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Annie

«Puoi per favore spiegarmi perché stiamo andando ad Hyde Park?» ripete spazientita per la quarta volta tenendo gli occhi fissi sulla strada.

Per seguire una stupida sensazione che non vuole saperne di lasciarmi in pace. Perché ho bisogno di scoprire se si tratta di un vicolo cieco o di un bivio.

«Quello della foto non è un albero qualunque», comincio mantenendo lo sguardo basso sul biglietto trovato in camera, ora appoggiato sulle mie cosce. Chissà se l'ha portato lui direttamente o se ha chiesto a qualcuno di farlo al suo posto.

«È quello sotto cui ci siamo seduti al nostro primo appuntamento».

È dove sono tornata ogni volta che volevo provare a sentirlo più vicino, ogni volta che la sua mancanza era così forte da togliermi il sonno e il respiro, ogni volta che tutto sembrava crollare come un castello di carte, ogni volta in cui tutto sembrava così irreale e dovevo ricordare che non fosse solo un sogno ma che ci eravamo accarezzati davvero ai piedi di quel tronco.

«Cosa pensi di trovare?»

«Non lo so, ma da sola questa immagine non ha senso», ragiono ad alta voce.

«Forse voleva solo lasciarti una dedica e ha deciso di abbinarci una foto che rappresenta qualcosa di importante per voi».

«Sarebbe bastato un semplice messaggio».

«E tu saresti tornata da lui?»

«No, Maddie ma non sarà nemmeno questo biglietto a cambiare le cose».

«Se davvero qualsiasi cosa tu trovi non servirà a niente, stiamo sprecando tempo», obietta giustamente.

«Questa deviazione ci farà perdere solo pochi minuti», evito la sua domanda indiretta.

Maddie scuote la testa ma non aggiunge altro e, dopo aver parcheggiato l'auto, mi segue per i sentieri di Hyde Park senza obiezioni.

«Eccolo», la informo indicando l'albero in fondo al sentiero che stiamo percorrendo quasi correndo. Osservandolo da lontano non sembra esserci niente di anomalo, nessuna persona o cosa alla base, niente di appeso ai rami. Mi avvicino ancora più in fretta e passo al setaccio ogni insenatura del tronco, ogni punto scoperto tra le radici che sporgono dal terreno. Niente.

Mi siedo a terra visibilmente delusa, appoggio la testa alla corteccia e chiudo gli occhi un istante. Non posso credere che sia tutto qui. Cosa dovrei farmene di questo biglietto? Cosa ti aspetti che faccia, H?

«Annie», mi richiama la mia amica.

Sospiro prima di riaprire gli occhi, la nuca ancora appoggiata all'albero e leggermente inclinata verso l'alto. Ed ecco che la vedo: una macchia bianca seminascosta nella chioma ma che non ha niente a che vedere con i rami o le foglie.

Mi alzo di scatto.

«Vieni qui, Maddie», le faccio cenno di mettersi al mio fianco.

«Fammi da appoggio», le prendo le mani e gliele unisco facendole incrociare le dita.

«Che diavolo vuoi fare?»

«Devo salire», mi limito a dire. Lei non insiste, lascia che le poggi un piede sui palmi delle mani e si abbassa leggermente sulle gambe per darmi la spinta e farmi aggrappare al ramo più basso.

Non mi sono mai reputata una persona atletica o particolarmente portata per gli sport ma, sarà perché in questo caso il premio è per me molto più appetibile di un qualsiasi trofeo, riesco a raggiungere l'oggetto in poche mosse e senza troppa fatica.

Just us  |H. S.| In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora