Sei con le ginocchia rannicchiate che fanno salire la tua maglia, o meglio la mia, che ti copre fino al bacino. Hai la schiena allo schienale, il giornale sulle tue gambe scoperte, completamente nude, e la penna nella mano per fare il cruciverba fatto da Natasha che è uscito sull'ultima edizione del New York times, e sorseggi la tua tazza fumante di té. Tutto questo sul divano di casa mia.
Già, casa mia. Un posto in cui non resti quasi mai, in cui non vieni quasi mai. Potrebbero scoprire me. Potrebbero scoprire di noi, ancora una volta, e allora sarebbe la fine.
"Ho messo una felpa col cappuccio e gli occhiali scuri per venire qui, mi sono fatta accompagnare da Natasha. Stai tranquilla, non c'era nessuno" hai detto al mio risveglio, prima di baciarmi lentamente e placare quella mia anima ormai entrata in panico, infondendo quel senso di tranquillità che aveva lasciato spazio alla paura del rischio, perché lo sai che è rischioso.
Ieri sera eri con i tuoi colleghi, alla premiere del tuo nuovo film che uscirà a breve.
Mi hai scritto. Non ti trovavi a tuo agio, hai detto di sentirti un pesciolino fuor d'acqua e che preferivi parlare con me.
Ti ho detto che andava bene, che ti avrei tenuto compagnia.
Mi hai chiesto di mia figlia, che senti tale anche un po' tu ormai. Volevi sapere cosa facesse di bello, di nuovo, di creativo mentre giocava con le costruzioni. Ripeti sempre che è più intelligente di quel che sembra e che prima o poi 'fotterà tutti', come dici tu.
Mi hai chiesto di me, di come stessi, di cosa facessi.
Ti ho detto che stavo bene, che ero stanca perché l'ultima notte Ella non aveva avuto sonno e si era divertita a tenermi sveglia.
Mi hai chiesto di Ben.
Ti ho risposto che era partito per un viaggio di lavoro, di non so quale genere.
E dopo qualche ora ti sei intrufolata in queste quattro mura, così bianche, così spoglie e ricoperte solo da qualche foto di Ella, di me, e di famiglia.
L'hai fatto nel cuore della notte, mentre il resto del mondo non poteva vederti perché troppo preso dal sonno. L'hai fatto mentre io mi ero addormentata sul divano, con la mia bimba su di me, abbracciata stretta stretta, un braccio su di lei a tenerla e il telefono nella mia mano, con la nostra chat ancora aperta.
Hai usato le chiavi che avevo dato a Natasha mesi fa, e ti sei intrufolata, senza far rumore.
Mi hai lasciato un bacio tenero sui capelli per svegliarmi con calma. Ho biascicato qualcosa che non ricordo, tu hai riso per poi prendere mia figlia senza svegliarla e portarla nella sua culletta.
Mi hai detto di seguirti, di andare nel letto.
Ti ho chiesto di dormire con me.
"Solo se hai cambiato le lenzuola dopo la sua partenza, non voglio dormire in un letto che puzza d'uomo"
Ho riso. Ti ho detto che l'ho fatto, che avevo cambiato le lenzuola proprio questa mattina.
Allora ti sei rassegnata. Ti sei voltata per lasciare mia figlia nel suo lettino, ma ci hai ripensato.
Hai guardato me per chiedermi qualcosa con lo sguardo. Non ho capito.
"Ho sempre voluto farlo" hai detto prima di stenderti accanto a me, con lei tra noi due.
Ti ho guardato osservarla ed accarezzarla mentre restava avvinghiata a te.
Ti ho ascoltata mentre hai detto che assomiglia a me anche nel dormire. Ti ho ascoltata mentre hai detto tante cose finché il sonno non ha preso il sopravvento su di me e mi ha costretto a chiudere gli occhi.
Poi questa mattina ti ho trovato accanto a me, nel mio letto, a giocare con mia figlia che era seduta sul tuo ventre e rideva come spesso la sento fare a casa, ma come sempre la sento ridere con te.
Ti ama. Forse quanto l'ami tu, forse quanto io amo te. Forse siamo uguali anche nel modo di amarti. Non credi?
Hai detto che le avevi già dato il latte, che avevi già fatto tutto tu.
Ho continuato a guardarti, a guardarvi. Mi hai visto sorridere, mi hai chiesto perché lo stessi facendo.
Mi sono avvicinata a te, ho appoggiato la testa contro il tuo braccio, e ti ho risposto dicendoti che sorridevo perché vi amo, perché ti amo.
E non te lo senti dire spesso da me, non te lo senti dire quasi mai, perché non lo faccio quasi mai, perché non sono quel tipo di persona che esprime le sue , però sai che è così.
Non te lo dico quasi mai e non ci sei abituata, non te l'aspetti mai, eppure non perdi mai occasione per dirmi che mi ami anche tu, per ricordarmi che lo sai e che non smetti mai di farlo.
Mi avvicino a te, mi siedo accanto, sul divano, e porto le tue gambe lunghe e nude sulle mie.
Mi chiedi a cosa penso.
In realtà non lo so neanche io, non so se sto pensando.
Sto solo vivendo.
Sto solo prendendo tutto quello che il tempo mi dà quando ci sei tu e lo tengo stretto, perché ne vale la pena. Perché ne vali la pena.
Ti accarezzo le gambe fissandole per un po', poi alzo lo sguardo su di te, sui tuoi occhi.
Vivo.
Sto vivendo.
E te lo dico.
"Sto solo vivendo"
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Arriverà la fine, ma non sarà la fine ~Laylor
ContoNella vita serve coraggio, tanto. Coraggio per prendere decisioni. Coraggio per lasciar andare la persona che ami. Coraggio per affrontare una vita che non ti appartiene. Coraggio per rinunciare. Ma, soprattutto, serve coraggio per non lasciare anda...