Dieci

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Il tempo che Audrey ebbe trascorso a casa per via della caviglia lussata parve volare alla velocità della luce e ritornare al lavoro fu come una boccata d'aria fresca.

Per quanto riguardava Niall, gli aveva telefonato il giorno successivo spiegandogli l'impedimento che l'avrebbe costretta a non uscire da casa. Lui comprese e fu ben contento di sentire che si sarebbero incontrati venerdì sera.

Di Harry non aveva notizie, non lo vedeva da quella famosa ma grazie a Dio innocente serata a casa sua. Apprendere la versione di Harry dei fatti accaduti era stato abbastanza inaspettato e un po' spaventoso. Tuttavia era fermamente convinta che Harry fosse una persona risoluta e capace di affrontare qualunque tipo di difficoltà.

Audrey aveva appena terminato di sbrigare delle pratiche per il dottor Walters quando sentì la necessità di prendere un po' d'aria fresca. Era ora di pranzo e mentre tutti si trovavano in sala mensa, lei era l'unica che camminava per gli immensi corridoi desolati.

Si ritrovò all'ultimo piano, dietro la porta scorrevole di vetro che conduceva alla terrazza dell'ospedale e la aprì, godendosi il primo assaggio di aria piacevolmente fresca.

La terrazza era spaziosa e ricca di piante alte e vistose, dalle foglie verdissime che esplodevano di rigogliosità. Audrey si avvicinò a una lunga ringhiera nera e poggiò le braccia sul metallo freddo, sporgendosi lievemente in avanti. Si ritrovò a tu per tu con l'immenso e splendente panorama londinese.

«Londra è meravigliosa» disse inaspettatamente una voce che Audrey aveva ormai imparato a riconoscere.

«Sono d'accordo» Audrey rispose voltandosi.

«Ciao Audrey Hart»

«Ciao Harry Styles»

Harry poggiò le mani sulla ringhiera ma a differenza di lei mantenne le braccia tese. Audrey non avrebbe mai immaginato che lui l'avesse - inconsapevolmente - raggiunta in terrazza, ma la sua compagnia non le dispiaceva.

«Come va la caviglia?» Harry domandò guardandola negli occhi e rivolgendole un brillante sorriso.

«È ancora attaccata al resto della gamba quindi...»

«Va bene» lui ridacchiò.

«Esattamente» Audrey non aggiunse niente sul fatto che era ancora un po' dolente e che si era imbottita di analgesici per cercare di affievolire il dolore.

«Come mai non sei a pranzo?» domandò lui.

«Non ho fame»

«Nemmeno io» lui disse e si fece più vicino a lei, incrociando le mani davanti a sé e poggiandosi sugli avambracci. Le loro pelli quasi si sfioravano e Audrey pensò che quella vicinanza fosse insolita e nuova.

«Devo confessarti una cosa» disse lei di punto in bianco, cogliendolo di sorpresa.

«Ti ascolto»

«Ti avevo giudicato male all'inizio» Audrey disse abbassando gli occhi.

«Come sarebbe a dire?» Harry rise e sollevò un sopracciglio.

«Pensavo fossi un nullafacente scorbutico»

Appena Harry ebbe udito quelle parole, scoppiò in una fragorosa e implacabile risata.

«Vuoi sapere la verità?» chiese lui, asciugandosi una lacrima che gli era sfuggita per l'eccessivo ridere.

«Sentiamo» Audrey rispose.

«A me sembravi una perfezionista snob»

«Ehi!» Audrey finse di offendersi e gli diede un debole schiaffo sul braccio. «Ho cambiato opinione su di te, comunque» continuò poi.

«Oh, ti ringrazio» Harry disse annuendo, «io invece penso ancora che tu sia una perfezionista snob» disse, e scoppiò nuovamente a ridere.

«Ti odio» Audrey disse indignata incrociando le braccia al petto e accigliandosi.

«Non ci credo» Harry controbatté in tono di voce furbo.

«Come fai a esserne sicuro?»

«Lo vedo nei tuoi occhi» il tono di Harry si fece più serio, come se quella frase significasse più di ciò che le parole lasciavano intendere.

«A cosa ti riferisci?» Audrey domandò incerta.

«Al fatto che nei tuoi occhi non c'è traccia di rancore» Harry ruotò il busto completamente verso Audrey e si chinò verso di lei.

«né rabbia» lo vide avvicinarsi sempre di più, una minima distanza era rimasta tra i loro visi.

«né odio» il freddo della ringhiera contrastava con il calore che il corpo di lui trasmetteva a quello di lei.

Le labbra di Harry si avvicinavano sempre di più a quelle di Audrey che, nel frattempo, aveva soffocato il suo lato ragionevole e si stava invece abbandonando a quello più istintivo e primordiale quando la campanella che segnava la fine della pausa pranzo trillò, interrompendo ciò che Audrey non si stava rendendo conto stesse accadendo.

Pochi secondi e riacquistò lucidità. Si rese conto che il viso di Harry era fin troppo vicino e si pentì di non aver reagito prima.

«Adesso devo andare» Audrey disse allontanandosi di scatto.

«Già, lo so» Harry disse irritato e si accigliò improvvisamente, come se qualcosa che Audrey aveva detto o fatto l'avesse offeso.

Senza nessun'altra parola, Harry se ne andò dalla terrazza, sparendo dalla vista di Audrey. Lei non pensò di corrergli dietro e non si azzardò a parlare per evitare che Harry si chiudesse ancora di più in se stesso. Rimase dunque sola a fare i conti con i suoi pensieri confusi e i suoi sentimenti contrastanti.

Che cosa sarebbe successo se non fossero stati interrotti dal suono della campana?

E se Harry si fosse sporto in avanti ancora un altro po'?

E se Audrey avesse avuto il coraggio di annientare quella poca distanza rimasta tra le loro labbra?

Ma era questo che Audrey voleva?

E se fosse accaduto di nuovo, come si sarebbe comportata?

Se da un lato era sicura di non provare niente per lui e voleva mantenere un rapporto puramente lavorativo, dall'altro c'era un piccolo barlume, un minuscolo desiderio nascosto nei profondi recessi della sua anima che la spingeva a desiderare che Harry l'avesse baciata.

Ma lei, sapeva bene, non era possibile. Aveva già imparato la lezione, una volta.

Non sarebbe accaduto di nuovo.

Reckless [h.s.] itaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora