l'acerrimo nemico dello zio, non la prese bene. Gli mise una mano sulla spalla e provò a costringerlo in ginocchio. Il ragazzo fece resistenza e uno dei tanti uomini uomini del "Lord", come gli piaceva essere chiamato, gli venne in soccorso. Una ginocchiata lo fece accasciare provocando la risata dell'uomo e l'urlo della ragazzina dietro di lui. Levi la guardò per un attimo. Era inginocchiata sul pavimento e un soldato la teneva ferma per la chioma rossiccia. Accanto a lei c'era un ragazzo, alto e biondo, con gli occhi azzurri, restava immobile e in silenzio principalmente per la pistola puntata alla tempia. Si chiamavano Isabelle e Farandal ed erano i migliori, nonché unici, amici di Levi. Il corvino fece per rialzarsi ma Reiss gli intimò: "Resta fermo lì, sdraiato sul pavimento, ai miei piedi, dove é giusto che tu sia. Osa muoverti e i tuoi amichetti ci rimettono la vita" fremeva di rabbia, voleva balzare in piedi e colpire quel grassone insolente, eppure rimase immobile. "Vedo che hai compreso" sogghignò il Lord chinandosi  verso di lui. Gli prese il mento tra le dita e gli fece voltare la testa in una posizione innaturale. "Dimmi i codici di sicurezza" fece una piccola pausa "non serve che rinnovi la minaccia... vero?" Una pistola comparve anche vicino a Isabelle, il cuore di Levi saltò un battito. Non aveva la risposta, non portava salvarli. Restò in silenzio cercando di farsi venire in mente qualcosa che potesse aiutarli. In suo soccorso venne Farandal "Lui non sa quei codici, ce li ho io". Reiss si voltò verso il ragazzo, interessato. "Ma prima devi lasciar andare Isabelle"
"Non sei in condizioni di trattare, ragazzo"
"Io credo proprio di sì"
Al Lord non piaceva essere sfidato, trascinò Levi davanti ai due e, sotto i loro occhi, gli circondò il collo sottile con le mani. Iniziò a stringere togliendo l'aria al corvino che si dimenava inutilmente.
"Il tuo amichetto sta morendo, non sei piú in condizioni di trattare"
Levi perse conoscenza poco dopo. Si sarebbe risvegliato il giorno successivo alla base di Kenny. Gli raccontarono che si era salvato per miracolo e che Farandal e Isabelle non avevano avuto la stessa fortuna. La stessa storia gli fu ripetuta anche da alcuni degli uomini che erano presenti perciò, col cuore a pezzi, ci credette.

"Non é possibile" guardai l'uomo che era ancora immobile "Tu sei morto"
"No, Levi" disse lui "sono io, Farandal, e sono davvero qui" aveva il suo stesso accento e anche il timbro, nonostante la voce si fosse abbassata di registro, era rimasta uguale. Fece un passo avanti ma io indietreggiai, ero spaventato. "So che é sconvolgente, ma devi fidarti di me." Provò ad avvicinarsi ancora e io mi trascinai lontano da lui. Doveva essere un'allucinazione, uno scherzo non poteva essere la realtà, sarebbe stato troppo crudele. Avevo cambiato vita dopo la loro morte. Sentendomi in colpa mi ero allenato per entrare nell' FBI, sarei diventato un'agente per rimediare ai miei e ai loro errori. All'improvviso mi trovai con le spalle al muro, non potevo più scappare. Il biondo troneggiava su di me, ma non in modo  minaccioso, mi sorrideva, come sempre, aveva quel sorriso che mi aveva accompagnato per anni. "Come é possibile?" mormorai "cinque diverse persone mi hanno dato la stessa versione dei fatti. Tu sei morto esattamente 10 anni fa, era il 20 gennaio 2009."
Farandal mi guardò comprensivo. "Le persone possono essere corrotte..."
"Se tu sei vivo... lo é anche Isabelle?"
"Al momento non é qui, peró sì Isabelle é viva"

AlyssaMolin04

P.S
Sí, lo so, mi sto allontanando dal manga. Peró l'idea mi piaceva e il bello di essere la scrittrice é che puoi fare quello che ti pare.
Mi scuso se il capitolo é un po' bruttino (eufemismo, in realtà fa proprio schifo)
Ciao♐

F.B.I loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora