Capitolo 4

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Jesper mi è venuto a prendere con un pick up rosso, dall'aspetto decisamente poco affidabile. Raccolgo le mie cose nella mia Alexa Mulberry nera e entro nell'auto.

"Buongiorno" mi sorride Jesper. Ricambio il sorriso e tiro giù il finestrino per sentire l'aria fredda che mi brizzola i capelli.

Durante tutto il viaggio, che è durato all'incira 10 minuti, nessuno dei due ha spiccicato parola anche se continuavo a sentirmi le mielate iridi marroni di Jesper addosso, che cercava fin troppo di evidenziare e farmi notare le languide occhiate.

Ci fermiamo di fronte a una piccola casa di legno, vicini a delle rustiche panche da campeggio color ciliegio.

Jesper scende dall'auto per aprirmi la portiera, visto che è rotta e la serratura scatta solo da fuori.

Il biondo indossa una t-shirt bianca sotto una camicia rossa e blu in stile scozzese, da boscaiolo, che gli scende morbida sui jeans stretti.

"Miss" dice, inchinandosi e facendomi segno di scendere.

Il terreno è fangoso e io indosso le mie splendide converse total black, dannazione.

Ci sediamo al tavolo e subito una bionda super carina viene a prenderci le ordinazioni. Riesco a notare il tono brusco e superiore che riserva a Jesper e mi chiedo a cosa debba tanta ostilità.

Non appena la cameriera gira i tacchi, mi accendo una sigaretta e cerco di catturare lo sguardo basso di Jesper.

"Che c'è?" mi chiede, imbarazzato.

Guardo verso la porta e indico la cameriera che da dentro la casetta manda sguardi freddi e fugaci.

"Alcune persone qui non sono proprio il massimo della simpatia, Beth" dice, sempre guardandosi i piedi.

La ragazza torna con i nostri toast e iniziamo a mangiare.

"Sei di poche parole oggi" azzarda, io alzo lo sguardo dal toast e noto che ha gli occhi fissi nei miei.

"Come stai?"

Sembra sorpreso dalla mia domanda e ci mette un po' per rispondere.

"Bene, non ho dormito molto, non vedevo l'ora che fosse mattina così non ho chiuso occhio poi zia Mag mi ha dato dei compiti e sono dovuto andare in città e pensa non ho mangiato per non rovinarmi la colazione con te ahahha"

"Puoi respirare ora" gli dico ridendo e vedo le sue guance avvampare.

É così ingenuo e carino, fa tenerezza, nonostante la stazza sembra un dodicenne, uhm, che parla per la prima volta con una ragazza.

Finiamo di mangiare e lui si offre di pagarmi il brunch, anche se non sono molto d'accordo.

Mi dirigo verso il pick up e improvvisamente mi sento il polso avvolto dalla mano di Jesper.

"Che fai!" sussulto, squittendo, forse un urlo esagerato ma dovuto all'azione inaspettata.

"Calma, calma" alza le mani in segno di resa, ridacchiando "non torniamo subito a casa, volevo farti vedere una cosa"

Un sospiro di apprensione mi esce sfuggente dai polmoni mentre annuisco.

Seguo Jesper tra il fitto degli alberi, preoccupata per le mie converse. Non sono proprio il massimo per affrontare un sottobosco fangoso.

Dopo qualche minuto di camminata ci troviamo di fronte ad un'enorme radura che brilla come un vestito coperto di paiettes. Le piccole goccie d'acqua sull'erba sono illuminate dal tiepido sole che concede al prato un'apparenza di freschezza, aiutato dal pungente odore di menta selvatica che padroneggia nella radura.

"È.. meraviglioso" in questo momento penso di avere la bocca talmente aperta da poter essere scambiata tranquillamente con il soggetto dell'Urlo di Munch.

"Sapevo che ti sarebbe piaciuta! Da bambini venivamo spesso qua, giocavamo a nascondino nonostante tua nonna ce lo vietasse per paura che ci perdessimo nel fitto del bosco"

Jesper sembra estasiato, non so se per i ricordi o per lo spettacolo della natura che abbiamo davanti.

L'idea non può che balzarmi in mente, mi eccita."Giochiamo a nascondino" propongo con aria di sfida, forse a lui o forse a me stessa.

Il sorriso che gli si dipinge in faccia mi fa intendere che sia entusiasta della mia idea.

"Tu conti. Io mi nascondo." quasi ordino, indicando un grande pino dove Jesper inizia a contare.

"Hai 100 secondi prima che dia il via alla caccia."

Inizio a correre a ovest del grande albero mentre l'adrenalina prende a scorrere nelle mie vene.

Continuo a correre, non mi fermo, cazzo non riesco a trovare un nascondiglio, continuo a correre, corro per un tempo che sembra superare i 100 secondi, torno a correre nella boscaglia, le gambe non si fermenano, mi sento avvampare le guance dalla fatica. Cazzo.

Mi blocco, il mio cervello torna a dare segni di vita. Mi guardo intorno.

Dove cazzo sono? Ho corso troppo veloce, non mi ricordo il percorso che ho fatto.

Sento il respiro affannarsi, ora riesco a sentirlo pesante, scoordinato rispetto al cuore che pulsa all'impazzata.

Le gambe stanche cedono e mi portano a sedermi bruscamente per terra.

D'un tratto il rumore del bosco cessa e tutto tace.

Nessun cinguettio, nessun grillo frinire, nessun'ape ronzare.

Solo il silenzio.

E improvviso lo sfrusciare di foglie estive e il mio urlo, soffocato da un palmo morbido di mano.

A un soffio di vento.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora