Era un pomeriggio caldo di marzo, troppo caldo per essere un pomeriggio di fine inverno.
Era stesa sul letto, con le braccia parallele ai cuscini, aspettando che una certa persona tornasse da lavoro e le tenesse finalmente compagnia.
Chiuse gli occhi, respirando profondamente.Sentì la porta chiudersi con un tonfo e, così, capì di non essere più sola in casa. Si rotolò nel letto, attorcigliando la coperta fra le gambe.
La porta si spalancò e fece il suo ingresso una ragazza alta e magra, che, stanca, si tolse le scarpe e s'infilò, vestita sotto le coperte, accanto all'altra ragazza, abbracciandola.
<<Buongiorno.>> disse una.
<<Buonanotte.>> disse l'altra.
<<Hai le mani gelide.>> constatò la prima, voltandosi verso l'altra.
<<C'è chi esce presto la mattina, cara.>> rispose questa, baciando l'altra sulla punta del naso.
Le due si addormentarono piano piano.Furono risvegliate da un essere vivente peloso, a quattro zampe. O, meglio, due esseri pelosi a quattro zampe.
E, se il felino si accostò al lato sinistro, l'essere di razza canina si buttò di peso sul lato destro del letto.
<<Credo sia ora di alzarsi.>> mugulò una, mentre si allungava per prendere il cellulare e guardare l'ora.
<<Restiamo così, per sempre.>> si accocolò invece l'altra, stringendo forte la prima. Il gatto, affianco a lei, miagolò svogliato, come a sostegno della padrona.
Il cane, dal canto suo, non era d'aiuto, appollaiato com'era sulle gambe dell'altra padrona.
Questa, sentendosi intrappolata, iniziò a lamentarsi, stuzzicando l'altra ragazza e baciandola delicatamente sul collo, per darle fastidio.
Dopo una decina di minuti così, le due decisero di smettere di poltrire nel letto, e si alzarono.Dopo un'oretta pranzarono, erano le due del pomeriggio.
Mentre sedevano a tavola, iniziarono a chiacchierare del più e del meno.
<<Ma quindi, alla festa, chi c'era?>> chiese la più alta.
<<Mah, solita gente, dai, perché lo chiedi?>> rispose la più bassa.
L'altra non rispose e si alzò di scatto da tavola, andando verso la loro camera da letto, non prima di aver posato le proprie stoviglie nel lavandino.
La, di poco, più grande delle due non sapeva cosa dire, così la seguì.Stava poggiata allo stipite della porta, mentre guardava, amareggiata, la sua amata che preparava la valigia.
<<Devi proprio partire?>> chiese, con le lacrime che le solcavano le guance.
<<Te l'ho detto: non dovrei essere qua.>> rispose quella, con freddezza.
<<Ma scusami: perché semplicemente non glielo dici?>> avanzò ancora la prima.
L'altra rise con stizza: <<Certo! T'immagini? Mamma, papà, sono bisessuale e sto con la ragazza che voi credete sia la mia migliore amica! Ah, e non ho scelto di lavorare a Washington perché mi avrebbero pagata di più, ma per passare più tempo con lei! Ma sei scema? Non posso.>> concluse, chiudendo con rabbia la valigia.
Indossata anche la giacca, si fiondò verso l'ingresso, ma venne fermata dalla presa dell'altra padrona di casa: <<Laurie, per favore... Torna presto, almeno>> la supplicò sottovoce.
Questa, dal canto suo, avrebbe solo voluto restare lì con quella rompiscatole in eterno.
Ma i suoi occhi scuri la fecero rinsavire: <<Certo che tornerò>> e le diede un bacio sulla fronte e, veloce, sulle labbra, prima di uscire.Non la vedeva da due settimane.
Due settimane passati a chiamarla al cellulare, pensare a lei, chiedere a chiunque di lei, senza sapere nulla.
Due settimane che non capiva cosa fosse successo.
Due settimane che non capiva cosa avesse sbagliato.
Continuava a rotalarsi nel letto, piangendo, vivendo di ricordi.
Ricordava di come l'avesse conosciuta, tra i banchi di scuola.
Ricordava di come se ne fosse innamorata, lentamente.
E sorrise, malinconica, nel ricordare di come avessere iniziato la loro relazione come amiche di letto, prima di stare insieme in maniera definitiva.
Le mancava, terribilmente.
La sua pelle, il suo profumo, la sua voce, i suoi occhi: tutto, di lei, sembrava solo un ricordo lontano.Sapeva di essere una persona troppo tragica, ma la tristezza aveva reso tutto ancora più amplificato.
Fu allora che il suo cellulare si decise a squillare: un numero sconosciuto la stava chiamando.
Prese il telefono controvoglia, rispondendo alla chiamata con un fil di voce: <<Pronto?>> la sua voce sembrò più roca di come se la ricordasse.
<<Hey, scema...>> sentì rispondere dall'altro capo. Non ci poteva credere.
Il suo intero essere tremò: <<Laurie? Sei davvero tu?>>
La voce dall'altra parte sembrò tremare dello stesso ardore: <<Cath, sì, sì, sono io. Senti, ho davvero poco tempo per dirti questo: non cercarmi più. A meno che...>> la linea era disturbata <<A meno che tu non riesca a trovarmi, ma ti può essere...>> sembrò gemere di dolore <<Davvero difficile, Cath.>>
La ragazza non riusciva bene a capire, ma gli ingranaggi del suo cervello le suggerivano una sola cosa: doveva trovare Laurie.
Cercò di tenere i nervi ben saldi, nonostante il suo cuore stesse accelerando il proprio palpitare e il suo stomaco stesse ballando un qualche tipo di danza sudamericana: <<Dimmi almeno come trovarti, magari ci riesco, non credi?>>
Dall'altra parte, un respiro affannato: <<Cercami dove non mi troverai mai, tu sai benissimo dove.>> poi la chiamata s'interruppe.Si bagnò le labbra secche, poi bussò alla porta: <<Ciao Daniel.>>
L'uomo non parve sorpreso della sua visita: <<Oh bene, Catherine, entra, entra!>>
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Sakura - First Kiss
RomansaUna bambina stava seduta sulle ginocchia del padre: ‹Papà, ma è vero che l'amore vince su tutto?› L'uomo sorrise alla piccola che teneva in braccio: ‹Certo, tesoro. Niente può battere l'amore.› La bimba sorrise incerta al padre, mentre, intorno a lo...