Capitolo 5

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ATTENZIONE: questo capitolo contiene scene crude di sesso e violenza.

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Nel giro di pochi secondi mi ritrovo distesa a pancia in giù, a lato di una grande quercia.

Una mano mi sta ancora bloccando il respiro.

Sento che i polmoni stanno per implodere nel mio petto.

Non riesco più a distinguere i contorni di ciò che mi ritrovo davanti. Vedo solo delle macchie di colore che si spingono tra di loro, agitate, impaurite, terrorizzate come sono io ora.

Qualcosa sopra di me si muove e finalmente i nervi danno il segnale al cervello: qualcuno è seduto sul mio fondoschiena, qualcuno che mi ha buttato per terra, qualcuno che mi sta soffocando.

"Elisabeth non giocare nel bosco, ci sono i lupi cattivi"

Riesco a percepire il respiro agitato che mi sussurra veloce e aggressivo sul collo, parole che piano riescono a prendere un senso nella mia testa e che fanno emergere ciò che più vi è nascosto nell'oblio. Un brivido mi scuote mentre raccolgo il pensiero di trovare familiare quel sibilo.

"Non agitarti bambina, non voglio farti del male" un altro sussurro.

Altre parole, un'altra frase che appare come un dejavú, che nonostante la paura, riesce a riscaldare il mio corpo.

Smetto di muovermi, di tirare calci al terreno ormai scosso sotto le mie gambe, smetto di guardare e chiudo gli occhi, smetto di lottare sotto la presenza insistente sopra di me.

Sento la mano scivolare via serpentina dal mio viso mentre torno ad affannare respiri contro l'odore del terreno.

Non riesco ad alzare le palpebre pesanti, è come se l'energia mi sia stata risucchiata via in un istante da qualcosa che ha avuto la premura di lasciarmene un po' per mantenere il controllo degli altri 4 sensi.

Sento la presenza muoversi, ancora, e afferrarmi i polsi per poi stringerli in una morsa contro il suolo sopra la mia testa.

"Cosa ha fatto signorina ai suoi splendidi capelli neri? Il nero è un bel colore signorina, le stava bene, ma ammetto che rosso, rosso sangue, beh signorina i suoi splendidi capelli sono ancora più splendidi così" ghigna.

Con la mano libera, o almeno suppongo che sia una mano, disegna le vertebre sulla mia schiena che piano si sta rilassando sotto il suo tocco. Il mio corpo risponde ormai contro ogni mia volontà, non capisco cosa mi stia succedendo. Vorrei liberarmi, tirare un pugno al mio aggressore e scappare, ma qualcosa, qualcosa me lo sta impedendo.

"Permette signorina? Non avrei mai potuto prima, ma.. diamine signorina!"

Sento le sue dita intrufolarsi sotto il mio maglione per poi sfilarlo via con una facilità fin troppo eccessiva.

La pelle del mio ventre rabbribidisce contro la terra umidiccia.

Un fiato caldo e pesante si posa sugl'incavi nudi del mio collo per poi scendere lungo la schiena intorpidita dal freddo che sotto quel tocco sembra rilassarsi.

Afferra con la mano una mia natica da sopra il jeans e inizia a massaggiare, facendo dei virtuosi movimenti circolari che scontrano la pesantezza che mi blocca sul fondoschiena.

"Sei così morbida signorina, la tua pelle è così fredda, così bianca e così morbida e liscia.. Cosa non farei con la tua pelle signorina..."

Di nuovo, con eccessiva velocità mi sfila le converse e subito dopo i jeans.

Sono nuda, in un bosco, qualcuno mi sta violentando e ci sono a malapena 10 gradi sopra lo 0 eppure io sento un gran caldo, mi sento aggredita da delle vampate di calore intenso che spogliano la mia pelle.

Il silenzio e la mancanza di pressione sul mio corpo mi suggeriscono di alzarmi e correre, correre via da quell'incubo che il mio corpo e a quanto pare anche il mio subconscio vedono come un sogno che si sta realizzando.

È caldo, improvviso, forte, vorace. Una profanazione, un membro entra nel mio corpo senza preavviso e mi caccia fuori un urlo, un urlo che esce dalla bocca amica delle orecchie, un urlo che nemmeno le amiche orecchie avrebbero mai apprezzato, un urlo straziante uscito da un corpo mai usato, puro.

Le lacrime iniziano a scendere, impregnate di dolore, mi graffiano le guance ogni volta che una nuova spinta aggressiva mi invade il ventre.

Le urla si trasformano in gemiti di dolore che piano piano cessano per lasciare spazio ai singhiozzi e ai respiri affannosi della presenza che ormai soggiorna nel mio corpo.

Poi un calore, un ristoro dal freddo del bosco mi inumidisce le membra dall'interno.

Un odore acre e amaro di sangue riempie il vuoto del silenzio fino ad un ultimo sussurro:

"È stato un piacere signorina"

Un sussurro e poi l'ennesimo terrificante silenzio.

A un soffio di vento.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora