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Questa è un'opera di fantasia. Ogni riferimento a personaggi o luoghi reali è completamente fittizio. Nomi, personaggi, luoghi e vicende, sono il frutto dell'immaginazione dell'autore. Qualunque somiglianza con fatti luoghi o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.

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"A tutte quelle frecce scoccate da Cupido che non hanno mai attraversato il cuore del bersaglio giusto."

PROLOGO

4 anni prima...

Da quando le è arrivato quell'invito, Ellen, non fa altro che parlarne in un loop continuo e snervante. Non riesco proprio a farla smettere, a fermarla.
Le voglio bene, più di quanto voglia bene a me stessa, ma sto arrivando sulla soglia dell'esasperazione e di un esaurimento nervoso. E so, che non è ancora finita.
Tutto è iniziato circa una settimana fa.
Ce ne stavamo comodamente sedute sotto il sole estivo, in spiaggia, quando ha iniziato ad urlare e a saltare come una pazza, con gli occhi sgranati e fissi sullo schermo del telefono.
La gente presente, a distanza di qualche metro da noi, la guardava come se fosse sul punto di dare di matto e fare una strage, mentre io attendevo una sua spiegazione, con la mia naturale calma e compostezza di tutta una vita, evitando di creare un certo allarmismo intorno a noi.
Quando si è calmata, pur continuando a tremare dall'emozione, mi ha mostrato il messaggio che aveva ricevuto in forma anonima. Una foto in cui c'era una locandina raffigurante una carta da poker con la scritta "Rischi o Perdi?" in basso e l'orario e il luogo dove, questa sera, dovrebbe fermarsi ad aspettare e ricevere eventuali istruzioni quando sarà sul posto: una stradina isolata a sud di Miami.
Non c'era nient'altro. Nessun nome, nessuna traccia, niente di niente, su chi potesse averle mandato quell'invito.
Eppure, Ellen ha accettato. A lei sta bene e sa anche perché: quell'invito, appartiene ad un club fantasma esclusivo, per pochi eletti. Per entrarci devono notarti o devi conoscere qualcuno, cosa alquanto impossibile visto che nessuno sa l'identità del presunto capo del club o come lo ha chiamato lei: "Asso di cuori".
Fatto sta che Ellen, pochi giorni fa ha ricevuto l'invito e adesso, non fa altro che parlarne di continuo e spiegarmi dei meccanismi che neanche nelle sette più orribili presenti nel mondo, potrebbero esistere.
Tutto quello che attualmente so, dalle sue innumerevoli spiegazioni, è che questo "club" non ha una sede fissa, in quanto vengono organizzate delle serate esclusive in vari posti, anche fuori città, proprio per non essere riconosciuti. E, il numero di invitati è selezionato attentamente. Chi vi entra, inoltre, deve firmare un patto di riservatezza per non rivelare a nessuno quello che ha visto o sentito lì dentro. E lei è pronta a tutto, anche ad assecondare un estraneo che con ogni probabilità giocherà con lei.
Come abbia fatto a sapere queste cose, non so dirlo. Se è tutto rigorosamente segreto, nessuno dovrebbe sapere niente, no?
Non so, questa storia proprio non mi piace. Più volte ho tentato di mettere in allerta la mia amica ma non ascolta. È convinta che si divertirà e finalmente entrerà a far parte dell'élite e presto, sarà anche lei ricca da fare invidia; cosa che io non ho mai sopportato, ecco perché mi sono sempre differenziata e allontanata dai miei coetanei, persino dalla mia famiglia.
Ellen, non appartiene al mio stesso ceto e vuole a tutti i costi raggiungere il suo obbiettivo. Che questa sia la volta buona per lei?
Purtroppo non capisce quello che si nasconde dietro un consistente conto in banca. Non conosce la cattiveria, i sotterfugi, i vizi, le cattive compagnie che si creano e i problemi che si hanno quando possiedi un grosso capitale. Quello che vede, sono solo i soldi con cui poter fare tutto quello che vuole, senza lavorare o preoccuparsi del domani.
Infatti, non condivide la mia scelta. Dopo la laurea, un percorso di studi in legge voluto dai miei genitori, mi rimboccherò le maniche e vivrò umilmente. Me ne starò lontana dalla tenuta di famiglia e dalla gente ricca che la circonda. Ho beneficiato a lungo dei loro averi, e presto sarà il momento di uscire fuori dal nido per spiccare il volo, cavarmela con le mie ali, finalmente da sola. I miei non approvano ovviamente. Vogliono il meglio, ma ho le idee chiare e non intendo accontentarli ancora o ritrovarmi rinchiusa in un ufficio sommersa dalle scartoffie.
«Mi stai ascoltando?»
Chiudo il portatile portando alle labbra il bicchiere pieno di te' verde. A metà strada mi fermo guardando Ellen per farle capire che sono davvero stanca delle sue continue chiacchiere sui ragazzi e sul grande evento. Mi appoggio allo schienale imbottito della sedia grigia su cui me ne sto seduta da diverse ore per studiare, o almeno per tentare di assimilare qualcosa di utile, tra una chiacchiera e l'altra con la mia amica.
Io e lei siamo diverse sia caratterialmente che fisicamente. Mentre Ellen è svogliata, petulante, una maga nel raggiro e disinibita, io, a suo modo di vedermi: sono paragonabile alla visione di una ragazza sul punto di farsi suora. Questo, solo perché ho un carattere pacato, anche se non manco di sarcasmo e preferisco una serata in pigiama da passare davanti la tv, anziché andarmene in giro per i locali a rimorchiare il primo che respira o si avvicina. Sono anche molto testarda e asociale per natura.
Ellen, al contrario, è l'animale delle feste. Cerca la popolarità praticamente... da sempre, da quando ne ho memoria, e attrae nel suo mondo ogni persona, anche quando non dovrebbe.
Tutti infatti, conoscono il suo passato, la sua storia con il professore di educazione fisica quando aveva solo quindici anni. E poi ancora lo scandalo avvenuto alla festa del diploma, quando è stata beccata dallo stesso professore, che ha dato di matto nel vederla con due ragazzi nel bagno delle donne a farsi di strisce e a lasciarsi toccare, poco prima di essere incoronata reginetta. Tutti conoscono il suo temperamento, la sua sfrontata sicurezza. Ma, nonostante ciò, dopo il liceo, ha solo attirato le compagnie sbagliate e non ha mai smesso di farsi usare da chiunque per puro piacere o, il più delle volte, per noia.
Non mi stupisce che sia riuscita a farsi invitare da questo famoso "Asso di cuori". Le avrà puntato gli occhi addosso in qualche locale o lei avrà usato qualcuno facendogli qualche servizietto per ottenere quello che più brama. Perché sa e, anzi ne è quasi certa, che entrando in quel club, otterrà in automatico più soldi e maggiore popolarità.
Bevo un sorso del liquido ormai freddo. «Si, scusami sono stanchissima. Ho dovuto studiare e lavorare ad un contratto per i miei», replico intuendo che non ha neanche capito quello che le ho appena detto, perché è impegnata a controllare il telefono e a guardarsi allo specchio aggiustando il gloss che ha appena messo sulle labbra.
Sospiro infilando il portatile dentro la borsa. «Adesso penso che me ne ritornerò a casa, ho bisogno di una bella doccia e di una dormita.»
Alza in fretta gli occhi dallo schermo trucidandomi. «Sul serio? Iris, ho bisogno del tuo aiuto e tu mi abbandoni? Non ti chiedo mai niente e lo sai. Adesso fammi un grosso favore, togliti quella cazzo di espressione da cadavere che hai in faccia e seguimi a casa mia. Devi aiutarmi a prepararmi.»
Non oso neanche rifiutarmi. Ellen non è una ragazza a cui le si può dire di no, sa come ottenere quello che vuole, e non mi riferisco solo ai vestiti.
«Ho appena chiamato un taxi. Paghi tu?»
«Certo», replico a denti stretti lasciando una banconota dentro il taccuino senza neanche guardare lo scontrino. Lo faccio sempre, do una mancia generosa, qui dentro ormai mi conoscono tutti e mi rispettano e non per il cognome che porto. Ecco perché ho il mio angolo preferito e privato in cui posso studiare senza essere disturbata.
«Sai di cosa hai bisogno, Iris?»
Mi alzo lisciando i jeans sulle gambe che non sono poi così lunghe come le sue, perché con me madre natura non è stata generosa.
«No, di cosa?»
«Di una bella scopata! Hai sempre quell'aria da cane bastonato stampata in faccia.»
A volte mi domando come abbiamo fatto a superare il primo anno di amicizia. Ma ormai sono quasi diciassette anni che la conosco. Eravamo all'asilo quando ci siamo avvicinate e non ci siamo più separate.
«No, ho solo bisogno di riposare e di superare quel dannato esame. Inoltre devo posare per quella campagna pubblicitaria e devo terminare il mio progetto per l'azienda.»
Fuori dal locale troviamo un taxi ed Ellen si siede sul lato del passeggero accanto al tassista, cosa che, non si dovrebbe fare.
Mi siedo dietro, quasi in imbarazzo. So che cosa farà adesso. Lei lo trova divertente, mentre io mi sento sempre a disagio. Ecco perché ho già messo una banconota dentro la cassetta che trovo davanti a me.
Durante il viaggio, Ellen sfoggia il suo repertorio migliore per avere un passaggio gratis. Parla, ride, sfiora il braccio del tassista intrattenendolo con entusiasmo. Potrebbe avere una carriera da attrice, tanto è brava e convincente.
Arriviamo dopo circa cinque minuti nel suo quartiere. Sorride al ragazzo che, non ha fatto altro che parlare con lei, senza neanche accorgersi di me. Alla fine, non le ha neanche detto che le doveva i soldi della corsa.
Quando il taxi se ne va, si volta e mi guarda male. «Quante volte devo dirti che gratis è meglio? Non ti ho insegnato niente in tutti questi anni?»
Alzo gli occhi al cielo. «E io quante volte devo dirti che probabilmente quell'uomo doveva tornare dalla sua famiglia che ha bisogno dei soldi per campare?»
Alza il mento ostinandosi. Lei non ha vissuto nel lusso sfrenato anche se appartiene ad una famiglia benestante, ma ha sempre fatto in modo di ritrovarsi ed imbucarsi a casa mia nei momenti meno opportuni, sfruttando ogni mia conoscenza per le sue strane idee che, quasi sempre cambiano nel giro di qualche ora.
Ellen ha i capelli rossi, la carnagione chiara e gli occhi color caramello in grado di farti sentire la persona più sbagliata del mondo. È alta, slanciata, magra a causa delle sue strane diete. Potrebbe persino fare la modella, essere davvero brava in qualcosa, ma a volte dimentica il rispetto per se stessa.
Per fortuna ha trovato me, perché qualcun'altra l'avrebbe già spedita a 'fanculandia' con i suoi migliori auguri.
A me non è mai dispiaciuto supportarla, anche economicamente. Il mio non è stato mai un atto di generosità o di pietà nei suoi confronti, anche perché spesso è stata lei a chiedermi di "investire" i miei soldi su di lei, che puntualmente i miei genitori versano nella mia carta e che, secondo il suo parere, non riuscirò mai a spendere.
Sbuffa. «Ti preoccupi troppo delle persone», si accende una sigaretta. «Sei troppo buona», mette il broncio gettando il fumo fuori.
«Quello lì, non ci avrebbe pensato un secondo a sbattermi contro il parabrezza della sua auto in una zona isolata.»
Mi affretto a salire i gradini del portico avvicinandomi al portone del palazzo dell'appartamento in cui abita, diverso dalla mia piccola stanza singola al college. Lo faccio per evitare di starla ancora a sentire.
«Volere è potere, ricordalo sempre, Iris.»
Annuisco seguendola in casa dove c'è sempre odore stantio di alcol, fumo e umori.
Ellen non è amante dell'ordine, condivide la casa con altre due ragazze ma non ci sono mai e nessuno sembra volere pulire o chiamare qualcuno per farlo.
Non oso neanche sedermi sul divano per paura di trovarci sopra calzini sporchi e mutande lasciate dopo un rapporto. Rimango impalata sulla soglia e in attesa di un comando della mia amica che, al contrario ormai è a suo agio.
Mi conduce nella sua stanza, questa, meno caotica ma comunque piena fino all'orlo. Molte delle cose che si trovano qui dentro sono i miei regali fatti seguendo la sua lista dei desideri, molti di essi scartati e mai usati, come la borsetta Chanel fucsia, ancora dentro la sua scatola e dentro il sacchetto con il fiocco argentato.
Qualcuno mi direbbe che ho viziato io Ellen, forse è vero, ma ci sono volte in cui anch'io ho bisogno di lei. Non sono succube, le voglio bene. Forse sono l'unica a volergliene, visto che da sempre è classificata una stronza.
Sposto gli indumenti puliti ripiegati sulla sedia davanti la scrivania, colma di smalti e trucchi, e mi siedo osservandola mentre cerca qualcosa da indossare.
«Non hanno scritto come devo vestirmi. Hai idee?», si spoglia con nonchalance davanti a me spostandosi in bagno dove fa una doccia.
Apro la finestra per fare arieggiare la stanza e mi siedo sulla soglia di mattoni. «Direi niente di succinto o troppo appariscente. In alcuni locali fanno entrare solo se sei vestita bene e non sembri una che porta guai.»
«Dovrei infilarmi uno di quegli abiti da suora che solitamente indossi tu?»
Mi guardo. Non so se sentirmi offesa.
Oggi indosso jeans a vita alta stretti e una camicia nera con un colletto vistoso grazie al fiocco.
«Che cosa hanno i miei indumenti che non va?»
«Sei troppo coperta. Ho visto il tuo fisico in questi anni, non hai un filo di grasso in corpo e il tuo seno è abbastanza sodo da poter essere messo in mostra senza reggiseno. Madre natura ti ha graziata e tu sprechi la tua bellezza con indumenti larghi o troppo abbottonati.»
Alzo gli occhi verso il tetto dove vi sono dei tubi che passano a mezz'aria.
Una volta questo palazzo era un magazzino. Adesso è stato riadattato e ristrutturato ad appartamento per le studentesse. Dovrebbero prendersene più cura.
Do dell'acqua alla pianta grassa che sembra sul punto di morire. Sfioro le spine facendo attenzione a non pungermi e poi cerco di non mettere le mani in mezzo al caos della sua vita, anche se la voglia è davvero tanta.
«Preferisco lasciare a te la scena», esclamo con sarcasmo.
Esce dalla doccia con un asciugamano stretto intorno al corpo. Pettina i capelli bagnati posizionandosi davanti allo specchio. Mi guarda tramite questo. «Allora, che cosa devo indossare secondo te?»
Guardo un po' intorno vagando alla ricerca di un turbino e un paio di tacchi che possano andare bene. Ellen non ha niente di adatto a parte un abito color prugna lungo scollato dalle spalle fino al coccige.
Lo prendo e glielo passo. «Metti sopra il cardigan in pelliccia e indossa i tacchi, quelli alti con il lacci intorno alle caviglie», dico.
«Reggiseno?», non aspetta neanche la mia risposta perché tira giù l'asciugamano lasciandolo per terra e indossa l'abito, prima di trovare un paio di slip trasparenti e infilarseli. Cerca poi i tacchi che, quasi sicuramente non pensava di avere e li allaccia. Sedendosi davanti alla toeletta, mi fa cenno di aiutarla per sistemarle i capelli dopo averli asciugati.
Le creo delle onde e poi li lego con un fermaglio dietro. Le passo gli orecchini e mentre li indossa passo al trucco usando dei toni naturali, per farla apparire delicata.
Quando si guarda allo specchio, sorride strizzandosi l'occhio da sola.
«Iris, sai che ti voglio bene?», mi abbraccia saltellando più che eccitata. «Ti penserò mentre mi divertirò con qualcuno», ghigna ammiccando in maniera allusiva, poi recupera una borsetta, indossa un braccialetto e dopo avere messo due gocce di profumo, mi fa cenno di uscire.
Finalmente rimetto piede fuori e riprendo a respirare.
Ellen si mette a braccetto e per un tratto di strada ci incamminiamo insieme fino a raggiungere l'incrocio dove lei deve fermarsi e aspettare che qualcuno venga a prenderla.
«Sei agitata?», chiedo per fare conversazione.
Sono preoccupata per lei e non lo nascondo. Non dovrebbe fare queste cose, potrebbe cacciarsi in qualche grosso guaio e non sapere come uscirne.
Sposta i capelli lunghi dietro la schiena. «No, non lo sono. È quello che voglio. Sai che quando mi metto qualcosa in testa poi non me la toglie nessuno.»
«Hai almeno lo spray al peperoncino e le protezioni dietro?»
Controlla dentro la borsetta ma so già che non ha niente di tutto questo e lo sta facendo per prendermi in giro.
«Si, ho tutto quello che serve», si indica. «Non sono una sprovveduta, Iris. Non è la prima volta», replica a denti stretti.
Il suo è un doppio senso con stoccata finale per farmi capire che non dovrei neanche parlare, visto che per lei sono una verginella senza speranza. Ma a differenza sua, ho avuto una gran bella prima volta con un ragazzo per cui nutro ancora molto rispetto.
«Ok, ok. Scusa tanto se sono preoccupata per questa cosa.»
Si ferma un momento soppesando il mio sguardo. «Lo so e ti ringrazio, ma so cavarmela da sola e sono io a volerlo.»
Annuisco non nascondendo il mio disaccordo.
«Iris, hai visto chi c'è?», sorride raggiante e indica qualcuno in fondo alla strada. «Quel bel cioccolato alla nocciola a ore dodici.»
Ellen è convinta ormai da tempo che Nolan Ruiz abbia una cotta per me.
Alto, capelli corvini corti, sguardo da predatore, pelle caffellatte, muscoli sodi e camminata da modello, si avvicina.
«Sta venendo verso di noi, comportati come se fossi felice di incontrarlo. Continua a vederti con quel muso lungo quel bel ragazzo...», lo guarda divorandoselo con gli occhi.
«Finirà per chiamarti "Mercoledì Addams". Un bel giretto lo farei volentieri con lui o su di lui.»
Si mette in posa sorridendo per richiamare la sua attenzione.
Nolan ci raggiunge ricambiando il sorriso ma, i suoi occhi scuri sono puntati su di me.
Ellen sembra elettrizzata. «Sorridi», dice tra i denti dandomi una gomitata.
Abbozzo un sorriso massaggiandomi il fianco.
«Ciao», saluta fermandosi davanti a noi.
Ha una voce calda, niente di graffiante ma comunque in grado di sfiorare certe corde dentro di me.
«Ti ho vista ferma e non ho saputo resistere, sono passato per un saluto, spero non ti dispiaccia.»
Ficca i pugni dentro le tasche dei jeans gonfiando un po' il petto. Ogni singolo muscolo si intravede dalla camicia bianca che indossa.
Ellen passa davanti a me porgendogli la mano, oscurandomi con la sua bellezza. «Ciao, hai fatto bene ad avvicinarti. La mia amica apprezza, non è vero... Iris?»
«Si, sei stato gentile.»
Nolan mi guarda dall'alto in basso poi ammira Ellen che, ovviamente questa sera è una reginetta.
«Che cosa fate qui ferme? Se vi va sono con degli amici al bar...»
Ellen nega. «Ho un impegno, mi dispiace. Sarà per la prossima volta», lo guarda come se volesse mangiarlo.
Nolan oscilla prima di rivolgersi a me. «E tu, Iris, hai da fare?»
«Si, ho un impegno.»
«Davvero?», chiede Ellen assottigliando le palpebre.
«Hai già dimenticato che ho un appuntamento con i miei colleghi?»
So già che si sentirà in colpa. Anch'io ho i miei metodi e le mie scorciatoie per fregarla. La sua disattenzione è un punto a mio favore.
«Ah, già.»
Nolan non smette un solo istante di guardarmi. Non mi dà fastidio ma a volte è inquietante. Non sono abituata ad essere guardata così tanto, soprattutto da un ragazzo, perché rischio sempre di arrossire come una ragazzina.
«Be', allora sarà per la prossima volta», risponde sorridendomi, mostrando un'arcata dentaria perfetta e così bianca da accecarmi.
«Certo», replico mentre mentalmente ripeto: "nel mese di mai, forse".
«Be', adesso vado. Buona serata», ci saluta indietreggiando.
«Anche a te», rispondiamo all'unisono io e ed Ellen.
Rimaste sole, lei mi spinge. «Perché non hai accettato?»
«Ubriacarmi e finirci a letto non rientra tra le mie opzioni attuali. Senti, pensa alla tua di vita amorosa che alla mia ci penso io.»
Mi guarda male. «Iris, devi smetterla di restare chiusa nella tua bolla. Quel ragazzo ti desidera, ormai mi sembra evidente. Da quanto ci prova con te?»
Mi incammino. «Se proprio ti piace così tanto, portatelo a letto», le dico. «Poi fammi una recensione dettagliata delle tue, così saprò che cosa gli piace o se è dotato e deciderò grazie alla tua grande esperienza se uscirci o meno», sorrido come fa lei per metterla a disagio.
Ellen rimane a bocca aperta. «Potrei anche provarci», mi sfida.
«So che lo farai.»
Sulla fronte le si forma una linea marcata. «Mi stai dicendo che non è il tuo tipo? Mi stai dicendo che non ti faresti un bel giro su quel corpo da paura?»
Alzo le spalle. «Mi fissa e mi sento a disagio quando succede. Non sono abituata alle attenzioni dei ragazzi come te.»
Posa una mano sul petto. «Te lo dico da amica, fatti una bella scopata, spolvera quel bel sipario che tieni tra le gambe e sorridi di più alla vita, perché ne hai una fantastica. Davvero, io non capisco perché ti fai così tanti problemi quando puoi avere tutto schioccando le dita.»
Sbuffo. «Non è una questione di soldi, Ellen. Non sento il bisogno di avere una storia in questo momento. Magari più in là Nolan mi piacerà, ma attualmente è un punto interrogativo per me.»
Ellen riflette un momento. «Invierò le mie spie per vedere che cosa fa, così saprai di più sul suo conto.»
«Varys ti fa un baffo!»
«Evitiamo queste uscite alla Jon Snow o come diavolo si chiama quel telefilm che guardi sempre. Sai che non guardo serie tv di questo tipo, per me esiste solo Gossip Girl.»
Per Ellen sono una nerd dentro, e in quanto tale, ho bisogno di aiuto.
«Ok, niente serie tv. Non c'è bisogno che mandi qualcuno per spiare Nolan.»
Mette la mano davanti alla mia faccia come per chiedermi silenzio. Ascolta qualcosa che solo lei sente. «Anche tu senti questa mosca che continua a rompere le palle anziché lanciarsi?»
La spingo e sorride. «Andiamo, Iris, sei troppo tesa!»
Il suo telefono vibra e lei si concentra su di esso. Sorride e poi alzando gli occhi dallo schermo mi posa un bacio sulla guancia. «Se stasera andrà bene, sarò sulla cresta dell'onda di Miami», alza il tono, eccitata al pensiero.
«Sei davvero convinta?»
Adesso mi guarda con rimprovero, come se avessi ferito i suoi sentimenti.
«Tutti vogliono entrare almeno una volta nella vita in quel club, Iris. Sai quante persone hanno questa possibilità? E sai che cosa significa questo invito? Conoscerò finalmente il volto del famoso "Asso di Cuori". E non ho neanche dovuto faticare per ottenere ciò, qualcuno si è accorto di me! Non è grandioso?»
Grandioso un tubo! Come fa a non capire che sta rischiando di cadere in qualche trappola? Molte ragazze la invidiano e vorrebbero vederla in ginocchio a supplicare pietà.
«È una follia! Una stupida serata per ragazzi annoiati organizzata chissà dove in compagnia di persone che non conosci. Non sai neanche se ti permetteranno di vedere dove andrai, visto che su quel dannato invito non c'è scritto molto a parte l'ora e dove farti trovare. Come fai a non capire che ti caccerai solo in un grosso guaio?»
Alza il mento e in breve assume il suo tipico atteggiamento da: "se non molli la presa ti do il resto".
«Non sto cercando il tuo permesso, Iris. So badare benissimo a me stessa.»
«E allora che cosa vuoi da me?», mi sento usata e arrabbiata in questo momento.
«Voglio solo un incoraggiamento. E visto che non vuoi venire insieme a me, andrò da sola.»
«Ok, buon divertimento allora. Spero che troverai ciò che cerchi perché non so se mi troverai ancora al tuo ritorno.»
Detto ciò, la lascio come una stupida e mi allontano stringendo i pugni in vita.
Ellen mi chiama ma io non mi volto, continuo a camminare fino a creare una certa distanza tra me e lei che, non capisce che dovrebbe chiudere le gambe e iniziare a ragionare con la testa.
Forse sono stata dura con lei ma ci sono volte in cui mi sembra di avere a che fare con una bambina che fa i capricci e che non mi capisce davvero.
Con questi pensieri dentro la testa ritorno nel mio piccolo appartamento al campus, dove ricado sfinita sul letto, addormentandomi con i vestiti.
Vengo svegliata dal ronzio del telefono. Rispondo ad occhi chiusi ma non è lei, non è Ellen. È mia madre che mi chiede di accendere immediatamente la tv.
Controllo l'ora alzandomi dal letto come uno zombie. Ho dormito così tanto da sentirmi stordita.
«Un momento...», replico brontolando, accendendo il piccolo schermo piatto, mentre mia madre continua a strillare dietro la cornetta.
Quando osservo le immagini che si susseguono in tv, rimango di sasso.
No, non può essere vero.
Se avessi saputo che quelli con la mia amica sarebbero stati gli ultimi momenti passati insieme, l'avrei stretta più forte in un abbraccio anziché arrabbiarmi con lei. Le avrei fatto sentire il mio affetto, il mio calore, la mia vicinanza.
Ma Ellen, a quanto pare è sparita. Nessuno sa dove sia finita. Tutti la stanno cercando perché non si è presentata alla raccolta fondi organizzata dalla sua famiglia. Non risponde al telefono e nessuno l'ha più vista dopo la mezzanotte.
Il mondo crolla sotto i miei piedi. Gli occhi mi si riempiono di lacrime.
«Dove sei finita, Ellen?», sussurro accasciandomi a terra. «Che ti hanno fatto?»
Fisso a vuoto le immagini che passano in onda al telegiornale, mentre mia madre continua a parlarmi al telefono. Non le presto ascolto, sono sotto shock.
Quello che sento dentro è un enorme vuoto. Stringo i pugni. «Tornerai...», tremo. «Non mi hai lasciata sola ad affrontare tutto quanto.»
Nella vita può capitarti di tutto, di essere ferito, lasciato, abbandonato, di vincere, di perdere, di piangere, di sorridere per qualcosa che ti cambia la giornata. Succede. Un giorno ti ritrovi a terra con un buco nel cuore. La sofferenza ti raggiunge e ti assesta il suo colpo di grazia. E soffri, soffri tanto quando prendi consapevolezza di essere stata lasciata. E soffri perché non hai potuto neanche dire addio. Soffri perché non hai potuto lasciare quella persona per sempre. Soffri perché non puoi tagliare quel filo che si è ingarbugliato intorno al tuo cuore rischiando di stritolarlo.
Succede. Un giorno perdi qualcuno. E senti dolore. Un dolore sordo che ti spacca le ossa dello sterno.
Succede. Ma niente torna come prima. Perché quando perdi una persona, un po' ti perdi anche tu.
Non sai mai quando le persone se ne andranno dalla tua vita, ma succede. In un attimo finisce tutto. E allora che cosa ti rimane, a parte un mucchio di promesse sparse nel vento e la paura di ricominciare?

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