Il ragazzo della pioggia

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Piove all'improvviso.

Grosse gocce pesanti cadono sui passanti, il cielo si rabbuia e scende la notte.

All'improvviso.

Impiegati, agenti, babysitter, tutti alzano gli occhi alle nuvole con espressioni meravigliate e si affrettano ai ripari. C'è chi si copre il capo con la giacca, chi utilizza una cartella o una borsa, c'è chi, più previdente, apre l'ombrello che si era ricordato di portare, c'è chi allunga il passo riparandosi sotto tettoie e spioventi.

Un ragazzo si infila in un vicolo ed osserva; ha sempre il cellulare in mano e nessuno presta attenzione a lui, pensano che la tecnologia lo assorba, come fa con tutti gli altri ragazzi della città, ma lui in realtà osserva. Non è molto diverso da qualunque altro adolescente, ma le cuffie che gli coprono le orecchie non diffondono musica e canzoni, i suoi occhi non sono azzurri come il mare.

Si appoggia al muro di quel vicolo mentre cala la sera, la poca luce ancora presente si affievolisce e lascia spazio a quella dei lampioni, e la pioggia continua a cadere.

Per un attimo si domanda se la sua non sia una maledizione, uscire allo scoperto sempre quando piove, non vedere mai il sole e non sapere quasi più com'è un cielo sereno, con qualche piccola nuvola qua e là invece che perennemente coperto da nubi temporalesche.

Sembra un ragazzo come tanti, ma le cuffie gli trasmettono il suono della pioggia, sempre diverso per ogni canale radiofonico che sceglie; scrosciante, leggera, incerta, con tuoni e fulmini oppure che picchietta le foglie di una foresta, a centinaia di chilometri da dove si trova in quel momento. I suoi occhi sono grigi, e se in questo momento guardasse verso l'alto, spostando la sua attenzione dallo schermo del cellulare verso il cielo, essi sarebbero dello stesso identico colore delle nuvole.

È sicuramente un caso. Non può essere che così.

Eppure lui sa che non lo è.

Viaggia molto, da un'estremità all'altra del mondo, e osserva le perone che fuggono dalla pioggia chiedendosi perché lo fanno, e domandandosi poi se non sia una maledizione, la sua. Eternamente odiato da tutti gli esseri umani, e se forse non proprio odiato di certo quantomeno evitato dalla maggior parte di loro, e anche quelle persone che affermano di amare la pioggia non resistono poi molto a lungo in sua compagnia.

Il mondo è un gran casino, e le persone non fanno che mentire, a sé stesse e agli altri, senza nemmeno rendersene più conto.

Ed è questa la parte peggiore.

Il ragazzo se ne rimane fermo con la schiena appoggiata al muro per tutta la durata dell'acquazzone, ascoltando attentamente il suono di ogni goccia di pioggia e identificando le differenti note a seconda che rimbalzino sull'asfalto, su qualche lamiera oppure sui vetri delle finestre. È un esperto di pioggia, lui, ne conosce ogni segreto.

Qualche passante gli lancia un'occhiata, durante la sua corsa verso l'asciutta salvezza, lui pare aspettare qualcuno che forse non arriverà mai. I suoi vestiti, che imitano quelli di qualsiasi altro ragazzo, non si bagnano anche se sono investiti dall'acqua scrosciante, ma di questo i passanti non si accorgono.

Poi, ad un certo punto, il ragazzo abbandona la sua posizione; se ne va camminando tra la gente a testa bassa, scompare nel nulla.

E nel cielo inizia a splendere la Luna.

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