III › 𝐍𝐢𝐜𝐨𝐭𝐢𝐧𝐞 𝐚𝐧𝐝 𝐟𝐢𝐧𝐠𝐞𝐫𝐭𝐢𝐩𝐬

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Appena messo piede fuori dal locale, l'aria fredda di Londra aveva colpito in pieno i due giovani ragazzi, ancora legati attraverso la stretta della mano di Summer su un braccio di Roger.
Istintivamente la ragazza si avvolse il corpo con le braccia, maledicendosi nella mente per non aver pensato di portare una giacca per quando sarebbe uscita, invece di rischiare di prendersi qualche brutto malanno.
Ciò non passò inosservato agli occhi attenti del biondo, che tornando al suo fianco le aveva avvolto un braccio intorno alle spalle, cercando di sistemare, come poteva, la situazione.
«Voglio portarti in un posto, dobbiamo prendere la mia macchina per raggiungerlo.» mormorò Roger continuando a guardare di fronte a sé, guidandola verso dove aveva parcheggiato l'automobile.

«Caspita, è molto bella.» Summer non riuscì a trattenere le parole appena si ritrovò davanti al veicolo sportivo, di un rosso acceso.
Un luccichio apparì negli occhi di Roger, insieme ad un ampio sorriso. La mora non avrebbe potuto dire cosa più adatta per fare centro nel cuore del batterista, che si era allontanato dal suo fianco solamente per andare ad aprirle la portiera, da vero gentleman.
«Lo so! Nel mio cuore, dopo la musica, c'è lei. - disse soddisfatto battendo la mano sul tettuccio, prima di salire anche lui in macchina, dalla parte del guidatore- potrei anche dedicarle una canzone!» aggiunse voltandosi verso Summer, provocando come reazione nella ragazza una dolce e genuina risata.
Roger l'aveva osservata attentamente in quel momento, studiando il modo in cui abbassava il viso in avanti portandosi una mano davanti alla bocca, troppo timida per mostrare quel bellissimo sorriso, e come delle piccole rughe si creassero vicino ai suoi occhi, chiedendosi come una bellezza del genere gli fosse scappata fino a quel momento, nonostante fosse così vicina.

Prima che Summer potesse notare il modo in cui la stava osservando, il biondo mise in moto la macchina, partendo poi verso la loro meta.
Non ci misero molto a raggiungerla e, dato che ormai era già tardi, non faticarono per trovare un posteggio libero.
Prima di raggiungere l'entrata, Roger prese dal bagagliaio una propria giacca di tessuto nero, passandola alla ragazza che, nuovamente, stava tremando a causa del freddo.

Con un timido sorriso, Summer non esitò a prendere l'indumento ed indossarlo, ridacchiando nel vedere che le andava decisamente grande.
In un attimo si ritrovò Roger estremamente vicino, intento ad avvolgere l'orlo delle maniche in modo che le sue mani fossero di nuovo visibili.

«Ecco fatto..» mormorò alzando lo sguardo per incontrare le sue iridi verdi, per poi stringere tra una propria mano quella esile di Summer, andando verso l'entrata del locale.
A quel gesto, apparentemente innocente, le guance della mora si colorarono di un leggero rosa e nel proprio stomaco si libero un intero sciame di farfalle, ma nonostante ciò cercò di non darlo a vedere, stringendogli di rimando la mano e accennando un piccolo sorriso soddisfatto.

Sto tenendo la mano a Roger Taylor, mica male.

L'interno del pub dove l'aveva portata si era rivelato molto carino per i suoi gusti, probabilmente dato dal fatto che fosse tranquillo e la musica decisamente migliore rispetto quella che aveva dovuto sorbirsi prima del concerto.
Piccoli tavoli erano sparsi qua e là e sulle pareti vi erano appesi alcuni poster di band e artisti che un'amante della musica come lei non poteva non conoscere.

Con Roger scelsero il tavolo più appartato, lontano da gruppi di studenti brilli che ridevano sguaiati e facevano discorsi idioti.
Dopo essersi fatti portare due birre, erano finiti a parlare, ovviamente, di musica, l'argomento che più faceva attivare la parlantina a Summer.
Roger l'ascoltava sorridendo con la bocca, ma soprattutto con gli occhi, affascinato da tutta quella intelligenza e cultura contenuta in una sola piccola e giovane ragazza.
Non gli capitava mai di trovare qualcuna che riuscisse a mantenere la sua attenzione per più di un minuto al di fuori delle lenzuola.

