I › 𝐖𝐡𝐚𝐭 𝐚𝐫𝐞 𝐲𝐨𝐮 𝐝𝐨𝐢𝐧𝐠 𝐭𝐨𝐧𝐢𝐠𝐡𝐭?

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Era un caldo pomeriggio nella capitale inglese, quella tipologia di caldo che ti fa venire voglia di abbandonare qualsiasi commissione da fare per andare a comprare una bibita ghiacciata e fare una passeggiata sul lungomare.
Per essere un giorno di fine luglio in Inghilterra, era davvero strano che facesse un caldo di quella portata.

Sfortunatamente però, Summer Deacon non faceva parte della cerchia di persone che potevano permettersi di abbandonare i propri doveri in quel modo, per bearsi di qualcosa di fresco. Questa era l'unica pecca di portare avanti da sola il vecchio negozio di vinili della sua famiglia.
L'attività era stata aperta da suo nonno cinquantadue anni prima, che aveva passato il testimone successivamente a suo figlio - il padre di Summer.
Durante l'infanzia la ragazza aveva passato gran parte del suo tempo in quel luogo, ad aiutare il papà a mettere in ordine i nuovi arrivi in base al genere e ordine alfabetico, e ad ascoltare di nascosto alcuni vinili nel retro con un vecchio giradischi.
A soli otto anni la piccola Summer era già innamorata del rock'n'roll, ma soprattutto, di Elvis Presley, cantando a memoria tutte le sue canzoni e imitandone anche i movimenti.

Fu naturale quando due anni prima, per colpa di una brutta malattia che aveva colpito Arthur Deacon costringendolo a letto, il negozio passò direttamente nelle mani di una Summer appena maggiorenne.
Da quel momento si faceva in quattro per mantenere l'onore di quel posto tanto caro per lei, lavorando dalle nove del mattino fino alle sette di sera, concedendosi solo un'ora libera per tornare a casa a pranzare.
Tutte le sue amiche le dicevano che era troppo dura con sé stessa, che doveva accorciare gli orari o trovare qualcuno che le desse il cambio, ma tutti i tentativi di dissuaderla erano vani. Voleva fare tutto da sola per qualche strano ed ignaro motivo.

Sistemandosi i lunghi capelli mori in una crocchia disordinata, per lasciare almeno il collo scoperto, si dirigeva verso la vetrina, appoggiandosi contro lo stipite della porta aperta con una spalla, godendosi da quella posizione il leggero venticello fresco che tirava e per osservare la gente che passava di lì.
Essendo un sabato pomeriggio, molte persone erano uscite dalle loro abitazioni per fare una passeggiata e Carnaby Street era una delle mete più gettonate, ricca di negozi e locali ai quali fermarsi per scambiare due chiacchiere e bere qualcosa.

Summer si sentiva così lontana e diversa da quelle persone che vedeva sfrecciare a destra e manca di fronte a sé.
Lei aveva dedicato tutta la sua vita fino a quel momento alla musica e al negozio di vinili, dimenticandosi di essere prima di tutto una giovane ragazza in una grande città. Usciva raramente la sera con gli amici, non perché fosse troppo stanca dalle ore di lavoro, ma più che altro perché si sentiva fuori luogo in un ambiente diverso che non fosse il Deacon Records, o casa della sua migliore amica Betty.

Un sospiro abbandonava le sue labbra a quei pensieri, mentre delle note di una canzone familiare raggiunsero le sue orecchie, facendola ritornare immediatamente al presente.
A lunghi passi rapidi raggiunse la radio che teneva accesa sul bancone, l'unica sua compagnia, e alzò il volume in modo che la musica fosse udibile chiaramente in ogni punto del negozio.

Era Keep Yourself Alive dei Queen, una band emergente il quale disco era uscito da pochi giorni, e di cui faceva parte anche suo fratello John.
Essendo la sorella del bassista aveva avuto ovviamente un piccolo assaggio dell'album ancora prima che uscisse, e doveva ammettere che quella era la sua canzone preferita.
Un inno al mantenersi vivi come scopo, che la vita per quello che è prima di ogni morale o insegnamento, solo nella sua semplicità e immediatezza.
Summer amava quel significato, nonostante fosse la prima a non fare nulla per cambiare la propria situazione. Se lo sentiva ripetere in continuazione da John, ma ogni volta gli rispondeva bruscamente con un "non sono fatti tuoi".
Il fatto è che lei un minimo ci provava, ma cambiare le proprie abitudini drasticamente non era affatto facile. Le serviva un aiuto, qualcuno che desse uno scossone alla sua vita, perché sentiva che da sola non ce l'avrebbe mai fatta.

Do you think you're better every day? cantò la radio.

«No, I just think I'm two steps nearer to my grave!» esclamò in risposta Summer, muovendo i fianchi a tempo di musica, lasciando così svolazzare l'orlo del vestitino giallo miele che indossava quel giorno.
Quando la musica partiva, nulla poteva fermarla, nemmeno il caldo afoso o due occhi divertiti che la fissavano dal fondo del negozio.

«Ti vedo presa bene con la musica, posso o devo passare più tardi?» mormorò una voce alle sue spalle poco dopo, facendola saltare per lo spavento.

Merda.

Con una lentezza quasi teatrale Summer si voltò verso il ragazzo che aveva appena parlato.
Incontrando due occhi azzurri, sentì immediatamente le ginocchia liquefarsi e temette per un istante di poter cadere.
Roger Taylor si trovava di fronte a lei, con le mani infilate nelle tasche di un paio di blue jeans, una sigaretta spenta stretta tra le labbra sottili e un paio di occhiali da sole appoggiati su una chioma di capelli biondi perfettamente pettinati.

Roger era il batterista dei Queen. Non si erano mai incontrati ufficialmente prima, lo aveva intravisto solamente qualche volta con suo fratello, ma erano bastate per far sì che la sua faccia da angelo fittizio si imprimesse nella mente di Summer.
Insomma, un ragazzo così bello non passava di certo inosservato, ma dubitava che lui si ricordasse di lei.

«P-Perdonami.. certo, dimmi pure» fu tutto quello che Summer riuscì a dire, portandosi una ciocca di capelli che era ricaduta davanti al viso dietro l'orecchio.

Fantastico, che figurone stai facendo.

«In realtà stavo guardando solamente la vetrina, hai un negozio davvero carino. Poi vedendoti così presa a ballare su una mia canzone, scusami, ma non ho resistito all'entrare e vedere più da vicino» spiegò Roger ridacchiando, spostando il peso su una gamba e incrociando le braccia sul proprio petto, facendo scorrere in modo scandaloso lo sguardo sul corpo di Summer.

Si sta pavoneggiando davanti a me? Ma chi si crede di essere?

«Già, mi piace molto questa canzone. E se non ti dispiace, se non hai bisogno di qualcos'altro di importante, vorrei tornare a sentire la musica.» rispose con voce chiaramente irritata, indicando la porta prima di lasciar ricadere le braccia lungo i propri fianchi.

Roger, che mai nessuna ragazza gli aveva risposto in quel modo, non riuscì a nascondere lo stupore, schiudendo le labbra e sgranando appena gli occhi.
«Hey, no, non avevo intenzione di sembrare uno stronzo. Se è l'impressione che ho dato, chiedo perdono. Volevo semplicemente invitarti a venire a vedere me e la mia band live stasera. Suoniamo in un locale qua vicino e, se ti va, dopo possiamo bere qualcosa insieme. Che dici?»

Se qualcuno avesse raccontato a Summer che un giorno sarebbe entrato dal nulla Roger Taylor nel suo negozio per chiederle di uscire, probabilmente gli avrebbe riso in faccia e risposto di non dire stronzate.
E invece adesso che era successo, tutta la spavalderia con cui gli aveva risposto prima si era andata a far benedire.

Complimenti, di bene in meglio.

Non potendo rimanere come un'ebete a guardarlo senza rispondere, lasciò che un pesante sospiro abbandoni le proprie labbra, posizionandosi le mani sui fianchi e chinando la testa su un lato.

«Va bene, ci vediamo direttamente lì, mr. Taylor.»

«Conosci già il luogo dove suoniamo?» rispose confuso Roger, aggrottando appena le sopracciglia chiare.

«Certo genio, mio fratello è il bassista della tua band.» rispose Summer, lasciando che un ghigno si faccia largo sul proprio viso.

𝐕𝐈𝐍𝐘𝐋 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 - Roger TaylorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora