- Sono nato 87 anni fa. Per 65 anni sono stato l'imperatore di Tamriel. Ma in tutti questi anni, non ho mai regnato sui miei sogni. Ho visto i cancelli di Oblivion, oltre i quali nessun occhio desto può vedere. Guarda: nell'oscurità una maledizione si diffonde sulla Terra.
È il ventisettesimo giorno di Ultimo Seme, nell'anno 433 di Akatosh. Sono gli ultimi giorni della terza era. E le ultime ore della mia vita. -
Rumori di celle e armature svegliarono la donna dall'aria esausta e sporca. Aveva un aspetto miserabile e confuso, come se avesse vissuto per anni nelle strade, dimostrava di avere poco più di trent'anni. Voci di imperiali rimbombavano nella sua testa, e molto lentamente si avvicinavano, probabilmente venivano dalla fine della stanza. La sua memoria era debole, non riusciva a focalizzare il motivo per cui era rinchiusa lì, l'unica cosa che girava nella sua mente era il suo stesso nome, Dralora S'this. Pochi erano i ricordi che riusciva a mettere a fuoco: si trovava in una prigione imperiale che aveva sede a Cyrodiil, la terra nativa degli imperiali. La sua vista era offuscata, si trovava seduta per terra con la testa inclinata e dolorante e le braccia incatenate dalle fredde manette arrugginite. Sentiva dolori lancinanti dalle ferite presento in tutto il corpo, aveva le nocche delle mani così rosse che potevano essere scambiate per quelle di un argoniano. Si strofinò gli occhi, fece un lungo respiro e tentò di ricordare: Ricordava di aver sognato di una persona anziana che annunciava la fine del suo destino e l'inizio dei suoi incubi in una dimensione che sembrava essere parallela, come se nessuno potesse vederlo. Poi la visione si spostò su una grande torre di bianco oro, e poi lentamente si avvicinò ad un edificio e, con velocità maggiore, si avvicinò ad una cella che riconosceva come la propria. Dolorante, si alzò barcollando, mantenendosi al tavolino di legno presente anch'esso nella cella, prossimo alla rottura. Cadevano gocce d'acqua dal soffitto pericolante, formando poi una piccola pozzanghera per terra, dove si specchiò, guardando la sua pelle grigia, tuttavia molto chiara per la mancanza della luce solare, che quasi sembrava blu, e gli occhi rossi, tipici tratti di un elfo oscuro. Il dettaglio che però dava più particolarità alla visione di sé stessa erano i suoi capelli di una particolare sfumatura d'azzurro verso il blu, lunghi fino alle spalle, tuttavia sporchi dopo aver passato giorni, forse mesi o anche anni in quella prigione. Si chiedeva perché proprio in quel determinato giorno dovesse perdere la memoria, in una cella simile. Dopo essersi alzata si avvicinò al cancello sudicio e sentì odore di sangue e animali morti, probabilmente ratti, data la pessima condizione della prigione, poi vide una figura scura dall'altra parte in un secondo cancello. Riuscì a focalizzare verso la figura e capì che si trattava di un'altra persona, che si dimostrò essere un altro elfo oscuro dai capelli lunghi, sporchi e bianchi, aveva un'aria particolarmente rovinata, doveva essere un prigioniero da molti anni. L'elfo la guardò stupefatto e le rivolse la parola.
- Devo sicuramente essere morto nelle sale di Azura per poter osservare una tale visione. Sei così bella, mia cara fanciulla Dunmer... Una delle guardie mi deve un favore, sai. Potrei farci mettere nella stessa cella. Ti piacerebbe? -
Il suo tono sembrava serio, e per niente rassicurante, l'elfa sentì lo stomaco restringersi e dovette mantenersi al cancello pur di non finire per vomitare per terra. Ma ovviamente i suoi sentimenti non erano tra gli interessi di un Mer che, molto probabilmente, non vedeva una donna da anni, la sua unica voglia era quella di unirsi ad una persona, pur di violare un corpo.
- Dovresti divertirti un po' prima della fine. Sì, mi hai sentito. Non importa cosa dice la legge. Non importa cosa ti hanno detto. Stai per morire qui! Stai per morire! -
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Dove il fuoco brucia.
Fantasía« Sono nato 87 anni fa. Per 65 anni sono stato l'imperatore di Tamriel. Ma in tutti questi anni, non ho mai regnato sui miei sogni. Ho visto i cancelli di Oblivion, oltre i quali nessun occhio desto può vedere. Guarda: nell'oscurità una maledizione...