La lasciava parlare, mentre sorseggiava la propria birra ghiacciata, e si rigirava in una mano una sigaretta, pronta per essere accesa da un momento all'altro.
Per qualche istante i suoi occhi caddero involontariamente sulle sue labbra carnose e ben definite, che si muovevano rapidamente, pensando a come sarebbe stato zittirle con le proprie.
Riuscì a ricacciare indietro quel pensiero in tempo, riprendendo ad ascoltare con piena attenzione quello che stava dicendo, interrompendola a volte per rivolgerle qualche domanda, non tanto per vero e proprio interesse, ma più che altro perché non voleva che quella conversazione e quella serata volgessero al termine.
Avrebbe voluto ascoltarla parlare di Bowie, dei Beatles, dei Doors, o qualsiasi altra band esistente, per tutta la notte, o per tutta la vita.
A quel proprio pensiero quasi si strozzò con la birra, guadagnandosi un'espressione confusa da parte della mora seduta di fronte a lui.
Come aveva potuto pensare una cosa del genere di una ragazza che appena aveva iniziato a conoscere?

Quando tutto sembrava andare per il meglio, gli occhi di Summer si abbassarono sul proprio orologio da polso, strabuzzando gli occhi quando lesse l'ora da esso.
«Le tre?! Roger, devo tornare a casa, domani mattina devo alzarmi presto, devo lavorare.» mormorò quasi dispiaciuta.
Sì, perché per una volta aveva finalmente passato una serata divertendosi davvero, staccando la spina e parlando liberamente con qualcuno che poteva capirla e che era interessato realmente a quello che diceva.
Per una buona volta si era sentita viva.

Il tragitto verso casa era stato silenzioso e sembrava non finire più, rispetto al tempo che avevano impiegato ad arrivare. Di sottecchi, lo sguardo di Summer si spostò su Roger, intento a fumare una sigaretta, che adesso teneva stretta fra indice e medio fuori dal finestrino, e gli occhi puntati attentamente sulla strada.
La sua mandibola era serrata, e dovette trattenersi per non allungare una mano e tracciare con le proprie dita quella linea così perfetta.

Quando l'auto del biondo si fermò davanti al portone di casa propria, Summer prese a mordicchiarsi il labbro inferiore, indecisa su cosa dire o cosa fare.

«No, tienila, non ne ho bisogno.» fu Roger a rompere quel silenzio assordante, quando la ragazza si stava per sfilare la giacca.
In risposta la mora annuì, portandosi una ciocca di capelli mossi dietro un orecchio.
«Grazie per la serata, mi ha fatto molto piacere parlare con te. Spero possa accadere qualche altra volta, se ti va.» disse dopo essere stata in silenzio qualche secondo, in cerca di quella poca compostezza che le era rimasta in corpo per dire quelle poche parole senza che le tremasse la voce.
«Buonanotte, Roger.» mormorò infine prima di scendere dal veicolo, dopo essersi sporta in avanti per lasciare un bacio veloce su una sua guancia, coperta da un leggero strato di barba.

"Non puoi lasciarla andare così" pensò il biondo, guardandola avviarsi lentamente verso il portone di legno scuro.
Dopo aver preso un respiro profondo, scese dalla macchina, lasciando la portiera aperta e correndo per raggiungerla.

«Aspetta Summer». Nel sentire la sua voce la ragazza si fermò immediatamente sul posto, voltandosi indietro per incrociare quegli occhi color ghiaccio, dei quali sentiva già la mancanza.
In un attimo se lo ritrovò nuovamente di fronte, i loro sguardi ancora incatenati tra loro.
Una mano di Roger si posò sulla sua guancia, e a quel tocco Summer si sentì immediatamente cedere tanto che dovette reggersi con entrambe le mani ai suoi bicipiti.
Le punte delle dita del biondo, leggermente ruvide, adesso si muovevano in una danza lenta sulla sua pelle bollente, provocandole brividi su tutto il corpo.

Quel momento di pochi secondi, che ai due ragazzi parve un'eternità, venne interrotto finalmente dalle labbra di Roger premute contro quelle morbide di Summer, che spostò immediatamente le mani, portandole sulle sue guance per tenerlo il più vicino possibile a sé.

Quel bacio che sapeva di birra e nicotina fu per la ragazza come una boccata di aria fresca dopo una lunga e dolorosa apnea.
Tutti i pezzi si incastravano perfettamente ora. In poche ore tutto era cambiato, la svolta nella sua vita tanto attesa era realmente arrivata.
Con il fiato corto e il cuore che batteva come un tamburo nel petto, entrambi si staccarono, ancora con gli occhi chiusi e con le punte dei loro nasi che si sfioravano.
Poi scoppiarono entrambi in una risata pura e naturale, perché la vita non era mai stata così bella.

𝐕𝐈𝐍𝐘𝐋 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 - Roger TaylorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora