I - LA SPOSA

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Prima dell'alba la troviamo davanti al tugurio. Sentiva che lui era già sveglio dai rumori che venivano dall'interno. Bussò. Lui apparve sulla porta. Alle sue spalle si scorgeva una candelina, libri aperti. Lui attese. Lei lo guardò. Poi distolse gli occhi. Era troppo bello.
"Ti amo" disse Buttercup. "Lo so che sei sorpreso perché non ho fatto altro che schernirti e umiliarti e coprirti di sarcasmo, ma sono già molte ore che ti amo e ogni secondo di più. Un'ora fa pensavo di amarti come nessuna donna ha mai amato un uomo, ma mezz'ora dopo sapevo che quello che avevo provato prima non era nulla un confronto a quanto provavo poi. Ma dieci minuti più tardi, ho capito che il mio amore precedente non era che una pozzanghera rispetto al mare aperto prima della tempesta. I tuoi occhi sono così, lo sapevi? Be', lo sono. A quanti minuti fa mi sono fermata? Venti? Ho parlato dei miei sentimenti di allora? Non importa". Buttercup non riusciva ancora a guardarlo. Il sole stava sorgendo alle sue spalle e il caldo sulla schiena le diede coraggio. "Ti amo talmente di più di ora che venti minuti fa da non esserci alcun confronto. Ti amo molto di più di quando hai aperto la porta del tugurio, non c'è paragone. Nel mio corpo non c'è spazio che per te. Le mie braccia ti amano, le mie orecchie ti adorano, le mie ginocchia tremano di cieca affezione. La mia mente ti prega di ordinare per poterti obbedire. Vuoi che ti segua per il resto dei tuoi giorni? Lo farò. Vuoi che strisci? Striscerò. Tacerò per te, o se hai fame lascia che ti porti il cibo, se hai sete e nulla può spegnerla se non vino d'Arabia, andrò in Arabia anche se dovessi attraversare il mondo, e porterò una bottiglia per il tuo pranzo. Ogni cosa che posso fare per te la farò, qualunque cosa che non sappia fare, l'imparerò. So di non poter competere con la Contessa in abilità, saggezza o fascino, e ho visto come ti ha guardato. Ma ricorda, ti prego, che lei è vecchia e ha altri interessi, mentre io ho diciassette anni e per me ci sei solo tu.
"Carissimo Westley, non ti ho mai chiamato così prima, vero? Westley, Westley, Westley, Westley... Carissimo Westley, adorato Westley, dolce, perfetto Westley, dimmi che ho una possibilità di conquistare il tuo amore". Detto questo, osò quanto non aveva mai osato: lo guardò dritto negli occhi.
Lui le chiuse la porta in faccia.
Senza una parola.
Senza una parola.
Buttercup fuggì. Girò su se stessa e schizzò via mentre le lacrime scendevano amare; non vedeva nulla, inciampò, sbatté contro un albero, cadde, si rialzò, continuò a correre, la spalla pulsava dove il tronco l'aveva colpita e il dolore era forte, ma non bastava a farle dimenticare quello del suo cuore spezzato. Tornò nella sua stanza, al suo guanciale. Al sicuro, dietro la porta sbarrata, inzuppò il mondo di lacrime.
Neanche una parole. Non l'aveva degnata nemmeno di una parola. "Spiacente" avrebbe potuto dirle. Si sarebbe rovinato a dirglielo? "Troppo tardi" avrebbe potuto dirle.
Perché non le aveva detto almeno qualcosa?
Buttercup ci pensò un attimo con molto impegno. E all'improvviso ebbe la risposta: non aveva parlato perché nel momento in cui lo avesse fatto sarebbe stato finito. Bello era di sicuro, ma non era magari anche cretino? Nel momento in cui avesse utilizzato la lingua, si sarebbe tradito.
"Duhhhhhhh".
Ecco cosa avrebbe detto. Era il genere di commento che Westley avrebbe potuto emettere in un momento di profonda emozione. "Duhhhhhhh, tanti grazi, Buttercup".
Buttercup si asciugò le lacrime  e cominciò a sorridere. Fece un respiro profondo, emise un sospiro. Erano i problemi della crescita. Ci si lasciava travolgere da queste rapide passioni che sparivano in un batter d'occhio. Si dimenticavano i difetti, si vedeva la perfezione, ci si innamorava alla follia; il mattino dopo sorgeva il sole, ed era tutto finito. Metti tutto in conto esperienza, vecchia mia, e affronta il nuovo giorno. Buttercup si alzò, rifece il letto, indossò qualcosa di pulito, si pettinò i capelli, sorrise e scoppiò ancora a piangere. Perché c'è un limite a quanto si può mentire a sé stessi.
Westley non era stupido.
Oh, aveva un bel fingere che lo fosse. Poteva ridere delle sue difficoltà di linguaggio. Poteva rimproverarsi la sciocca infatuazione per un citrullo. La verità era questa: lui aveva la testa sulle spalle. Con dentro un cervello valido tanto quanto i suoi denti. Non le aveva parlato per un motivo ben preciso, un motivo che non aveva niente a che vedere con il funzionamento della sua materia grigia. Non aveva parlato perché, in sostanza, non c'era niente da dire.
Non ricambiava il suo amore, tutto lì.
Le lacrime che tennero compagnia a Buttercup per il resto della giornata non erano affatto come quelle che l'avevano accecata fino a farla sbattere contro l'albero. Quelle erano rumorose, calde e pulsanti. Queste erano silenziose e persistenti e servivano solo a ricordarle che non valeva abbastanza. Aveva diciassette anni, e ogni maschio che aveva incontrato fino a quel momento si era sciolto ai suoi piedi, e non aveva significato nulla. L'unica volta che le importava, lei non valeva abbastanza. Non sapeva far altro che cavalcare e cosa poteva interessare a un uomo che era stato fissato dalla Contessa?
Al crepuscolo udì passi fuori della sua porta. Poi udì bussare. Si asciugò gli occhi. "E adesso chi è?" disse con uno sbadiglio.
"Westley".
Buttercup indugiò nel letto. "Westley?" disse. "Conosco forse qualche Wes... Oh, garzone, sei tu, che buffo!" Andò alla porta, l'aprì e disse col suo tono più allegro: "Sono contenta che sei passato di qui. Mi sentivo così meschina per averti giocato quello scherzetto stamane. Naturalmente sapevi che non dicevo sul serio, o almeno credevo che tu lo sapessi, ma poi, quando hai chiuso la porta, mi è venuto il sospetto di aver dato al mio pistolotto un tono un po' troppo autentico e, povero caro, avresti potuto credere a quanto avevo detto mentre entrambi ovviamente sapevamo che non sarebbe mai potuto succedere".
"Sono venuto a dirti addio".

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