― Cos'altro ci può dire sul suo ultimo romanzo? ― la voce grave di un uomo le giunse ovattata alle orecchie, e lei si riprese come risvegliandosi da un incubo.
Bernadette tirò in su gli angoli della bocca: ― Come sapete, rispetto ciecamente la politica "no spoiler", perciò posso solo consigliarne l'immediata lettura quando uscirà, ovvero il prossimo 14 novembre. ― concluse. Si sentiva sempre più affaticata e, per quanto il suo lavoro fosse ciò che aveva sempre sognato, i ritmi frenetici e le poche ore di sonno che riusciva ad accumulare ogni notte di certo non le giovavano. Ma Bernadette, questo, lo aveva sempre tenuto in conto.Sospirò sonoramente, uscendo dalla sala conferenze del municipio. Chiuse gli occhi ed inspirò a pieni polmoni l'aria calda di quel mercoledì di agosto. Cambridge si era rivelata un ottimo punto di partenza, dal quale finalmente iniziare la propria carriera letteraria. Certo, aveva trovato alquanto difficile abituarsi alle frequenti piogge inglesi, ma ora che l'ombrello era l'unico oggetto che non dimenticava mai, Bernadette trovava divertente uscire anche nelle giornate più uggiose.
Altri giornalisti la aspettavano, all'uscita; chiamavano a gran voce il suo nome, ma l'attenzione della ragazza era rivolta a trovare la propria auto. Era questione di attimi: il suo autista, Michael, era un signore tanto puntuale che Bernadette avrebbe faticato a tardare anche impegnandosi. Purtroppo per lei, quei giornalisti non volevano proprio lasciarla andare. Bernadette fece per spingerli, tentando di creare un varco attraverso il quale passare. All'improvviso, due mani la afferrarono e la tirarono fuori dal tumulto. Bernadette sorrise e alzò lo sguardo su chiunque l'avesse salvata, per ringraziarlo, ma le parole le morirono in gola. Anzi, le parole non furono le sole a morire. Deglutì a fatica: ― Charlotte. ― riuscì a dire, con un fil di voce. La ragazza, la donna che si ritrovò davanti rimase a fissarla in silenzio. Certe abitudini fanno fatica a morire, pensò Bernadette. Abbassò lo sguardo e rimosse rapidamente le mani dalle sue e le infilò prontamente nelle tasche dei pantaloni. Fece per andarsene, ma Charlotte le ostruì il passaggio: ― Possiamo parlare, Bernie? ―
Bernadette si maledì mentalmente per non essere stata abbastanza rapida da fuggire dai giornalisti da sola. Stavano camminando l'una accanto all'altra in una stradina secondaria dietro al municipio, dove lei aveva detto a Michael di aspettarla. Un sorriso amaro si fece spazio sulle sue labbra: con che pretesa Charlotte tornava nella sua vita dopo quasi cinque anni che ne era fuggita a gambe levate?
― Fammi capire bene, ― la interruppe incredula ― torni a caso nella mia vita per invitarmi al tuo matrimonio?! ― Charlotte rimase interdetta e annuì debolmente. La bocca spalancata e gli occhi strabuzzati di Bernadette resero impeccabilmente il suo stupore. Distolse il suo sguardo dalla figura della sua ex ragazza: avrebbe voluto tanto riuscire a riderle in faccia come meritava. Ma non era mai stata capace di tanto menefreghismo, perciò rimase in silenzio a contemplare i modi possibili per uscire da quell'assurda conversazione.
Charlotte pareva di diverso avviso: ― Hai assolutamente ragione ad avercela con me, Bernie. E non ti biasimerò se deciderai di non venire. Ma ti prego... ― la supplicò, con voce rauca. Tese la mano con l'invito stretto tra le dita verso di lei. Bernadette scosse il capo, non riusciva a crederci: ― Ma ti senti quando parli?! ― sentiva una rabbia disumana arrampicarsi sulle sue viscere ― Charlotte, non so se te lo ricordi, ma non mi hai lasciata! Te ne sei andata senza lasciare traccia! ― respirava velocemente, presa dall'ira ― Se sei felice, bene, benissimo! ― aprì lo sportello dell'auto, che finalmente era riuscita a raggiungere ― Ma non voglio saperne nulla! Quindi, ― salì in macchina e le strappò l'invito dalle dita ― questo sarò felice di buttarlo nel bidone della carta, grazie mille! ― esclamò, sbattendo forte la portiera dell'auto e esortando Michael a pigiare sull'acceleratore. Rise istericamente tra sé e sé, rigirandosi la busta tra le dita: Charlotte poteva pure andarsene al diavolo!
Sperava che il 10 settembre non sarebbe mai arrivato.
Eppure, quel sabato mattina, si era svegliata con la sensazione di essersi ubriacata la sera precedente e ora la testa le doleva. Sospirò, desiderando di essersi davvero ubriacata, invece che aver fatto fatica a dormire come suo solito. Fissò il soffitto bianco della stanza d'hotel nella quale avrebbe dormito anche la notte successiva poi chiuse gli occhi. Le sue mani strinsero la sottile coperta sotto la quale giaceva supina. Come fantasmi fin troppo familiari, i ricordi di quei mesi trascorsi nello sconforto più totale si addensarono nella sua mente, già stanca. Era come un rituale al quale ancora non riusciva proprio a sfuggire.
Spalancò gli occhi allo squillare del suo cellulare: erano le 8 e 41.
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Sakura - First Kiss
RomantizmUna bambina stava seduta sulle ginocchia del padre: ‹Papà, ma è vero che l'amore vince su tutto?› L'uomo sorrise alla piccola che teneva in braccio: ‹Certo, tesoro. Niente può battere l'amore.› La bimba sorrise incerta al padre, mentre, intorno a lo...